Museo d'Arte Contemporanea Sannio - ARCOS
Benevento
corso Giuseppe Garibaldi, 1 (Palazzo della Prefettura)
0824 29919 FAX 0824 312506
WEB
Nasce arcos
dal 24/6/2005 al 25/7/2005
0824 29919
WEB
Segnalato da

Ufficio stampa Provincia Benevento




 
calendario eventi  :: 




24/6/2005

Nasce arcos

Museo d'Arte Contemporanea Sannio - ARCOS, Benevento

Inaugura il nuovo Museo d'Arte Contemporanea del Sannio con la mostra ...O luna tu... il notturno come spazio della fantasia, a cura di Danilo Eccher, con le opere di diciassette artisti contemporanei. Un affascinante viaggio tra generazioni, linguaggi e ricerche differenti, che assicurera' una disamina approfondita dei passaggi cruciali della storia dell'arte attuale.


comunicato stampa

Inaugura il nuovo Museo d'Arte Contemporanea del Sannio con la mostra ...O luna tu... il notturno come spazio della fantasia

Direttore artistico e responsabile della Mostra inaugurale Danilo Eccher

Premessa
In Benevento, alla sommità del Corso Garibaldi (un tempo: Via Magistrale), sulla destra, si erge su 4 livelli, compreso il seminterrato, un edificio di 74 metri di lunghezza e 43 di larghezza, due corti interne di circa 220 metri quadri ciascuna, per una superfice complessiva di 10.414 metri quadrati ed un volume di 89.100 metri cubi: è il Palazzo del Governo. Chi avesse la pazienza di ripercorrere le tappe principali che portarono a tale realizzazione ne ricaverebbe con buona approssimazione un quadro d’assieme di alcuni rilevanti aspetti storici, economici e sociali del Sannio nel passaggio cruciale dell’Unità d’Italia e degli anni successivi.

1. L’istituzione della Provincia di Benevento
E dunque: l'imponente struttura fu decisa alla fine del 1886 dalla Deputazione Provinciale di Benevento per farne la sede della Provincia di ancora fresca istituzione. L’ente, infatti, era stato creato il 25 ottobre del 1860 da Giuseppe Garibaldi (ma il Decreto fu firmato dal Pro-Dittatore Giorgio Pallavicino), mentre il Borbone ancora non si era arreso alle “camice rosse” ed, anzi, lo stesso destino della Spedizione dei Mille era incerto. Il Decreto del Pallavicino fu un omaggio da parte dei garibaldini anticlericali ai patrioti beneventani che il 3 settembre 1860, senza incontrare alcuna resistenza, dopo una marcia partita dalla vicina vallata vitulanese, avevano cacciato da Benevento il Rettore, cioè colui che governava la Città in nome e per conto del Papa-Re. Ed, in verità, l’impresa dei patrioti sanniti, sebbene nemmeno citata nei manuali scolastici, non era stata di poco conto: a testimoniarlo è il fatto che il dominio papale su Benevento, e solo su Benevento, enclave nel Regno di Napoli, durato quasi 800 anni, si era dissolto
nel giro di poche ore, mentre ben altri sforzi, un gran numero di vittime e molti anni furono necessari, nel resto d’Italia, per sancire la fine del potere temporale del Papa. I patrioti beneventani seppero, però, darsi molti più meriti di quanti la realtà storica avrebbe potuto loro concedere. Essi, infatti, fecero circolare ad arte a Napoli, dove i garibaldini si erano da poco insediati, una (molto benevola) interpretazione di quel “moto rivoluzionario” sannita e, coraggiosamente, la sottolinearono agli occhi dello stesso Garibaldi: la cacciata dei papalini dalla Città, secondo loro, aveva contribuito ad aggravare la posizione dell’esercito napoletano, indebolendone uno dei fianchi mentre era impegnato a difendere ciò che restava del Regno delle Due Sicilie. Garibaldi, evidentemente, finì col credere a questa vanagloriosa versione dei fatti: d’altra parte, alcuni giorni prima quel 3 settembre e, precisamente, il 15 agosto 1860, a Napoli, nel corso di una riunione del Comitato Centrale Unitario dei garibaldini fu stabilito che Benevento sarebbe diventata capoluogo di Provincia se i patrioti locali avessero aiutato l’impresa dei Mille. Centrato, dunque, l’obiettivo dei loro sogni (la Provincia di Benevento e l’Unità d’Italia), i patrioti locali, di fronte alla eccezionale gravità dei problemi socio-economici sul tappeto, si misero al lavoro (senza avere, in realtà, le idee chiarissime su cosa fare): essi, però, ritenevano che, proprio grazie alla neonata Provincia, fosse possibile per il Sannio riconquistare (“dopo nove secoli di oblivione delle nostre passate grandezze morali e di dominio”) un posto dignitoso nella storia italiana, se non proprio quello splendido vissuto al tempo di Benevento Capitale longobarda del Ducato, prima, Principato, poi; oppure di Benevento romana. Tra le iniziative messe in cantiere a tale scopo, la Deputazione Provinciale stanziò la rilevante somma di due milioni di lire per erigere appunto un nuovo edificio sul Corso Garibaldi: si riteneva, infatti, che la Provincia dovesse avere come propria sede una struttura di prestigio adeguata alla illustre storia del Sannio, di cui la neonata Istituzione (con un eccesso di
libertà) aveva finito con l’appropriarsi del nome. Sulla destinazione dell’edificio, tuttavia, la stessa Deputazione cambiò più volte idea: subito dopo averne deciso la costruzione, infatti, l’immobile fu destinato ad ospitare la Prefettura, al tempo allocata presso il vicino monumento longobardo-rinascimentale denominato Rocca dei Rettori, perché era appunto la sede dei governatori papalini; ma poco prima della sua consegna al Committente e della relativa Cerimonia d'inaugurazione, avvenute solo 24 anni dopo l’inizio dei lavori e cioè nel 1910, l’immobile fu nuovamente adibito a sede della Provincia; e, finalmente, negli anni '30, si decise di portarvi l'Ufficio territoriale del Governo, mentre la Provincia fu insediata alla Rocca dei Rettori, tanto che nel 1928 vi fu apposta una lapide in onore dell’Eroe dei Due Mondi.

2. La Regione Sannio
Tali incertezze e dietro-front furono dovute principalmente al progetto (peraltro rimasto solo sulla carta) del Governo Crispi di istituire i “distretti”, cioè nuove ripartizioni territoriali dell’Amministrazione dello Stato, prive dunque di autonomia decisionale, ma semplici bracci esecutivi dell’apparato centrale. L’obiettivo era tagliare i costi accorpando alcune Province: da 69 dovevano diventare 50. Il progetto fu capziosamente interpretato nel beneventano come un tentativo di istituire la Regione Sannio, con capitale Benevento, ricomprendente i territori occupati dalle diverse tribù degli Osci all’incirca 400 anni prima della nascita di Cristo: la cosa non era affatto vera ed, anzi, il concreto rischio era quello che Governo e Parlamento giungessero a sopprimere persino la neonata Provincia, che (nonostante il decreto del 17 febbraio 1861 per mano del Luogotenente generale del re, principe Eugenio di Savoia Carignano, confermativo del provvedimento garibaldino, ritenuto “politicamente scorretto” dalla Casa regnante torinese) continuava a suscitare aperta e forte ostilità soprattutto in Irpinia e Molise, cui erano stati sottratti numerosi Comuni, come dimostra a sufficienza l’aspro dibattito in Parlamento per la ratifica dei decreti istitutivi. La classe dirigente sannita, nel guardare con viva preoccupazione alle intenzioni del Governo Crispi circa i nuovi distretti, decise di giocare d’astuzia e di cambiare le carte in tavola: in sostanza, fece circolare la voce di voler offrire a Crispi su un piatto d’argento la sede adeguata, sia per spazi fisici che per forme architettoniche, per la fantomatica Regione Sannio. In realtà, il Governo non pensava affatto a creare enti autarchici territoriali - come li intendiamo noi oggi, dotati cioè di poteri reali di governo del territorio: il suo intento, piuttosto, era quello di “costruire” amministrativamente e culturalmente una Italia unita, senza derive di originalità localistiche, dopo tanti secoli di divisioni del Paese. I patrioti beneventani, però, pur nella fedeltà all’Unità nazionale, ritenevano la Regione Sannio (e, in subordine, la Provincia) un obiettivo irrinunciabile: e lo dimostra il fatto che tale battaglia andò avanti per decenni e non si esaurì nemmeno dopo ben due Guerre Mondiali, diventando argomento di accesa discussione anche in sede Costituente nel 1947. Ma torniamo all’edificio di Corso Garibaldi, che, tra tattiche e furbizie, faticosamente, veniva su. Il progetto era firmato dall'architetto Pietro Paolo Quaglia, prescelto tra 32 concorrenti al termine di un’apposita gara che vide in lizza anche elaborati dai nomi francamente improbabili: il Consiglio Provinciale diede il via libera definitivo al Quaglia nell'ottobre del 1893 e gli affidò anche la direzione dei lavori. La soluzione prescelta era “magniloquente” al punto che il Palazzo, se confrontato con le piccole costruzioni preesistenti, era un vero e proprio “intruso”, in quanto celebrazione di una supposta o auspicata grandeur beneventana che avrebbe dovuto cancellare le feroci, tragiche e devastanti manifestazioni (il brigantaggio, l’emigrazione, la povertà) del pesante malessere sociale, economico e civile che affliggeva la nuova Provincia. Che il Palazzo servisse a nascondere la polvere sotto il tappeto, lo dimostra l’idea ventilata nel corso della costruzione di abbattere, oltre alle modeste casupole circostanti l’immenso edificio, anche la stessa Rocca dei Rettori, che avrebbe potuto fare ombra all’imponente struttura governativa italiana. Ma, fortunatamente, lo scempio edilizio ed urbanistico che pure ci fu, non toccò l’opera del principe Arechi II e del papa Giovanni XXII: la realizzazione di una piazza o di uno slargo al servizio dell’"intruso" segnò il destino solo di alcune casette a ragione del fatto che il tratto terminale
del Corso Garibaldi sorgeva su un crinale con pendenze su entrambi i lati. Esperita la gara d'appalto, il cantiere del nuovo Palazzo fu aperto il 20 novembre 1895 dalla Ditta Pasquale Ciufici. Posata solennemente la Prima Pietra, i lavori però subirono numerose interruzioni. La prima fu quella del 30 gennaio 1898 a causa della morte del Quaglia: fu dunque necessario individuare il nuovo responsabile dei lavori nella persona dell'ing. Raffaele Canevari. Il quale, però, passò anch'egli a miglior vita neppure due anni dopo la nomina: sicché nel 1900 l'incarico di direzione fu assunto dall'ingegnere Spera, ma, per i soliti problemi di bilancio, la Provincia decretò il 28 giugno 1901 una sospensione dei lavori durata tre anni. Il cantiere fu riaperto, infatti, solo il 24 maggio 1904 con un nuovo direttore, l'arch. Nicola Breglia, ed una nuova proposta progettuale, approvata il 20 febbraio 1904. Finalmente, chiuso il cantiere del palazzo nel 1909, il nuovo edificio, in concomitanza del Cinquantenario dell'Unificazione Italiana e del Cinquantenario della nascita della Provincia di Benevento, fu inaugurato il 25 ottobre 1910. Il palazzo era stato ultimato, ma i gravi problemi socio-economici non erano stati rimossi, come disse un ormai disilluso Salvatore Rampone, uno dei protagonisti della marcia del 1860, che in occasione dei festeggiamenti del Cinquantenario, raccomandò al Ministro in visita ufficiale in città di non dimenticarsi di Benevento, perché questa - disse - aveva “ancora tanto bisogno dell’opera del governo”.

3. I Sotterranei di un imponente Palazzo
Passano gli anni. Anche Benevento entra nel vortice della Seconda Guerra Mondiale. I Sotterranei del Palazzo del Governo, a ragione della loro vastità e delle volte anche di cinque metri di altezza, divennero rifugio antiaereo e deposito materiali di soccorso alle popolazioni, residuati bellici, travi di puntellamento, materiali di risulta, etc. Nel 1943 (qualche giorno prima e molti giorni dopo l'8 settembre, cioè dell’Armistizio e dell’incomprensibile messaggio agli italiani da parte del Capo del Governo generale Badoglio) la Città subì pesanti, ripetuti (ed insensati) bombardamenti da parte dell'aviazione anglo-americana, peraltro senza la benché minima azione di contrasto da parte degli attaccati: tremila circa furono le vittime, la quasi totalità civili ed italiane, mentre i militari tedeschi che occupavano il Sannio (probabili obiettivi degli aerei alleati) ne uscirono indenni, anche perché nonostante la virulenza degli attacchi, le vie di fuga dal Sannio (altro probabile obiettivo delle azioni di guerra alleate) restarono intatte. Mentre il Palazzo del Governo, l'Arco di Traiano, la Rocca dei Rettori ed altri edifici si salvarono, furono invece rasi al suolo il centro storico di Benevento, la Stazione ferroviaria, alcuni opifici, la Fabbrica di costruzioni aeronautiche: ed in ricordo di quella tragedia, la Città fu insignita il 15
giugno 1967 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat della Medaglia d'oro al valor Civile. Passano altri anni. Quasi nessuno, dopo i tragici eventi del 1943, era più sceso nei Sotterranei dell’edificio di proprietà della Provincia, ma sede della Prefettura. I pochi che lo avevano fatto vi avevano accumulato altro materiale dismesso, non sapendo come meglio disfarsene: occorre tener presente, infatti, che all'ultimo piano del Palazzo per anni furono attive numerose aule di un Istituto scolastico con centinaia di studenti, docenti e addetti amministrativi che "producevano" mobili, lavagne, cattedre e banchi sfasciati; incartamenti ingombranti; etc. Di fatto, i Sotterranei furono abbandonati al loro destino con le conseguenze facilmente immaginabili. Indubbiamente occorreva fare qualcosa; ma più passava il tempo più diventata complicato e costoso intervenire. Il progetto di recupero degli oltre 1.500 metri quadrati dei Sotterranei fu avviato solo nel 1999, quando il presidente della Provincia Carmine Nardone, da poco eletto, decise di ridare un ruolo dignitoso ed una funzione prestigiosa al sottosuolo dell'immenso edificio. Dopo la bonifica, che richiese alcuni mesi di lavoro, egli pensò di adibire i Sotterranei a Museo d'arte contemporanea. Il relativo progetto fu presentato dalla Provincia alla Regione Campania che lo approvò e finanziò con oltre 1,800 milioni di Euro e altrettanti ne mobilitò la stessa Rocca dei Rettori. Si cominciò nel 2001 a lavorare nei Sotterranei, sotto la direzione dell'arch. Vittorio Maria Berruti e la supervisione del Settore Tecnico e di quello Edilizia e Patrimonio della Provincia, retti rispettivamente dall'ing. Angelo Fuschini e dall’ing. Valentino Melillo, con la collaborazione dell’ing. Angelo D’Angelo. Rispetto al progetto originario vennero successivamente apportate alcune modifiche, soprattutto perché si venne a scoprire un'altra faccenda singolare e sconcertante: il Palazzo non era allacciato all'impianto fognario cittadino. Alle necessità igieniche, infatti, si provvedeva con 6 vasche di decantazione e 8 pozzi aerei tutti collocati all'interno della struttura negli angoli dell'immenso edificio: tali vasche, ormai, a 90 anni dall’inaugurazione, si erano quasi riempite del tutto di liquami - sicché, prima o poi, sarebbe scoppiato un clamoroso caso sanitario. Fu dunque realizzato un allaccio al sistema fognario cittadino ed un complesso sistema di aerazione. Il Museo vero e proprio, intanto, fu portato dai 970 metri quadrati originariamente previsti agli attuali 1.540; i servizi dai 270 a 500, con ulteriori 100 metri quadrati circa per zona deposito ed, infine, una Saletta multimediale per 50-60 posti a sedere, una buvette al piano terra, una libreria di circa 70 metri quadrati. Particolarmente interessante è stato il recupero delle grandi volte in tufo, riportate all'aspetto originario: pertanto, è oggi possibile ammirare la maestria degli operai di un tempo che avevano creato, con un materiale "povero", delle volte ad un tempo severe e suggestive. Nel frattempo, nel dicembre 2003, la proprietà del Palazzo di Prefettura cambiò: la Provincia infatti cedette l'immobile al Demanio, con l'eccezione proprio dei Sotterranei, di cui ha conservato la titolarità, avendone in permuta, alla pari, il complesso della ex Caserma Guidoni sito al Viale Atlantici di Benevento. Il valore dell'operazione fu stimato in oltre 15,600 milioni di Euro.

4. Un Museo di nome “Arcos”
Il Museo nei Sotterranei è stato chiamato ARCOS, acronimo per "Arte Contemporanea Sannio": il nome è stato scelto da 740 Internet-elettori che hanno partecipato ad un sondaggio on-line promosso dal sito web della Provincia di Benevento. La Mostra inaugurale di Arcos, dal titolo “...O luna tu... il notturno come spazio della fantasia”, è stata affidata al prof. Danilo Eccher, uno dei più noti critici d'arte italiani. I Sotterranei del Palazzo di Prefettura diventano dunque un nuovo, importante polo culturale cittadino in un circuito di grande prestigio nel cuore storico della Città. Il percorso, infatti, comprende il Museo del Sannio, l' Hortus Conclusus del Maestro Mimmo Paladino, la Biblioteca provinciale “Antonio Mellusi” al Palazzo Terragnoli, l'Arco di Traiano ed il Museo "I Racconti dell'Arco" presso la Chiesa di S. Ilario a Port'Aurea, Il Duomo coni suoi beni artistici e storici, il Teatro Romano, il Ponte Leproso, altri beni ancora quale, ad esempio, l'ex Convento San Felice. Il Sannio ha una prestigiosa tradizione artistica. A partire, poi, dagli anni del "boom" economico, ha visto fiorire, in particolare attorno al Liceo Artistico, istituito il 1° ottobre 1963, ed autentico incubatore di feconde ed innovative espressioni creative, una nidiata di prestigiosi animatori della scena non solo italiana, ma addirittura internazionale. Traguardi lusinghieri sono stati raggiunti da Mimmo Paladino, Luigi Mainolfi, Enzo Esposito, Massimo Rao, Nicola De Maria. In tale contesto, il Museo coinvolgerà anche l'esterno dei Sotterranei, cioè altri spazi ed altri poli culturali ed offrirà una panoramica approfondita e variegata della più recente produzione artistica italiana, focalizzando in particolare l'attenzione sugli ultimi 40 anni della ricerca creativa. Sono stati infatti selezionati i lavori di alcuni protagonisti dell'arte povera e concettuale degli anni '60; dell'esperienza dei "tableaux vivants"; della transavanguardia che nasce negli anni '70-'80; della nuova scuola romana fino alle esperienze più recenti. La Mostra, pertanto, sarà un affascinante viaggio tra generazioni, linguaggi e ricerche differenti: ovviamente, non sarà esaustiva (come potrebbe esserlo?), ma assicurerà una disamina approfondita dei passaggi cruciali della storia artistica contemporanea.

In mostra:
Giovanni Anselmo, Atelier van Lieshout, Domenico Bianchi, Pedro Cabrita Reis, Gianni Dessì, Avish Khebrehzadeh, Nunzio, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giuseppe Penone, Perino & Vele, Peppe Perone, Lucio Perone, Khalil Rabah, Remo Salvadori, Erwin Wurm, Gilberto Zorio.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da CHARTA, in italiano e inglese, corredato da una ricca selezione di immagini degli artisti invitati, da un saggio del curatore della mostra Danilo Eccher, da un testo critico di Claudia Gioia e dai contributi di 18 giovani critici e curatori.

Inaugurazione: 25 giugno 2005, ore 18.30

arcos Museo d'Arte Contemporanea del Sannio
Palazzo della Prefettura
corso Garibaldi
Benevento

IN ARCHIVIO [20]
Mario Persico
dal 24/6/2015 al 6/9/2015

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede