Mostra personale di Riccardo Fabiani: l'artista dipinge con acido nitrico il metallo; cioe' dipinge con la ruggine; e la ruggine inizia cosi' il suo lento ma inesorabile processo di corrosione, mangiando e cancellando i segni, i corpi. Un'opera destinata a cambiare che non si puo' preservare
Mostra personale di Riccardo Fabiani
a cura di Alessandro Mancassola.
'Da un punto di vista metodologico si potrebbe dire che il senso della
filosofia è quello
di giungere al materialismo e ciò non significa altro che giungere alla
morte.
[...]
Nell'uomo queste operazioni falliscono perché l'uomo non è un essere
morto, ma vivo.'
Joseph Beuys
DEPOSITO 12: polvere, rossa, di ruggine; metalli, ferro, lastre, da
25X25 cm a 200X200 cm.
Vasta gamma, anche su ordinazione.
Ordinazione di corpi; collezione di corpi.
Tracce, impronte, corpi sgretolati, corrosi, ordinati, ricostruiti:
frammenti, sogni, ho sonno, sopisco.
Ironman: il metallo che rilega la fronte:
Non sopporto film come "Surviving Picasso" (/1996, James Ivory/) o "Love
is the Devil" (/1998, John Maybury/).
Sono anni che conosco Riccardo Fabiani (/1979; Motta di Livenza TV/),
come uomo, come artista, come compagno di avventure. Potrei parlarne a
/trecentosessanta gradi/; ma è chiaro che non interessa ne a me ne agli
interlocutori della sua mostra.
Ma so altrettanto che l'incidente accadutogli alla fine del 2002 ha
un'importanza a dir poco rilevante nel suo lavoro.
Inteso che il metallo è un elemento cardine alla sua produzione
artistica fin dal 1999, Riccardo "deve" al titanio la sua guarigione: 4
placche ne hanno ricostruito e rilegato il cranio: "/Un incidente
automobilistico che ha cambiato drasticamente sia la mia vita che il mio
modo di fare arte e il mio modo di pensare l'arte... di concepire...
//è// stato una sorta di scambio reciproco: il metallo mi ha ridato la
vita e in un certo qual modo adoro ridare la vita al metallo... da quel
momento in poi tutte le mie opere hanno del metallo./"
In un'epoca nella quale in Italia si finanziano più i restauri che la
produzione di nuova cultura, il suo lavoro si colloca drammaticamente in
quella ferita aperta: ferita dovuta alla storia (dell'arte), e a
quell'idea che si ha del nostro paese: /IL BEL PAESE/.
Fabiani dipinge con acido nitrico il metallo; cioè dipinge con la
ruggine; e la ruggine inizia così il suo lento ma inesorabile processo
di corrosione, mangiando e cancellando i segni, i corpi: "/Voglio che
chi vede l'opera entri a far parte del processo creativo; lo spettatore
vede l'opera e sa che è impossibile vederla nella sua interezza perché
l'opera è destinata a cambiare; può fare tesoro di quel momento e
custodirlo nei suoi ricordi; ed è l'unica cosa che potrà preservare./"
Dopo le esperienze al /Real Presence 03/ (/Tito Museum, Beograd/) e alla
/Biennale d'arte contemporanea di Yerevan/ (/Armenia/) Riccardo "torna"
in una galleria per la sua terza personale; Fabiani è uno dei pochi
artisti ch'io conosca che sentono il museo come un luogo vivo; nei suoi
interventi performativi coinvolge il pubblico, lo responsabilizza,
facendolo entrare nella sua intimità , nella sua "letteratura";
alfabetizzando gli occhi di chi lo guarda.
Nel progetto per la Unorossodue l'impegno nel ridare questo senso
all'operato dell'artista è stato notevole.
DEPOSITO 12: dare un nome ai luoghi innanzi tutto: LA FABBRICA DI
RUGGINE, IL FORNO DI FARFALLE: i luoghi dei suoi interventi vengono
sempre battezzati, nominati, "personificati".
In occasione della sua mostra la Unorossodue diviene un deposito, un
magazzino, non solo concettualmente, ma soprattutto visivamente: si
sappia che prima di divenire uno spazio per l'arte contemporanea il
"negozio" in via Boltraffio 12 era un deposito edile.
"Mettere a parete" le opere di Fabiani sarebbe stato un omicidio, uno
scempio.
La prima settimana di mostra l'artista vivrà in galleria, dormendo per
sette notti, animando la parte /dionisiaca/ del suo processo artistico
che modificherà quella /apollinea/; togliendo alla mostra quel gusto del
"permanente" tanto caro all'arte visiva; ciò che realizzerà di notte
modificherà per 7 giorni la mostra; questo moto andava mantenuto anche
per il resto dell'esposizione.
Deposito polvere, deposito di polvere.
In due mesi di mostra la polvere di ruggine si depositerà nel pavimento
metallico della galleria, e i segni lasciati sulle lastre cominceranno a
scomparire; e le opere, installate a terra, solo appoggiate ai muri,
nasceranno proprio dalla zona calpestabile della galleria, e non saranno
posizionate con metodi canonici, di equilibrio; ma come in un magazzino
di un qualunque fabbro saranno disposte senza un criterio preciso, e
ogni giorno ci impegneremo nel cambiare la loro disposizione, cercando
di mantenere quella vivacità propria dei luoghi di accumulo.
Solo le 7 lastre/cuscino della performance "Le 7 notti" troveranno la
loro collocazione a parete, in un'eccezione che conferma la regola.
"Carni Sottili"; "Schedario di un seduttore"; "Grafia di un amplesso": 3
lavori che dominano lo spazio che domina le opere che dominano lo
sguardo che domina l'orizzonte vuoto: affezione all'anatomia, alla
carne; sensibilità maniacale; irridente e provocante; vivisezioni per
affezione; feticci.
"39/1": bifronte de-scrittura narrante l'incidente (/vedi sopra/).
Perché descrivere le opere di Fabiani è un fallimento in partenza:
potrei parlare del tempo dell'alchimista, dell'artigiano, dell'artista
(/kairos/) e del tempo biologico, delle stagioni, della vita (/aion/).
Potrei complicare i discorsi, caricarli.
Ma sarebbe un fallimento: perché parlare della polvere?
DEPOSITO 12 è alla fine un deposito di polvere; e la polvere è un
elemento mobile; non è possibile fissare il lavoro di Riccardo, perché
la sua natura è nel "divenire", e potrei solo parlare di un frammento
della mostra; perché alla fine anch'io sono un suo spettatore, e quindi
anch'io ne vedrò solo un momento, e affiderò alla mia memoria il ricordo
di DEPOSITO 12, che per fortuna è un evento che non potrò riorganizzare,
non potrò esportare; la mostra inaugura il 15 dicembre e terminerà il 10
febbraio: gli sguardi di Sergio Daolio e il mio saranno i primi
testimoni del mutamento quotidiano del "magazzino"; non saremo altro che
dei semplici botanici che coltivano le rose in una serra, coscienti che
la bellezza dei fiori sta anche nella loro durata.
Alessandro Mancassola
Inaugurazione: 15.12.04 alle ore 18.30.
La mostra rimarrà aperta fino al 10.02.05.
Ricordiamo inoltre che dal 13.12 al 19.12, dalle ore 23.00 alle 9.00
avrà luogo la performance 'Le 7 notti', visionabile anche in diretta sul
nostro sito web.
UNOROSSODUE - via Boltraffio, 12, Milano