Circolo Culturale Bertot Brecht
Anima-re la Superficie. L'artista lotta con i materiali. Nelle ultime tele, dove risalta il colore rosso e nero, il segno si fa piu' evidente mentre il fascino per la scrittura lascia spazio al colore e alla forma che talvolta sembra sfiorare l'area simbolica.
Anima-re la Superficie
Nei luoghi dove si incontra la gente
Milano per tutte le città limitrofe del nord italia e non solo, ha sempre sollecitato sentimenti contrastanti: da un lato città caotica, di competizioni esasperate, capitalismo , moda e un'immagine un po'
conservatrice che sembra trovare conferma in uno stile monumentale ancora rintracciabile nelle severe e ricche palazzine private o nell'atmosfera diffusa e un po' grigia-anche-nei-giorni-di-sole, fatta di polveri, smog e storia.
Nuove nebbie dove sembrano sbiadire anche i grandi palazzi moderni/sti ? quasi a ricordare antichi pomeriggi e più recenti e sfuggenti giornate.
Ma, l'invito di Sergio Sansevrino a scrivere sul suo lavoro, mi da' un'altra opportunità . quella di evidenziare un'altra città , certamente più ri"stretta" ma che continua trasversale e non priva di un suo fascino, di una sua identità immediatamente percepibile da chi viene dall'esterno.
la realtà cioè di un mondo già da tempo vario e multiculturale, di un modo di "poter" essere più liberi e allo stesso tempo attivi apparendo cioè informale non per semplice esteriorità .
anche perché, fino a non molto tempo fa, le grandi metropoli essendo momento di intense relazioni focalizzavano quasi naturalmente una maggiore pluralità di pensieri e comportamenti permettendo così anche alle minoranze di trovare un "alter ego" o maggior spazio.
Ma tornando a questa città in particolare, ricordo quando molto giovane dalla provincia avendo l'opportunità di venire a milano, non potevo fare a meno di notare una "certa" creatività o comunque un'identità che si poteva cogliere perfino nel modo di parlare. ricordo ancora ad esempio di essere stata molto colpita dagli allestimenti delle vetrine, non per nulla da sempre qui così fotografate dai turisti e , secondo me, non solo per spionaggio industriale. un anno in particolare le vetrine sembravano davvero rincorrersi, misurarsi con variazioni su di un unico tema attraverso l'uso dei comuni contenitori in carta pesta delle uova che con l'aiuto dei colori, della composizione, dei rilievi, dei giochi di luce si trasformavano da oggetti destinati alla discarica e privi di valore economico in qualcosa di davvero molto diverso.
Alcuni anni più tardi è stata l'apparizione inaspettata di alcuni writers a sollecitare la stessa impressione. in quell'occasione mi erano apparsi infatti molto più vicini allo stereotipo del giovane studente-impegnato un po' intellettuale che a quella del vandalo, d'altronde molti artisti del passato si sono ispirati alle più diverse iscrizioni murali, quando non reputate esse stesse opere d'arte come in effetti sta avvenendo anche in questo caso.
Più recentemente la stessa sensazione l'avevo avuta (ma i tempi stanno cambiando (sig!) nel constatare l'abbandono di divise e altre costrizioni corporali, in molti luoghi pubblici cittadini. o "per contro" di riscontrarne un uso comune quasi in segno di solidarietà da parte di interpreti diretti di una metaforica performance contemporanea anticlassista.
Il riferimento è a quei luoghi (non tutti certo) dove finalmente il personale non è più costretto a indossare divise a metà tra il coloniale, il militare e lo snob-nostalgico di tarda tradizione holliwoodiana. così capita di incontrare ragazzi il cui abbigliamento lo immagineresti possibile solo in qualche centro sociale ? e che invece stanno lavorando ? e sembrano persino contenti ("!?"). del resto non c'è nulla che sottragga energia quanto questo tipo di costrizioni, non a caso comuni ai più umilianti luoghi della storia dittatoriale.
Molto tempo dopo le mie sporadiche visite giovanili in questa città ho avuto l'occasione di percorrere in direzione opposta quelle esperienze vivendole dall'interno. infatti attraverso la collaborazione con alcuni centri culturali mi è capitato talvolta di assistere a come nascono le cose con molte difficoltà e davvero poca mistificazione è qui che casualmente all'inizio della sua attività espositiva ho incontrato sergio sansevrino e i suoi primi "pezzi"
Come molti collezionisti e artisti inconsapevoli si ostinano a definire il lavoro degli "artisti". quasi a volerli inseriti, ipso facto, in una pratica della dissezione anatomica la cui indagine psicologica potrebbe dirci qualcosa sul nostro tempo oltre a prestarsi in concreto ad una certa ironia "tre pezzi di picasso" ("!!?") non sono forse degni della migliore letteratura surrealista?
ironia a parte, i primi lavori di sergio sansevrino erano improntati alla lezione delle esperienze milanesi sulla tela estroflessa. ricerche già in atto dagli anni 50 ma che evidentemente hanno aperto molte potenzialità creativeoltre ad aver visto come protagonisti alcuni tra i maggiori esponenti artistici del secolo scorso, da fontana a bonalumi per giungere alle più recenti esperienze di arcangeli e di quei giovani artisti che oggi vedono in queste ricerche corrisposto un loro modo di essere oltre alle tele estroflesse, in quel periodo, sergio sansevrino approfondiva un particolare e non ancora risolto rapporto con il materiale. già negli anni 90 avevo potuto vedere una sua piccola tela improntata ad un forte accento segnico su juta, materiale oggi nuovamente al centro del suo interesse.
Quando nel 2003 sono andata a vedere la sua personale alla "cantina di manuela", per l'occasione trasformata anche in spazio espositivo, non ho potuto far a meno di pensare ad un presunto, anonimo visitatore, per caso di passaggio da milano, che , entrando in quel luogo, avrebbe ancora una volta potuto provare quella stessa sensazione che anch'io un tempo riscontravo nel visitare la città .
Sensazione fortunatamente oggi non più così esclusiva delle grandi città ma sempre più testimone piuttosto di quel piccolo gap o "petite sensation", come la definiva cézanne, sollecitata dall'esperienza artistica e che, in senso più esteso, infondo non corrisponde ad altro che ad una comune sensibilità e intelligenza non repressa.
Una città infine che amo ricordare da sempre "di" aspre contestazioni e case editrici dove talvolta la fantasia si concretizza ? pur tra mille diffocoltà .
Non a caso, ancora, sergio sansevrino, come tutti noi, continua la sua lotta con i materiali. nelle ultime tele, dove risalta il colore rosso e nero, il segno si fa più evidente mentre il fascino per la scrittura lascia spazio al colore e alla forma che talvolta sembra sfiorare l'area simbolica e tra/sformarsi in un martello metafora ancora di un suo uscire allo scoperto fuori, non senza ironia, con più linguaggi, nei luoghi dove si incontra la gente.
Curatori: Lorenzo Argentino
Vernissage: 21 marzo 2005. ore 18,30
CIRCOLO CULTURALE BERTOLT BRECHT
Piazza San Giuseppe 10 (20162)
Orario: ogni lunedì, mercoledì e venerdì 18-20 e su appuntamento
Ingresso libero