Pareti, ghiacci, precipizi. La mostra offre l'opportunita' di ammirare insieme le tre serie piu' recenti delle opere dell'artista. Ognuna ha per soggetto una montagna o un gruppo di montagne nelle quali si affrontano i problemi della rappresentazione e dell'articolazione di rapporti e relazioni tra uomo e natura.
Pareti, ghiacci, precipizi
Il Museo Nazionale della Montagna continua un percorso di esplorazione rivolto a diversi territori e forme d’arte, cercando di proporre al pubblico una visione il più possibile articolata del panorama culturale delle alte quote. Con REGIONE PIEMONTE e ART SPACE GALLERY di Londra, e la collaborazione della CITTÀ DI TORINO e del CLUB ALPINO ITALIANO, presenta al Monte dei Cappuccini una mostra di un pittore inglese contemporaneo, un nuovo e importante passo di un tragitto in continua evoluzione.
Julian Cooper è nato in Inghilterra, nel Lake District, nel 1947. Figlio dell’acquarellista William Heaton Cooper e della scultrice Ophelia Gordon Bell, nonché nipote del pittore post-impressionista Alfred Heaton Cooper, è stato inevitabilmente influenzato dalle correnti pittoriche orientate all’alpinismo e alla montagna.
Terminati gli studi artistici, ha vinto una borsa di studio e ha trascorso un anno presso la British School di Roma (1969-70), cogliendo l’occasione per visitare i più importanti musei italiani, francesi e olandesi. Rientrato a Londra, ha cominciato a propendere con sempre maggiore slancio verso la pittura e, ritornato a vivere nel Lake District, ha cominciato a lavorare su paesaggi reali, creando grandi composizioni di figure narrative.
Dagli inizi degli anni ’90, si è concentrato sulla ricerca di una forma di pittura che gli permettesse di sfruttare la sua esperienza di alpinista e rocciatore per rafforzare la pura e semplice esperienza visiva provata nell’osservazione del paesaggio. Ha realizzato quindi viaggi sulle principali catene montuose del mondo, senza trascurare le pareti di casa. Un percorso che lo ha portato a creare un proprio linguaggio specifico, tanto che oggi è considerato uno dei pittori contemporanei di paesaggi montani più originali ed interessanti.
La mostra allestita al Museo Nazionale della Montagna offre, per la prima volta, l’opportunità di ammirare insieme le tre serie più recenti delle sue opere. Ognuna ha per soggetto una montagna o un gruppo di montagne diverse, nelle quali si colgono soluzioni molto differenti al duplice problema della rappresentazione e dell’articolazione di rapporti e relazioni tra uomo e natura, riscontrati in regioni diverse del mondo. I dipinti di Cooper sull’Himalaya, realizzati fino al 2002, evocano un luogo quasi incontaminato dalla presenza umana. Il cosiddetto “grande anfiteatro nero†della parete Nord dell’Eiger, soggetto di una serie di tele a partire dal 2003, è accessibile solo a pochi, malgrado si trovi nel cuore delle Alpi; si tratta di una delle montagne oggetto di scalate tra le più famose al mondo, sulla quale si è scritto di più, e che da sempre richiama l’attenzione sia degli alpinisti che del grande pubblico. I quadri sulla cava dell’Honister Crag, cominciati nel 2003, raffigurano un elemento naturale che è stato completamente rimodellato dall’intervento dell’industria, anche se parados-salmente si trova nel cuore dell’incontaminato Lake District, in Inghilterra. Insieme, rappresentano un corpo di opere considere-vole e costituiscono una nuova forma di pittura paesaggistica, che si interessa simultaneamente al paesaggio come soggetto della vita e delle preoccupazioni contemporanee, temi con un ruolo centrale nell'arte pittorica degli ultimi cento anni.
La maggior parte delle trentasei opere esposte sono di grandi dimensioni e rappresentano un’elaborazione di piccoli studi sviluppati sul posto, fotografie e memorie. Si nota immediatamente la quasi totale assenza del cielo e la trasformazione dell'oggetto di osservazione, che passa dalla montagna nel suo insieme, dalla sua silhouette, all’esame ravvicinato di aree selezionate del terreno: la luce illumina le pieghe e le fessure delle pareti, i toni armonici caldi e freddi dei colori descrivono le forme della roccia e del ghiaccio. Mentre le opere realizzate sul posto sono riuscite a catturare sulla tela l’aspetto più superficiale e immediato delle vette, i quadri realizzati di ritorno dai viaggi toccano aspetti psicologici più profondi.
A livello formale, Cooper si concentra in particolare sul modo con il quale la superficie dipinta si articola nella sua opera, sperimentando nuovi metodi per stendere il colore, come l’utilizzo di pennelli con manici lunghi. Questi strumenti apportano fisicità all’opera, rispecchiando lo sforzo dell’alpinista: la sua capacità pittorica subisce i vincoli delle limitazioni tecniche e delle difficoltà che egli stesso si pone sul cammino, ostacolando così la produzione di un’immagine eccessivamente immediata. L’azione del pittore sulla superficie della tela mette in atto gli stessi processi ai quali il versante della montagna è soggetto: accumuli di materiali, erosioni, frane e valanghe.
Tutte le opere presentate dall’esposizione – tra queste una entra a far parte delle raccolte permanenti del Museomontagna - sono riprodotte nel Cahier Museomontagna n. 147, curato da Michael Richardson, con testi di approfondimento in italiano e inglese scritti dallo stesso Julian Cooper e da Ben Tufnell, conservatore presso la Tate Gallery di Londra (pagg. 96, Euro 12,00).
Museo Nazionale della Montagna
Via G. Giardino, 48 - Torino
10 GIUGNO – 18 SETTEMBRE 2005
UfficioStampa
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