Palazzo Pigorini
Parma
strada Repubblica, 29
0521 218914 FAX 0521 231142

Palimpsest
dal 25/2/2005 al 30/4/2005
0521 218967 FAX 0521 231142

Segnalato da

Barbara Pecchini - Uff. Stampa Palazzo Pigorini



approfondimenti

Nancy Goldring



 
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25/2/2005

Palimpsest

Palazzo Pigorini, Parma

Una citta' tra realta' e visione. Nelle sue immagini Nancy Goldring ama scomporre e ricomporre il reale, il mondo diviene rappresentazione dei processi mentali di combinazione dei dati figurativi. La fotografa espone in 65 immagini, di cui 9 rielaborate minutamente con la tecnica di 'fotoproiezione' da lei inventata, la sua personalissima visione di Parma


comunicato stampa

Una citta' tra realta' e visione
Fotografie di Nancy Goldring

Realtà come visione e visione come realtà. Ovvero quando la fotografia, come la pittura, può ricreare l’universo secondo la concezione dell’artista. E, per farlo, combina realtà e interpretazione come in un codice palinsesto, appunto, in modo che le due dimensioni, che apparentemente si escludono a vicenda, si integrino fino a divenire virtualmente indistinguibili.

Nella mostra dal titolo “Palimpsest – Una città tra realtà e visione”, organizzata dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Parma – Servizio Eventi e Mostre e dalla Fondazione Monte di Parma, la nota fotografa newyorkese Nancy Goldring espone in 65 immagini, di cui nove rielaborate minutamente secondo la tecnica da lei inventata e denominata “fotoproiezione”, la sua personalissima visione della città di Parma.

L’esposizione verrà inaugurata presso il secentesco Palazzo Pigorini, nel pieno centro storico di Parma, il 26 febbraio 2005, per chiudersi il successivo 30 aprile.

Nelle sue immagini, Nancy Goldring ama scomporre e ricomporre il reale spesso fino a riprodurre una sorta di corto circuito cognitivo: nelle sue opere il mondo diviene pura rappresentazione, proiezione e oggettivazione dei processi mentali di acquisizione e combinazione dei dati figurativi. Una peculiarità del processo consiste nel fatto che l’accostamento di immagini, grafica e multimedialità rende possibile alterare il reale, ricrearlo senza – e proprio qui sta la magia dell’operazione della Goldring – che l’intervento sia d’acchito percepibile. Anche dove le foto non sono state rielaborate, però, l’occhio dell’artista contribuisce a fornire una visione di angoli e prospettive che sfuggono all’attenzione comune. In questo senso l’operazione di Nancy Goldring acquisisce un valore inaspettato e singolare: proprio il suo lavoro - lei che viene da una terra praticamente vergine di monumenti più antichi di un paio di secoli - è qui a ricordarci che il miracolo estetico e monumentale delle città italiane è a nostra disposizione, se solo riusciamo ad affrancarci dal velo dell’abitudine che ci impedisce di “vedere” ciò che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Perché “vedere” le cose non è un atto passivo, ma una precisa scelta di consapevolezza. Nel caso di Nancy Goldring, artistica, cognitiva, programmatica, latamente culturale. Architetture, città e “mondo costruito” costituiscono infatti da sempre il suo tema d’analisi e sperimentazione preferito. Questo anche perché la continua metamorfosi urbana, a differenza dei processi naturali, tende a lasciare dietro di sé testimonianze, lacerti, frammenti di ciò che viene sostituito, riutilizzato, ricostruito, come le cancellazioni e le re-iscrizioni su un supporto per la scrittura lasciano sempre una qualche sottile traccia di sé. Nella scienza che studia i codici antichi, la codicologia, i manoscritti in cui sopravvivono tracce di precedenti stesure, poi cancellate, sono appunto definiti “palinsesti”. Il termine è sopravvissuto fino ai nostri giorni: il “palinsesto” radiotelevisivo è il programma delle trasmissioni che viene continuamente scritto, cancellato, riscritto... Le nostre città sono il più straordinario “codice palinsesto” che si possa immaginare: in molti casi, ci muoviamo in spazi che hanno visto almeno 3 millenni di storia umana dipanarsi, lasciare testimonianze di sé, cancellarle, ricostruirle, in un processo continuamente in corso. Nancy Goldring ama pertanto l’esame accurato dei “monumenti”, queste mute testimonianze scampate alle “riscrizioni del tempo”, ancora perfettamente in grado di interagire con noi contemporanei. E per far questo, la Goldring cerca visivamente un sincretismo spazio-temporale, un’integrazione sincronica di ciò che è diacronico nello spazio fisico formale di una stampa fotografica. Ecco quindi le rifrazioni arcane, i contrasti di saturazione tra colori caldi e freddi, gli accurati giochi di rimando tra primi piani e sfondi che acquisiscono significato dal reciproco accostamento, gli inusitati contrasti tra linee rette, curve, spezzate, elissoidali, tra pittura e architettura, tra scultura e ornamentazione, tra interni ed esterni, tra sezioni differenti d’immagine ricomposte come in un puzzle o, appunto, in un codice palinsesto, in cui strati sovrapposti e successivi si contendono l’esistenza: tutto questo è la raffinata estetica che la Goldring innesta nella sua elaborata pratica del “fare fotografia”. Insegnante di disegno presso la Montclair State University dal 1972, la Goldring ha infatti un approccio grafico dominante rispetto ai temi caratterizzanti della rappresentazione, dell’inquadratura, dell’illusionismo e della prospettiva: il disegno costituisce però la struttura della sua opera, mentre la forma delle cose, anche quando reale, non è realistica, bensì ricondotta a schemi simbolici o evocativi.

La dimensione narrativa – in senso intertestuale - dei suoi montaggi visuali si inserisce in un lungo, consapevole filone di autori che, dagli anni ’50 del XX secolo ad oggi, hanno dominato il panorama della fotografia, in particolare americana e italiana, tra cui Paul Caponigro e Minor White. Se è vero pertanto che quella di Nancy Goldring è una fotografia “di sintesi”, è vero anche che, così come non si associa al mero pittorialismo della ripresa del reale, non si associa nemmeno alla categorizzazione della fotografia “virtuale” nel senso dell’artefazione virtuosistica fine a se stessa. Anzi, per l’autrice questa operazione artistica è assolutamente finalizzata ad uno scopo: un’accurata riflessione su come l’“immagine” del passato, giunta a noi attraverso le più alte testimonianze artistiche sopravvissute ai rivolgimenti del tempo, condiziona e influenza la vita quotidiana contemporanea di una città. In questo caso, la città di Parma.

Il catalogo è edito da Mazzotta, con testi critici di Paolo Barbaro e David Levi Strauss.

La mostra, che è stata realizzata grazie al contributo di Banca Monte Parma e di Fondazione Monte di Parma, sarà aperta dalle 9 alle 19 tutti i giorni esclusi i lunedì non festivi. L’ingresso è gratuito.

L’inaugurazione al pubblico è prevista per sabato 26 febbraio alle ore 17. L’apertura alla stampa avverrà invece alle ore 16.

Palazzo Pigorini
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