Re-Birth. Sculture e installazioni. Nell'opera dell'artista i tempi del progetto e quelli dell'esecuzione si fondono in un processo di elaborazione formale e concettuale, che interpreta sia la tradizione della cultura visiva occidentale, sia alcune delle piu' intense manifestazioni della cultura orientale.
Re-Birth. Sculture e installazioni
a cura di Alessandra Borsetti Venier
Junko Imada è nata l’11 giugno 1971 a Kumamoto. Si laurea in Belle Arti nel 1994 e
consegue il Master in Scultura nel 1996 presso l’Università Statale della sua cittÃ
dove insegna, alla scuola media superiore, sino al 1996. Riceve numerosi premi al
Salone Arti Visive di Tokyo e di Kumamoto. Si trasferisce a Milano nel 1997 dopo
aver vinto una borsa di studio del Comune della sua città d’origine. Due anni dopo
vince il premio L.I.M.A. Nel 2000 partecipa al Japan Week di Heidelberg in Germania
e l’anno successivo è invitata dalla fabbrica di ceramica Mazzotti ad Albissola per
realizzare un’opera per il giardino museo. Qui l’artista concentra il suo lavoro
sulla forma e il significato di bozzolo, realizzando delle sculture in ceramica
dipinta: alcune appese su di un albero come i bozzoli di alcuni lepidotteri
giapponesi e un’altra, di grandi dimensioni, aperta a terra. Un’istallazione dove vi
sono crisalidi nel loro bozzolo che si contrappongono all’immagine di una farfalla
che ha spiccato il volo dopo aver forato il bozzolo in cui era rinchiusa, unica
testimonianza fisica della sua presenza. Junko Imada realizza con le sue opere il
kaiko, baco da seta e nel contempo il ricordo del tempo antico, come ci dice la
traduzione della parola giapponese. Sia nelle sculture che nei disegni, la giovane
artista realizza una vera e propria metamorfosi non solo nella rappresentazione del
baco, ma anche nei mezzi che utilizza per la loro realizzazione: ceramica, colore,
macchia, biacca. Nel 2002 partecipa con la Galleria Spaziotemporaneo al MiArt e
realizza una scultura per il Premio Groane. Il trofeo realizzato da Junko Imada ha
di nuovo come tema la metamorfosi: un’esile ed elegante figura, quasi una farfalla,
si erge da una massa ovoidale, rappresentazione del baco da seta. Metamorfosi che
per realizzarsi ha bisogno di tempo, altro tema fondamentale nel lavoro della
giovane artista giapponese. Il tempo diviene misura del perdurare delle cose
mutevoli e come ritmica successione delle fasi in cui si svolge il divenire della
natura, ovvero il ciclo di tempo necessario al baco per trasformarsi in farfalla. La
metamorfosi non avviene immediatamente, Junko ne è cosciente e pazientemente prepara
i telai su cui – nella bachicoltura – vengono posti i bachi dopo che il lepidottero
ha compiuto la sua vita larvale e ha preparato il suo bozzolo per trasformarsi in
crisalide. Ecco che nascono i nuovi lavori di Junko Imada, lunghi e leggerissimi
teli dove, in trasparenza, si vedono le larve di vario colore (che in natura cambia
a seconda delle razze come negli uomini) che passate le cinque fasi di
trasformazione, prossime alla fine della vita larvale si preparano – mature – a
tessere il bozzolo. Oppure si intravedono le crisalidi chiuse nel loro bozzolo e in
altre parti sembrano stiano per uscire per concludere la loro metamorfosi in
farfalla.
Junko Imada di Irene Cafarelli, 2003.
Junko Imada si affida alla leggerezza e alla molteplicità - dunque alla metamorfosi
- come filosofia e poesia: ciò significa, per la sua arte, scivolare sulle cose,
sulla vita, senza congelarne mai il divenire incessante. Ciò che fa Junko Imada è
muovere immagini, nel flusso ininterrotto di una coscienza tesa a comporre tali
immagini in un’unità , e insieme consapevole della loro irriducibilità ad essa,
dell’irrinunciabile ruolo del frammento, del dettaglio, della minuzia. Di qui il
forte senso di “apertura†di tutta l’opera della giovane artista giapponese,
strutturata come alternanza di senso e interruzione del senso; il suo profumo di
non-finito come in-finito, di mondo sospeso tra sensibilità e intelletto:
materialità leggerissima, che sfiora l’immateriale, corpo sottile delle immagini....
Un’arte che si dissemina in eventi, minimali, impercettibili, spesso svincolati
dall’accadere, dal divenire comunemente inteso.
Il vuoto che s’insinua nelle opere di Imada - trasparenza delle fibre, cavità delle
ceramiche, idea pervasiva dell’involucro, del bozzolo - esprime l’apertura
dell’opera, che allude a sua volta all’illimitato della natura. Il vuoto dunque
rappresenta la struttura relazionale e non sostanziale delle cose del mondo e della
mente. Il lavoro di Junko Imada tesse un reticolo, traccia una costellazione,
costruisce una pienezza trapunta di spazi vuoti, che non vanno subito colmati ma
vanno goduti come sono, liberi dallo scopo di creare un prodotto estetico, e rivolti
invece ad amplificare la risonanza di quell’atto creativo che arricchisce il
rapporto tra gli esseri. È un lavoro fatto di tocchi: il tocco, come scrive
splendidamente Barthes a proposito della pittura giapponese, è ciò che più evoca la
presenza del corpo: il peso e il gesto della mano che tocca e copre.
Nell’opera di Junko Imada, i tempi del progetto e quelli dell’esecuzione si fondono
in un processo di elaborazione formale e concettuale di notevole raffinatezza,
interessante anche per la capacità di interpretare con grande sensibilità sia la
tradizione della cultura visiva occidentale, sia alcune delle più intense
manifestazioni della cultura orientale. Proprio attraverso la trasfigurata ma
vivissima presenza del materiale (ceramica, gomma piuma, carta, lana e altre fibre)
viene infatti definito ed esaltato, in controcanto, anche il valore primario del
vuoto, nonché quello della forma, che il vuoto stesso contribuisce a disegnare. La
scultura di Junko Imada è tutta giocata sulla congiunzione di elementi opposti:
peso/leggerezza, pieno/vuoto, luce/ombra, opacità /trasparenza, ed esige che lo
sguardo si faccia totale ed affronti l’impatto con l’ambiente.
L’artista “disegna†nello spazio forme di rarefatta eleganza, alla cui origine si
avverte un gesto rapido ed efficace (che potrebbe essere legato al concetto zen di
immediatezza). Forme animate da un forte senso dinamico, il senso di una
circolazione illimitata di energia, ma che sottendono una ricerca di nitore formale
di stampo classico-occidentale. È un’intensa ricerca di valori tattili, percettivi,
emotivamente legati al fluire della luce che modifica i materiali passando
attraverso di essi come valore cangiante. La scultura assume così un ‘intonazione
misteriosa, emblematica, rinnovando il senso di un’interrogazione mitico-poetica
sull’origine dello spazio, della materia e della forma.
Un motivo caro a Junko Imada è quello del bozzolo del kaiko, il baco da seta: il
tema della metamorfosi, dunque, da bruco a farfalla, da materia a forma. Ma kaiko in
giapponese significa anche “ricordo del tempo anticoâ€: il tempo del mito?â€
Junko Imada: leggerezza, molteplicità , metamorfosi, Silvia Pegoraro, cat della
mostra MITO-LOGICA-MENTE, Borgo medievale Castelbasso, Teramo, 2003
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Intervengono:
Giovanna Iacampo Assessore alla Cultura di Pontassieve;
Sandra Landi Presidente Associazione Griseldascrittura;
Vittorio Biagini Presidente Laboratorio Nuova Buonarroti
·Presentazione dell’ABBECEDARIO N.12, libro d’artista della collana “Abbecedari per il 2000â€
con i testi di Claudio Di Scalzo e Gladys Basagoitia, e le opere visive di Junko Imada
·Presentazione del libro MATER, raccolta di poesie a cura di Cristina Landi,
collana “Gocce di Griseldascritturaâ€, Morgana Edizioni, 2005
·Letture di Gladys Basagoitia, Mariella Bettarini, Ruth Cardenas, Rosaria Lo Russo, Maria Pia Moschini, Chiara Riondino
Inaugurazione: sabato 25 giugno 2005 dalle 17 alle 23
La Barbagianna: una Casa per l'Arte Contemporanea
Via di Grignano 24, Pontassieve (Firenze)
Orario: 17 - 20 (solo su appuntamento)