Drumbamatic discovernissage. Un grande monocromo e' appoggiato su un lato della stanza. Sull'altro lato e' proiettata un animazione giocata su minime variazioni di toni di grigio. Tutto e' pervaso da una traccia sonora che su un'onda continua (monocroma anch'essa) lascia trasparire a intervalli delle increspature ritmiche.
Drumbamatic discovernissage
Quercioli lavora con un unico colore bituminoso. Distribuisce sulla tela grezza dei segni, cui successivamente sovrappone altri strati di pittura. A quadro ultimato dalla superficie monocroma apparentemente uniforme quei primi segni emergono dalle aree circostanti per sottili differenze. E’ la diversità di impregnamento del supporto a tradursi in variazioni del grado di saturazione del colore e di brillantezza. Per apprezzarne gli effetti lo spettatore è costretto a muoversi rispetto al quadro e alla fonte di illuminazione, a variare l’angolo di osservazione, a decentrarsi continuamente.
Non potendo avere vernice protettiva, che distruggerebbe la resa ottica, la pittura è particolarmente sensibile agli agenti esterni, e, col tempo, le macchie provocate dai processi di ossidazione e dagli urti accidentali si confondono con la traccia dell’azione iniziale. Per vivificare i rapporti originari l’artista prevede una particolare manutenzione: dare di tanto in tanto un’altra mano di colore sul quadro. Ad ogni passata la superficie riacquista la sua pulizia e i segni nitore. Il quadro letteralmente “torna nuovoâ€. Tuttavia è un processo che non può continuare all’infinito, in quanto ad ogni passata la differenza di resa ottica tra segno e campo si ridefinisce, ma anche si attenua leggermente, la superficie tende all’omogeneità . Questo aspetto costituisce la trama concettuale del lavoro: il quadro vive nel tempo rispondendo all’influenza dell’ambiente e all’intervento antropico. Il risultato è che alla progressiva saturazione della superficie cromatica corrisponde una progressiva dissipazione della forma.
Per il Drumbamatic Discovernissage del 15 febbraio un grande monocromo (Alluminio, 2004, bitume alluminato su tela, 180x180 cm) è appoggiato su un lato della stanza. Sull’altro lato è proiettata un animazione giocata su minime variazioni di toni di grigio. Tutto è pervaso da una traccia sonora che su un’onda continua (monocroma anch’essa) lascia trasparire a intervalli delle increspature ritmiche. Parafrasando Paul Klee si potrebbe dire che il compito di un’opera suono, non sia quello di rendere l’udibile, ma di rendere udibile. Il quadro di Quercioli risuona come ambiente sonoro. Il suono udibile non commenta la pittura visibile, ma tra pittura e suono c’è una perfetta contiguità spazio-temporale. Tutta superficie monocroma che rende percepibile i suoi processi di formazione, trasformazione e degenerazione.
Concept matrix: Ilari Valbonesi
Curatore: Alessio Fransoni
Produzione e ufficio stampa: Calamaro Agency
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