Daniela Matteu - Ufficio Stampa GAM
Ampia retrospettiva che vuol essere un omaggio al grande artista recentemente scomparso e preannunciare l'apertura della fondazione a lui dedicata che verra' inaugurata nel 2005. Alla GAM una testimonianza della vasta produzione artistica di Merz che parte dalle opere dell'esordio quando, negli anni '50, ebbe la sua prima personale alla galleria La Bussola. Al Castello di Rivoli il percorso espositivo inizia con la grande stagione creativa della fine degli anni '60 contraddistinta dagli igloo, fino al suo rinato interesse per la pittura alla base delle installazioni degli anni '80 e '90.
Curatori: Pier Giovanni Castagnoli, Ida Gianelli, Beatrice Merz
Il Castello di Rivoli, la GAM e la Fondazione Merz dedicano un'ampia
retrospettiva a Mario Merz (Milano, 1925 - 2003), una delle personalitÃ
artistiche più rilevanti dell'arte italiana e internazionale. La rassegna vuol
essere un omaggio al grande artista recentemente scomparso e preannunciare
l'apertura della fondazione a lui dedicata che verrà ufficialmente inaugurata
nel 2005.
Mario Merz esordisce nel 1953, autodidatta, con una pittura di segno
astratto-espressionista e, successivamente, con un trattamento informale del
dipinto. E' presente dalle prime mostre dell'Arte Povera, tendenza di cui
diventerà uno dei protagonisti. L'abbandono della pittura fa spazio all'uso
dell'installazione e alla sperimentazione con materiali naturali o tecnologici
come i tubi di neon luminoso, tracce di energia pura, che inserisce negli
oggetti più comuni. Dal 1968 indaga su strutture archetipiche come l'igloo, che
realizza nei più diversi materiali. Usa e in
terpreta la progressione numerica di
Fibonacci come emblema dell'energia insita nella materia, collocando le cifre
realizzate al neon sia sulle proprie opere sia negli ambienti espositivi, come
nel 1971 lungo la spirale del Guggenheim Museum di New York, nel 1984 sulla Mole
Antonelliana di Torino e nel 1990 sulla Manica Lunga del Castello di Rivoli. Dal
1976 lavora alla figura simbolica della spirale che successivamente viene
associata a quella, altrettanto ricorrente, del tavolo, sulle cui superfici
vengono disposti frutti che, lasciati al loro decorso naturale, introducono
nell'opera la dimensione del tempo reale
Alla fine degli anni Settanta Merz recupera la figurazione, delineando grandi
immagini di animali di sapore ancestrale, "preistorici" come li definiva
l'artista. Il rilievo che l'opera di Merz ha raggiunto nel corso degli anni è
documentato dalle prestigiose rassegne a cui ha partecipato, quali la Biennale
di Venezia e Documenta a Kassel, o che gli sono state dedicate dai più
importanti musei del mondo. Fra questi ricordiamo, il Walker Art Center di
Minneapolis nel 1972, la Kunsthalle di Basilea nel 1981, il Moderna Museet di
Stoccolma nel 1983, il Museum of Contemporary Art di Los Angeles e il Solomon R.
Guggenheim Museum di New York nel 1989, la Fundació Antoni Tà pies di Barcellona
nel 1993, il Castello di Rivoli e il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci
di Prato nel 1990, la Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Trento nel 1995,
la Fundação de Serralves di Porto nel 1999, il Carré d'Art di Nîmes nel 2000, la
Fundación Proa di Buenos Aires nel 2002. Nel 2003 gli è stato conferito il
Premium Imperiale dall'Imperatore del Giappone. Muore a Milano nel novembre
2003.
La mostra alla GAM, curata da Pier Giovanni Castagnoli, intende offrire
testimonianza della vasta e sfaccettata produzione artistica di Mario Merz
partendo dalle opere che hanno segnato il suo esordio quando, negli anni
Cinquanta, è apparso sulla scena torinese con la sua prima mostra personale alla
galleria La Bussola.
Presentando esperimenti pittorici strettamente legati agli elementi naturali (in
mostra: La foglia, 1952, Albero, 1953, Foglia a spirale, 1955), Mario Merz si
affaccia al panorama dell'arte con una pittura nuova e imprevedibile, che prende
spunto dall'immagine naturale, disgregandone le forme, in un approdo informale
con cadenze espressioniste, in cui si rintracciano influenze della pittura di
artisti della generazione precedente, come Pinot Gallizio, Spazzapan e Mattia
Moreni. A partire dal 1965 Merz abbandona la pittura per realizzare opere
oggettuali e ambientali, nelle quali ricorre l'utilizzo del tubo al neon come
elemento strutturale che trapassa le forme; inizialmente la tela (Nella strada,
1967) e poi gli oggetti (Bicchiere trapassato, 1967 e Bicchiere e bottiglia
trapassati, 1968), dando vita alla feconda avventura dell'Arte Povera,
testimoniata in mostra da un gruppo di opere significative del triennio
1966-1968 come Ombrello del 1967, Sitin del 1968 e Igloo - Mai alzato pietra su
pietra del 1968.
Al Castello di Rivoli il percorso espositivo inizia con la grande stagione
creativa della fine degli anni Sessanta contraddistinta dagli igloo. Nella
mostra, curata da Ida Gianelli, vengono presentati tra gli altri, Igloo di Giap,
1968; Igloo con albero, 1969; Objet cache-toi, 1968; Igloo nero, 1967-79;
(Igloo) Tenda di Gheddafi, 1968-81. L'igloo è una forma archetipica nata dallo
sviluppo in tre dimensioni di una spirale, forma in cui Merz riconosce l'energia
"strutturale" della natura e attraverso cui crea uno "spazio esterno" che è
"misura di uno spazio interno" (Mario Merz, Mazzotta, Milano, 1983) e che
replica la forma del mondo a cui appartiene. Degli anni Settanta vengono
presentate le installazioni che vedono la comparsa degli animali "preistorici"
come Iguana del 1971 o l'utilizzo di materiali che vanno a formare strutture
complesse a spirale realizzate con tubolari in ferro, cristallo, pietre, neon,
fascine, ortaggi, frutta, giornali come in Tavolo a spirale in tubolare di ferro
per festino di giornali datati il giorno del festino, 1976. Saranno inoltre
presenti opere che testimoniano, sul finire degli anni Settanta, il rinato
interesse da parte dell'artista per la pittura e la figurazione, alla base delle
complesse installazioni degli anni Ottanta e Novanta. In queste opere compaiono
animali primordiali come coccodrilli, zebre, tigri o chiocciole (replica
dell'interesse per la forma a spirale e l'avvolgersi del tempo su se stesso) che
divengono il soggetto di tele e installazioni che tendono a coinvolgere in modo
sempre più vasto e potente lo spazio espositivo.
Immagine: Mario Merz, Che fare, 1968
Anteprima per la stampa: lunedì 10 gennaio 2005
Informazioni per il pubblico Castello di Rivoli: 011 9565280
Informazioni per il pubblico GAM: 011 4429518
Ufficio Stampa, Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, tel. 011.9565209
- 211, fax 011.9565231
e-mail: press@castellodirivoli.org
Ufficio Stampa, GAM, tel. 011.4429523, e-mail:
daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it
Per informazioni sulla Fondazione Merz, tel. 011.4358519
Sedi espositive: GAM Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea