Ufficio Stampa Mondadori Electa
L'immagine di Roma in eta' moderna. La produzione vedutistica romana conta un numero sorprendente di opere, anche perche' il carattere classico e la valenza spirituale della citta', gia' dal XVIII secolo, non erano l'unica fonte d'ispirazione per gli artisti dal momento che ''a Roma una semplice baracca e' spesso monumentale'' come suggerisce Stendhal
L’IMMAGINE DI ROMA IN ETA’ MODERNA
Mostra a cura di Cesare de Seta
Gian Paolo Panini, Piazza S. Maria Maggiore, 1742, Roma, Palazzo del Quirinale Sospesa tra il mito delle grandezze imperiali e l’aura di spiritualità cristiana che l’avvolge, Roma, città ‘eterna’ e ‘santa’, ha celebrato la sua immagine sempre in bilico tra questa ‘connaturata’ coesistenza tra componenti laiche e religiose, coesistenza non sempre facilmente conciliabile se si considerano gli esiti della produzione cartografica e artistica. «Dalla mia finestra vedo molti palazzi, cupole marmoree, e la sommità della colonna Traiana. […]
Sono solo al centro di Roma; ma interrogo tutte le cose, e tutte mi rispondono e mi dicono: sei nel paese dell’ispirazione e delle meraviglie, nel santuario di una religione solenne e veneranda, nel tempio delle arti antiche e moderne» (A.L. Castellan, Lettres sur l’Italie, 1819).
Non è che il primo - grandioso - momento di un filone cartografico e vedutistico di portata eccezionale dedicato alla città antica tra cui spiccano raffinate vedute incise o dipinte di artisti italiani e stranieri. Quale ad esempio il Panorama dal Pincio (1687) di Israel Silvestre. E sempre nel solco di questa produzione fortemente condizionata dal ‘peso’ dell’eredità classica e dei Mirabilia.
Nello sterminato repertorio cartografico romano si ritrovano autentici capolavori che, per l’elevatissima qualità di realizzazione e per le dimensioni – talvolta considerevoli - dell’oggetto, costituiscono dei veri e propri monumenti nella storia dell’iconografia urbana.
La nostra promenade principia dal cinquecentesco dipinto conservato al Palazzo ducale di Mantova, tratto dall’originale tardo quattrocentesco di Francesco Rosselli andato perso e dalla replica del Sacco di Roma di Pieter Bruegel. Ognuno di questi esemplari costituì il prototipo per una infinita serie di repliche e aggiornamenti che naturalmente sono parte di un tradizione iconografica che è in assoluto la più ricca di qualunque altra città .
La produzione vedutistica romana conta un numero sorprendente di opere sia per la qualità degli esiti che per la quantità eccezionale della produzione, anche perché in questo caso il tradizionale carattere classico e la valenza spirituale della città , già dal XVIII secolo, non è l’unica fonte d’ispirazione per l’artista, dal momento che spesso «a Roma una semplice baracca è spesso monumentale», come acutamente suggerisce Stendhal. Se a questa ‘naturale’ monumentalità racchiusa in ogni recondito angolo cittadino si aggiunge il singolare effetto cromatico prodotto dal paesaggio e dall’ambiente urbano - effetto che ancora oggi conserva quelle caratteristiche - si comprende quale enorme fascino dovette suscitare la città per artisti del calibro di Claude Lorrain, Gaspar van Wittell, Louis François Cassas, Gian Paolo Panini, Johann Georg von Dillis, Philipp Hackert, Giovan Battista Lusieri o Camille Corot.
Una breve nota di Chateaubriand coglie in pieno questo principio: «Avrete certamente ammirato nei paesaggi di Claude Lorrain una luce che appare idealizzata e più bella di quella naturale. Ebbene, quella è la luce di Roma!».
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