Si inaugura la mostra antologica, nel ventennale della morte (Bologna 1902 - Montepiano, Firenze 1984). La mostra e' curata da Rossana Bossaglia ed e' composta da circa 140 opere, alcune di grandissimo formato, la maggior parte realizzate con la tecnica da lui preferita: l'affresco a strappo. Le opere provengono da collezioni private e musei, e vanno dagli anni '20 agli anni '80
1902 - 1984
Antologica nel ventennale della scomparsa del maestro
A cura di Rossana Bossaglia
Il 17 dicembre 2004 si inaugurerà la mostra antologica di Bruno Saetti, nel ventennale della morte (Bologna 1902 - Montepiano, Firenze 1984). La stessa è curata da Rossana Bossaglia ed è composta da circa 140 opere, alcune di grandissimo formato, la maggior parte realizzate con la tecnica da lui preferita, l’affresco a strappo, provenienti da collezioni private e musei, datate dagli anni venti agli anni ottanta.
La mostra è supportata da una pubblicazione di carattere monografico, Edizioni Cinquantasei, curata da Rossana Bossaglia, uno dei maggiori studiosi italiani del ‘900. Il formato del volume è di cm 21x27, con 336 pagine e 250 riproduzioni tra bianco e nero e colore, copertina cartonata e sovracoperta a colori. Le immagini in bianco e nero illustrano tutti i testi, che comprendono: presentazione di Rossana Bossaglia, antologia critica, bio-bibliografia, mostre e mostre postume. Il volume è parzialmente tradotto in inglese. Al momento sono in corso trattative con la città di Palermo e Roma per il proseguimento dell’itinerario della mostra.
La mostra antologica che gli viene dedicata a Palazzo Sarcinelli, Galleria Civica di Arte Contemporanea di Conegliano (TV), ripercorre la storia intensa e contrastata di questo artista, che ha diviso pubblico e critica. E lo fa partendo dalle sue prime opere, quando Saetti sembra volersi allontanare dalla Secessione bolognese, senza disconoscerla, ma intraprendendo strade nuove, con il colore non fine a se stesso, ma mezzo per esprimere un nuovo senso della fisicità , coniugando colore e volume in una sintassi coerente e non retrograda. Lo interessavano in quegli anni i ritratti, ma soprattutto le madri e le maternità . Un itinerario artistico che continua con gli anni Trenta e Quaranta, anni in cui successi e riconoscimenti si allargano dalla sfera locale a quella nazionale.
E’ il 1931, Saetti si trasferisce a Venezia. Inizia qui una ricerca che lo allontana ulteriormente dalla Secessione bolognese, in un clima artistico dominato dal dibattito sull’esigenza di individuare un moderno classicismo, che esprima una continuità con i valori fondamentali della tradizione artistica italiana senza ritornare ad anacronistiche dittature dell’accademia. Saetti cerca autonomamente la propria strada, approfondendo la relazione volume-colore, influenzato in questo dalle ricerche sul colore-luce di Armando Spadini. I suoi sono paesaggi veneziani, con il sole che cade nella laguna, al tramonto. “La forma circolare che si inscrive perfettamente in questa meravigliosa città creata dall’uomo, in queste vecchie case, negli stupendi palazzi veneziani, sopra il piano affascinanate dell’orizzonte sul quale si disegnano le Zattere del Canale della Giudeccaâ€, non si stancava mai di ripetere. Le sue figure, invece , le pose statiche, le espressioni attonite rappresentano un disagio innegabile, in contrasto con l’ottimismo fascista.
Un processo che avvicina Saetti alla materia, e che lo condurrà dalla tela al muro, dall’olio all’affresco. Grande influenza in questa svolta avrà la visita che Saetti fa, nel 1935, a Pompei, e alle raccolte di frammenti di pitture parietali al Museo Nazionale di Napoli. Una visita che ravviva oltre misura il suo amore per questa tecnica, e che lo avrebbe portato ad essere considerato, nel dopoguerra, l’ultimo maestro frescante italiano. Ma l’affresco è anche la più italiana moderna e fascista delle applicazioni murali. Con l’affresco Saetti si allontana definitivamente dal contesto borghese in cui si collocava la sua attività precedente, senza essere strascinato negli abissi della propaganda di Stato, che sfiora con Il vincitore del 1935. Accanto ai grandi temi e alle solenni rappresentazioni degli affreschi Saetti continua a dipingere paesaggi e nature morte.
Raggiunge il culmine della popolarità proprio nel momento in cui la sua arte divide maggiormente il fronte della nuova pittura italiana, con il premio ottenuto alla III Quadriennale di Roma del 1939. Un premio che divide la critica, assegnato dopo cinque lunghe riunioni della commissione, che attribuisce il secondo a Morandi. Si è detto che Saetti è stato preferito a Morandi perché più esplicita e netta era la sua adesione al Fascismo. “Io credo che il preciso dovere di un vero artista sia quello di cercare nel modo più serio di affinare i propri mezzi espressivi, continuando quella grande tradizione mediterranea di cui gli italiani seppero dare gli esempi più significativiâ€, commentò allora Saetti in una dichiarazione alla stampa. Con l'entrata in guerra dell'Italia Saetti conosce nuovi grandi incarichi, tra i quali gli affreschi dell’Aula Magna della facoltà di Filosofia dell’Università di Padova. Scompaiono invece, e non verranno mai ritrovati, i cartoni preparatori degli affreschi della Chiesa di SS, Pietro e paolo all’E.U.R. Ma questo è per lui anche il momento del compromesso forzato. Al momento della sua prima mostra alla Galleria Il Cavallino di Carlo Cardazzo, nel 1944, Venezia è sotto la Repubblica Sociale Italiana. Saetti continua la sua produzione artistica sentendosi estraneo alla propaganda fascista, allontanandosi ancor più dal dibattito e chiudendosi via via al confronto con gli stimoli più vivaci del presente. Ciò gli consente di liberare la sua pittura.
Gradualmente si assiste ad una riduzione grafica del suo repertorio che si fa sempre più essenziale e sintetico, ad un ritorno alla superficie come spazio mentale, unico e senza tempo. Il colore recupera corpo e forza espressiva dirompenti. Struttura grafica e spazio finiscono per coincidere. Nasce un alfabeto segnico rinnovato e di grande suggestione, in cui simbologie elementari come i cerchi e gli orizzonti, giocano un ruolo decisivo.
Ed è in questo periodo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta che fiorisce la pittura di Saetti, la più conosciuta e indagata criticamente, i suoi cieli, gli angeli, i soli. L’ultima stagione della sua vita Saetti la passa in Toscana, nel villaggio di Montepiano, ed è una fase per lui vivace e creativa, definita per questo “la primavera di Montepianoâ€. Il paesaggio si fa ricordo nelle tele di questo periodo, macchie verdi di alberi, bianche di muri, azzurri lembi di cielo, frammenti rossi di tetti e soli rossi. Sono gli anni tra i Sessanta e i Settanta e matura qui la metamorfosi espressiva di Saetti, che affonda nella memoria dei suoi anni veneziani.
La mostra antologica che verrà ospitata da Novembre 2004 a Febbraio 2005 a Palazzo Sarcinelli cercherà di raccontare tutto questo, attraverso le tele i grandi affreschi, i disegni.
Alcune note biografiche che tracciano in sintesi l’intensa attività del maestro:
Nel 1927 e nel 1930 vince il premio Curlandese.
Sin dal 1928 viene invitato alla biennale di Venezia.
Sempre nel 1930, vince il concorso per la cattedra di figura disegnata al liceo artistico di Venezia. A 28 anni, è uno dei più giovani insegnanti italiani.
Nel 1939 è presente con 21 opere alla terza quadriennale romana, dove vince il primo premio per la pittura, davanti a Giorgio Morandi.
La presenza alle biennali e quadriennali è costante.
Nel 1950, viene nominato Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, incarico che conserverà fino al 1956.
Nel 1962, alla XXXII biennale di Venezia espone con una sala personale.
Nel 1972 viene invitato dal Governo Giapponese a insegnare tecnica dell’affresco alle Università dell’Arte di Tokyo e di Nagoya e a tenere importanti esposizioni in queste città e a Osaka.
Mostre pubbliche del maestro sono state realizzate da moltissimi enti pubblici in varie città del mondo.
La mostra chiuderà lunedì 28 marzo 2005.
Palazzo Sarcinelli
Conegliano Veneto (TV)