Galleria Continua
San Gimignano (SI)
via del Castello, 11
0577 943134 FAX 0577 940484
WEB
Tre mostre
dal 22/4/2005 al 2/7/2005
0577 943134 FAX 0577 940484
WEB
Segnalato da

Silvia Pichini




 
calendario eventi  :: 




22/4/2005

Tre mostre

Galleria Continua, San Gimignano (SI)

Kendell Geers presenta 'satyr:ikon', nuovi lavori. La mostra si struttura attraverso precisi riferimenti alla cultura italiana e si articola sui toni della satira affermando la possibile reversibilita' di bene e male. Nedko Solakov propone 'Dead lock stories'. L'artista utilizza pittura, disegno, performance e scultura, ma l'elemento comune a tutti i suoi lavori e' una corrosiva ironia sul sistema dell'arte occidentale. Hans Op de Beeck presenta 'Blender', progetto video che riporta all'infanzia e da li' allo scorrere della vita, al tempo che passa ad un ciclo che si consuma e riprende senza interruzione.


comunicato stampa

KENDELL GEERS
"satyr:ikon"
via del Castello, 11

Kendell Geers si impone all'attenzione internazionale già negli anni Novanta con la partecipazione a importanti rassegne come la Biennale di Johannesburg (1997) e la personale al Carnegie Museum of Art di Pittsburg (1999). Nel 2001 è invitato alla Biennale di Berlino, a questa seguono altri importanti appuntamenti grazie ai quali si afferma come uno degli artisti più interessanti e provocatori del panorama artistico internazionale fra questi ricordiamo Documenta 11 (2002), la 8° Biennale di Istanbul (2003) fino alla più recente esposizione personale al Macro di Roma (2004). Nato e cresciuto a Johannesburg si forma tra le tensioni politiche e sociali del Sudafrica, dimostrando da subito uno spirito ribelle nei confronti di un sistema conservatore e moralista che lascia poco spazio alla creatività individuale. L'arte per Geers diventa un modo di indagare la vita, di stimolare l'istinto verso la libertà attraverso l'estetica della simulazione, l'ironia e la critica radicale nei confronti della storia e dell'istituzione artistica.

Realizza la sua prima mostra personale italiana, Mondo Kane, a Galleria Continua nel 2002 ed è nuovamente in questo spazio che oggi presenta satyr:ikon, una serie di lavori inediti frutto delle più recenti ricerche. Come un discorso mai interrotto, satyr:ikon si rivolge al pubblico come ideale continuazione della precedente esperienza espositiva. Anche questa volta la mostra si struttura attraverso precisi riferimenti alla cultura italiana. Evidente nel titolo la citazione a Fellini - così come alla grande tradizione letteraria latina - mentre l'opera collocata proprio all'entrata della galleria trae ispirazione da un disegno di Leonardo da Vinci. Una sorta di cannibalismo artistico, il riappropriarsi di forme classiche per restituircele poi in versione personale, rielaborata e arricchita di tensioni fisiche e psicologiche. In satyr:ikon Kendell Geers, restio alla classificazione e alla catalogazione in categorie morali, gioca con le parole moltiplicandone e alterandone i significati, lanciando continue provocazioni e istillando il dubbio e l'incertezza. La figura del satiro, chiamato in causa nel titolo, rappresenta perfettamente questo concetto: uomo, animale e divinità uniti in un unico essere, senza possibilità di distinzione e di giudizio. Tutto ciò si ritrova anche in alcune delle opere di questo percorso espositivo come 'Here Lies Truth' e 'Fuc King Hell'.

La mostra si articola dunque sui toni della satira e tralascia volutamente la definizione di 'bene' e di 'male' affermando anzi la loro possibile reversibilità e intercambiabilità. L'unica distinzione netta, forse imprescindibile, è quella tra vita e morte che nell'allestimento si rende evidente tra le opere collocate al primo piano della galleria e quelle collocate al piano inferiore.

Le opere che incontriamo in satyr:ikon ci danno modo di conoscere a fondo il lavoro di Kendell Geers, la sua indagine verso ogni tipo di pulsione umana sia questa di natura psicologica, politica o morale. Nel salottino dal sapore borghese allestito al primo piano della galleria si respira un'aria domestica quanto trasgressiva tra mobili, libri, tappeti e suppellettili dalle forme falliche. Sul grande schermo della platea una proiezione firmata S-338, un lavoro sperimentale realizzato dall'artista durante un recente workshop in Belgio. L'esplorazione del corpo guardato attraverso diverse prospettive grazie alla collaborazione di alchimisti, musicisti, artisti performer, cabalisti e ballerini. Nel giardino di Galleria Continua una lapide e un'iscrizione. Qui Geers si confronta in modo diretto con la storia contemporanea e più precisamente con il gruppo di Baader-Meinhof: denominazione corrente data alla Raf (Rote Armee Fraktion, Frazione armata rossa), organizzazione terroristica nata nella Repubblica Federale Tedesca nel 1971. I fondatori, Andreas Baader e Ulrike Meinhof, entrambi arrestati nel 1972, morirono suicidi in carcere in circostanze poco chiare, lei nel 1976 e lui nel 1977. Dopo vari attentati, l'attività del gruppo culminò nel 1977 con il rapimento e l'uccisione del presidente degli industriali tedeschi, H.M. Schleyer. Per il giorno dell'inaugurazione una performance vedrà i presenti protagonisti di un insolito Kocktail.


NEDKO SOLAKOV
"Dead lock stories"
via del Castello, 11
Per il ciclo 'One year project'

Sin dai primi anni Novanta Nedko Solakov (nato a Tcherven Briag nel 1957, Bulgaria; vive a Sofia) ha partecipato a numerose esposizioni sia in Europa che negli Stati Uniti. Il suo lavoro è stato presentato a Aperto '93 (Biennale di Venezia); alla 48°, 49° e 50° Biennale di Venezia; alla 3° and 4° Biennale di Istanbul; a São Paulo '94; a Manifesta 1, Rotterdam; alla 2° and 4° Biennale di Gwangju; alla 5° Biennale di Lyon, a Sonsbeek 9, Arnhem, alla 4° and 5° Biennale di Cetinje e alla prima Biennale di Lodz. Recentemente ha avuto mostre personali al Museu do Chiado, Lisbona; De Appel, Amsterdam; CCA Kitakyushu, Giappone; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Israel Museum, Gerusalemme e al Centre d'Art Santa Monica, Barcelona. Nel 2003-2005 un'ampia mostra personale "A 12 1/3 (and even more) Year Survey" è stata presentata al Casino Luxembourg, Rooseum Malmoe e O.K Centrum Linz. Tra i progetti futuri: "Leftovers," personale alla Kunsthaus di Zurigo; 7° Biennale di Sharjah, Emirati Arabi; 9° Biennale di Istanbul.

L'artista bulgaro Nedko Solakov interviene con "Dead lock stories" nello spazio della Galleria Continua dedicato a installazioni site specific "One year project", che prevede la realizzazione di progetti visibili per tutta la durata dell'anno.

L'opera di Solakov è centrata su una riflessione variamente coniugata sul sistema dell'arte occidentale e sui suoi attori che esamina e mette in discussione. Un continuo ed ironico interrogarsi sull'arte ed il suo linguaggio, ma anche sui meccanismi che ne regolano l'espressione, emerge in ogni suo lavoro. L'artista realizza le sue opere utilizzando la pittura, il disegno, la performance e la scultura, ma l'elemento comune a tutti i suoi lavori è una corrosiva ironia, uno sguardo acuto e divertito che sembra sempre scrutare lo spettatore e le sue reazioni.
Nel celebre "A life (black and white)" presentato anche in occasione della Biennale di Venezia nel 2001, due imbianchini dipingono ininterrottamente le pareti di una sala, uno usando il colore bianco e l'altro il nero, l'uno ricoprendo e quindi cancellando ciò che l'altro ha in precedenza tinteggiato. Lo spettatore diventa così partecipe di una situazione paradossale in cui non solo il contesto istituzionale dell'arte, ma lo stesso senso dell'agire umano viene messo in discussione.
Nel 2001 con "A (not so) White Cube", 2001 intervento realizzato al P.S.1 di New York, Solakov dà inizio ad una serie di progetti in cui l'artista sembra non avvertire più il bisogno di avere un oggetto-opera nella stanza: il pubblico si trovava in uno spazio espositivo apparentemente vuoto, ma ad uno sguardo più attento sui muri si notavano piccoli disegni, rapidi commenti sulla natura architettonica dello spazio stesso e i dettagli architettonici, fili elettrici, prese della luce sembravano prendere vita, grazie a commenti arguti scritti dall'artista. Lo spettatore si trovava in uno spazio apparentemente vuoto, che soltanto ad un esame più approfondito rivelava le molteplici tracce dell'artista. Le annotazioni di Solakov accentuano le imperfezioni dei muri, le tracce di interventi precedenti e le caratteristiche del luogo collegate alla sua natura di spazio espositivo. Questi segni, che sono divenuti distintivi dell'opera di Solakov, costituiscono una mappatura che cerca di spiegare la reale natura dello spazio. Alcune di questi sono commenti immediati sullo spazio, mentre altri invece sono indicazioni perentorie che direzionano lo sguardo dello spettatore, come a voler sottolineare la specificità del luogo espositivo che, come tale, tende a guidare e condizionare la percezione. Lo scopo di un intervento come questo sembra essere la costruzione di una sorpresa percettiva, un voler affermare quanto possa essere pieno uno spazio vuoto.

L'intervento "Dead lock stories" realizzato per gli spazi della Galleria Continua, si pone sulla scia di questo primo intervento al P.S.1. Entrando nello spazio, che questa volta non è il puro white cube modernista, ma un ambiente piuttosto complesso, costituito da un dedalo di piccole stanze che, per questa occasione, recano ancora le tracce di un'installazione precedente e che hanno l'aspetto di ambiente in ristrutturazione. L'intervento dell'artista si colloca proprio in questa imperfezione dello spazio, sottolineandone gli elementi architettonici costituitivi. Lo spazio espositivo si va così popolando di minuscole creature che agiscono delicatissime storie, narrazioni surreali nascoste negli interstizi dei muri, sui pavimenti in restauro e sul soffitto. Le imperfezioni dei muri diventano pretesti per brevi storie che si susseguono, alcune si nascondono, altre sembrano balzare fuori, ansiose di essere lette. Tutte storie che alla fine della mostra scompariranno per riapparire in altri white cubes, spogli della propria aura, fino a che il rito dell'arte non torna a consumarsi.
Ancora una volta l'artista trasforma l'azione passiva del vedere in partecipazione attiva, svelando in realtà come il white cube incarni solo un'utopia illusoria e irrealizzabile. E il comportamento dello spettatore diventa l'oggetto del suo interesse, che sembra volerne cogliere le reazioni emotive, i movimenti e gli sforzi per riuscire a leggere piccole storie, che più che offrirsi sembrano fuggire la percezione, andando così a completare l'intervento dell'artista.
Le immagini delicate e poetiche e l'ironia delle brevi storie, che sembrano racchiudere in sé il nostro vivere quotidiano, interrogano in modo sottile l'autorità costituita, la percezione e la stessa esistenza umana.


HANS OP DE BEECK
"Blender"

via Arco dei Becci 1, dalle ore 18.00

Hans Op de Beeck (nasce a Turnhout, Belgio, nel 1969 vive e lavora a Brusselles)

Nonostante la giovane età Hans Op de Beeck vanta già un percorso espositivo decisamente significativo tanto che nel 2004 rientra in quella stretta rosa di artisti a cui viene data la possibilità di esporre nella prestigiosa sezione ArtUnlimited di ArtBasel. Qui conquista pubblico e critica ricostruendo in forma di maquette percorribile e visitabile una stazione di servizio -un luogo, anzi un non luogo anonimo e alienante- al cui interno si apre una finestra su una lunghissima e desolata autostrada. Le maquettes di Op de Beeck sono dei veri e propri simulacri, copie senza un originale dove il processo di ricostruzione si attua in virtù della memoria piuttosto che della diretta osservazione della realtà.

Foto, disegni, diapositive rappresentano per l'artista tappe preliminari per la realizzazione di opere video, punti di vista, studi del soggetto o del tema che non vanno però mai a svelare contenuti e immagini del lavoro finito tanto che tra questi ed i video sembrerebbe quasi non esserci relazione. I film vivono per lo più di vita propria ma l'artista non ne esclude la presentazione anche all'interno di installazioni o delle grandi maquette. Hans Op de Beeck lavora sui piccoli gesti, in genere inconsci. Sguardi, silenzi, frammenti di vita, scene che appartengono al quotidiano ma che riesce a riproporre in chiave surreale, staccandosi così dalla semplice narrazione e riuscendo a convertire quelle immagini in metafore della condizione umana. "Il mio obbiettivo è produrre delle immagini che offrano una distanza in rapporto alla nostra vita quotidiana" questo l'artista lo ottiene anche manipolando la realtà ovvero introducendo nei video degli elementi artificiali, quasi impercettibili, che vanno però a creare piccoli scarti rispetto al reale.

Incomunicabilità, attesa, perdita, degradazione questi i temi che ricorrono nelle opere dell'artista belga. Una vena melanconica sembra accompagnarlo così come un gusto romantico che si codifica nella ripresa di alcuni stereotipi di rappresentazione del romanticismo che Op de Beeck reintroduce come valori attuali.

L'opera che Hans Op de Beeck presenta a Galleria Continua, 'Blender' (2003), ci riporta in qualche modo all'infanzia e da lì allo scorrere della vita, al tempo che passa ad un ciclo che si consuma e riprende senza interruzione. Il ciclo della vita? Il ciclo del mondo? Nel video non ci sono riferimenti temporali né alcuna presenza umana solo una giostra che gira creando un vortice di colori senza forme, in sottofondo musica d'organo, voci di bambini, dialoghi interrotti e indistinguibili. In questa, come in altre opere di Op de Beeck, si avverte un senso di incompletezza, di non finito che trasporta l'osservatore in una realtà dai confini sfumati, sospesa nel tempo, volutamente ambigua e indefinita.

Immagine: dalla serie Lost # 1, 2003, 9 disegni, inchiostro e acquarello su carta, cm 19 x 29

Per ulteriori informazioni sulla mostra e materiale fotografico:
Ufficio stampa Silvia Pichini Tel. 347 4536136

Inaugurazioni sabato 23 aprile 2005 via del Castello 11 e via Arco dei Becci 1, dalle ore 18

Galleria Continua via del castello 11, San Gimignano Siena
dal martedì al sabato 14.00/19.00

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