Fondazione Querini Stampalia
Venezia
Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252
041 2711411 FAX 041 2711445
WEB
Il Pittorialismo nella fotografia russa
dal 27/4/2005 al 22/5/2005
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Ufficio stampa Querini Stampalia




 
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27/4/2005

Il Pittorialismo nella fotografia russa

Fondazione Querini Stampalia, Venezia

1900-1930. L'esposizione presenta gli scatti di importanti autori russi che fanno parte di un gruppo che accostava la fotografia alla pittura soprattutto utilizzando filtri diffusori e procedimenti di stampa speciali. Questa tendenza sfidava quella documentaristica e si proponeva di comunicare il lato emozionale delle cose. Mostra a cura di Olga Sviblova, direttore della Casa della fotografia di Mosca


comunicato stampa

FORO DI DIALOGO RUSSO-ITALIANO DELLE SOCIETA' CIVILI
Russia-Italia. Incontro a Venezia

Mostra fotografica

Il Pittorialismo nella fotografia russa: 1900-1930
a cura di Olga Sviblova – direttore della “Casa della fotografia di Mosca”

Nell’ambito del “Foro di Dialogo russo-italiano delle Società civili. Russia-Italia. Incontro a Venezia”, trova spazio la mostra Il Pittorialismo nella fotografia russa: 1900-1930, a cura di Olga Sviblova, direttore della “ Casa della fotografia di Mosca”.
L’esposizione, che presenta un’ampia ed accurata scelta di scatti fotografici dei più importanti esponenti del Pittorialismo russo di inizi Novecento, sarà inaugurata domani, giovedì 28 aprile 2005, alle ore 17, negli spazi della Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

L’Avanguardia fotografica russa degli Anni Venti e Trenta, rappresentata da Aleksandr Rodchenko, El Lissitzky, Boris Ignatovich e altri, pur avendo subìto la persecuzione e la repressione del regime totalitario, è riuscita a lasciare un segno nell’arte della Russia e del mondo. E’ considerata un simbolo della carica d’energia e dello spirito d’innovazione della Russia Sovietica negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917.
Ma i critici più attenti si sono resi conto che in quello stesso periodo si manifestò un’altra tendenza nella fotografia russa, una linea “pittorica”, che cercava cioè di accostare la fotografia alla pittura, soprattutto utilizzando filtri diffusori, per ottenere un effetto flou, e procedimenti di stampa speciali, spesso molto sofisticati.
La “fotografia pittorica” sfidava quella documentaristica e, proprio come la pittura, si proponeva di comunicare il lato emozionale delle cose, di esprimere nell’opera lo stato d’animo e il messaggio personale dell’artista.

I maestri della “fotografia pittorialista” russa, Aleksandr Grinberg, Yury Yeremin, Nikolay Andreyev, Nikolay Svishchov-Paola e altri furono figure di primo piano sulla scena artistica mondiale. Vinsero numerose medaglie d’oro e d’argento nelle più importanti rassegne internazionali di fotografia in Europa, negli Stati Uniti d’America e in Giappone. Il “pittorialismo” in fotografia a livello mondiale, nato verso la fine del XIX Secolo, aveva ormai esaurito il suo potenziale estetico intorno alla metà degli Anni Venti. Nella Russia Sovietica, al contrario, trovò nuovo slancio creativo proprio allora.

Nel 1928, nell’ambito dell’esposizione “Dieci anni di Fotografia Sovietica”, era nettamente predominante la cosiddetta “Vecchia Scuola”, se si considera il numero degli artisti rappresentati e dei loro lavori, a confronto con i “modernisti” e con quanti si riconoscevano nella nuova fotografia sovietica. Nel medesimo anno, benché il rigido condizionamento ideologico sugli artisti, mirante a far loro abbracciare senza riserve il realismo socialista, fosse ancora di là da venire (fra l’inizio e la metà degli Anni Trenta), i fotografi della corrente “pittorialista” furono bollati come portatori dell’ideologia borghese, “idealisti individualisti” e nostalgici del vecchio regime prerivoluzionario.

Quel marchio trovava le sue ragioni nel fatto che i fotografi “pittorialisti” continuavano effettivamente a vivere e lavorare nella nuova Russia Sovietica, ispirandosi innanzitutto a valori umani universali e appoggiandosi alla propria, personale esperienza esistenziale ed estetica. Non tutti fra loro si precipitarono a sottoscrivere gli slogan sovietici, che imponevano il primato della collettività sull’individuo ed esaltavano entusiasticamente le conquiste della rivoluzione.

I loro soggetti restavano perlopiù confinati nel recinto della pittura tradizionale: paesaggi, nudi, scorci di vecchie case rurali, scene di genere senza pretese. Tuttavia, per l’abilità nella composizione e il virtuosismo tecnico, erano protagonisti contesi di mostre e rassegne internazionali di richiamo sicuro. La stampa straniera dedicò loro molta attenzione e curiosamente, come fecero i critici sovietici, guardò ad essi come ad un’opposizione estetica all’ideologia rivoluzionaria militante. Ad esempio, dopo il salone di Parigi del 1925, una rivista britannica di fotografia osservò che, “indipendentemente dalle loro convinzioni politiche, i Russi, negli scatti che hanno inviato, rimangono strettamente nei limiti della tradizione”.

I fotografi pittorialisti furono attaccati con durezza dai critici sovietici, che credevano spettasse a loro additare l’unica retta via al realismo socialista. Come un commentatore ebbe a scrivere nel 1936, “la realtà sovietica contemporanea è tale, che la contentezza, la gioia, il sorriso sono tratti distintivi della nostra nuova condizione”, cosicché “ la nostra vita è diventata veramente meravigliosa”.

Il dibattito culturale intorno alla fotografia, verso la fine degli Anni Venti era incentrato in prevalenza su questioni estetiche: i vantaggi di un certo modo di comporre l’inquadratura, le opportunità offerte dalle varie ottiche o dalle diverse tecniche di stampa; ma con i primi Anni Trenta l’estetica cedette il passo all’ideologia. Già alla fine degli Anni Venti, in tutti i settori, in tutte le espressioni della società sovietica, inclusa l’arte della fotografia, si scatenò la caccia ai nemici della rivoluzione: l’idea di nemico divenne un pilastro della propaganda ideologica. Da un lato paralizzava la libera manifestazione della personalità di ciascuno con la paura; dall’altro puntava a indottrinare le masse e a orientarle nello sforzo eroico della conquista di un futuro radioso. Così i “pittorialisti” finirono per essere catalogati come “nemici” nel campo della fotografia. Furono accusati di rimpiangere il vecchio mondo, in cui i valori borghesi non venivano neppure messi in discussione, e di restare indifferenti alla lotta di classe. La passione per il paesaggio, le forme architettoniche classiche, il nudo femminile furono condannati come “roba da Turgenev” e “miopia politica”.
Ciononostante, quanto più violento si faceva l’attacco, tanto più si rafforzava la resistenza solo apparentemente inoffensiva. Lavorando su tematiche “non sovietiche”, i “pittorialisti” difendevano la loro estetica, che trovava i suoi riferimenti formali prima della rottura rivoluzionaria, e le loro convinzioni, diverse dalla nuova mitologia bolscevica. Scriveva Yury Yeremin: “Io me ne vado serenamente e coraggiosamente per la mia strada. Quanto al mondo nuovo da costruire secondo gli ideali rivoluzionari, per chi considera la cosa con superficialità, è molto semplice cambiare le proprie opinioni”.

Nel 1935 la persecuzione morale nei confronti degli artisti degenerò in repressione, in violenza anche fisica. Con il pretesto ridicolo di aver esibito soggetti pornografici, Aleksandr Grinberg finì in uno dei campi di lavoro di Stalin. Le accuse muovevano dalla rassegna “Maestri della Fotografia Sovietica”, tenuta nel 1935, in cui artisti di fama internazionale avevano esposto i loro studi di nudo; genere censurato dalla fotografia sovietica. Vasily Ulitin fu esiliato da Mosca e virtualmente tutti i “pittorialisti” persero il diritto di praticare la professione e dalla fine degli Anni Trenta furono anche privati della possibilità di esporre le loro opere all’estero.
Malgrado il colpo, alcuni maestri della “fotografia pittorialista” non si arresero. Yury Yeremin stampava di nascosto in piccolo formato le sue foto preferite nella stanza da bagno di un alloggio pubblico. Una qualsiasi sarebbe bastata a farlo condannare.
Nel 1928 sulla rivista Novyj LEF Aleksandr Rodchenko contestò i ”pittorialisti”: “Non è tanto contro la pittura in sé che combattiamo (del resto è una forma d’arte ormai moribonda), bensì, piuttosto, contro la fotografia che vuole assomigliarle. Il nostro dovere di artisti è la sperimentazione”. Ma a metà degli Anni Trenta, quando gli attacchi al “pittorialismo” erano al colmo, Rodchenko sfruttò abilmente proprio quello stile per le sue celebri serie del Circus, affrontando il tema come se si trattasse di scene d’opera e balletto. Forse anche questo era una qualche forma di resistenza… Stanco di una rivoluzione senza fine, che nella realtà si rivelava così distante dagli ideali originari, sottolineò nel suo diario, il 12 Febbraio 1943: “Arte è servire il popolo, ma il popolo è condotto su strade diverse. Io vorrei avvicinare il popolo all’arte, non trascinarlo da qualche parte mediante l’arte. Sono nato troppo presto o troppo tardi? L’arte deve essere separata dalla politica”.

Alla fine degli Anni Trenta la fotografia sovietica, come l’arte sovietica nell’insieme, testimoniò il trionfo del realismo socialista: “la più importante delle espressioni artistiche”; così veniva definito. Ma la cortina di ferro lo tagliava fuori dal mondo e in quell’isolamento si ridusse ad ingranaggio della macchina dell’ideologia. La maggior parte delle stampe fotografiche, realizzate da artisti che non si conformavano ai nuovi canoni, furono svalutate, non apparvero mai in pubblico per oltre mezzo secolo e furono dimenticate.

La mostra Il Pittorialismo nella fotografia russa: 1900-1930, presenta una scelta di opere, ma non pretende di fornire un repertorio completo di questa tendenza. E’ piuttosto un breve compendio, un tentativo di mettere in evidenza il fenomeno. Per la prima volta accosta fotografie di maestri che lavorarono nel medesimo periodo e in tal modo interagirono e si influenzarono a vicenda.
Dalla metà degli Anni Ottanta in poi, il modernismo russo, in primo luogo l’opera di Aleksandr Rodchenko, è stato sempre più apprezzato all’estero. La sua riscoperta in Russia è cominciata verso la metà degli Anni Novanta. Il fenomeno della “fotografia pittoralista” russa solo di recente ha iniziato ad attirare l’attenzione di esperti e storici. Il recupero è ancora ben lontano dall’essere completo, ma già ci offre una più piena comprensione dello sviluppo della cultura e della storia della Russia degli inizi del XX Secolo.

Immagine: Aleksandr Rodcenko, La mano nera. Illustrazione per la copertina del libro di Marietta Shaginian Mess-Mend, 1924. Fotomontaggio cm 25,5x21,8. Collezione privata

Inaugurazione: giovedì 28 aprile 2005 – ore 17

Fondazione Querini Stampalia, Venezia, Campo Santa Maria Formosa - Castello 5252
Orario ingresso: dalle 10.00 alle 18.00. Il venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.00.
Chiuso il lunedì.
Ingresso: intero 6 €, ridotto 4 €

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