In concomitanza con la settimana di MilanoModa. Con la mostra si cerca di trasmettere un senso di magica poverta'. Non una carrellata di lussi e di fasti, ma la nudita' dei corpi o delle vesti nel loro senso piu' articolato. Le 11 artiste presenti formano e sformano il nudo cercando corpi assenti o prosperosi, vestiti frantumati o gocciolanti, svestiti dal loro abituale sguardo.
In concomitanza con la settimana di MilanoModa.
A cura di Donatella Airoldi
Bisogna essere furbi e arricchire sconsideratamente l’esteriore affinchè la stima alzi il suo bordo. Essere come i tacchini ripieni, televisione satellitare, ricchi indumenti firmati che vestono corpi tempestati d’argento con le certezze a portata di piede.
O essere svestiti di ogni dominio, ogni ricchezza formale, l’abitazione di proprietà , l’abito con le pajettes, la casa al mare, il box di lusso in zona centrale, per raggiungere la povertà assoluta di tutti i beni capestro della vita.
Si chiamava Rosalia. Nei due carrelli da supermercato che si portava sempre appresso aveva tutta la sua vita: sacchetti di plastica, giornali, maglie, cappotti, ogni ben di dio. Guai a chi si avvicinava. Minacciosa mandava fulmini con lo sguardo e come in un incubo mandava al muro l’incauto che aveva osato varcare il confine del suo spazio vitale. Era giovane e mal lavata, un odore nauseabondo, ma è quello che voleva, allontanare da sé il mondo. I negozianti non potevano più sopportarla e per questo poteva godere sfacciatamente di una libertà che solo a lei era dato di respirare. Occupava ogni volta con i suoi carrelli pieni di avanzi e di ricordi l’ingresso di un negozio o la strada vicina e le macchine rombanti facevano da sottofondo musicali alle sue danze mentre una mitica musica scorreva ad alto volume nei suoi occhi azzurri. A volte pensava di essere Brigitte Bardot o Sharon Stone e sfilava, bella e affascinante, con decine di abiti affollati su di sé, magicamente scomposti. Incedeva come una grande diva holliwoodiana e la sua vita era assolutamente sua.
Con la mostra ‘Svestiti’ si è cercato di trasmettere proprio questo senso di magica povertà . Non una carrellata di lussi e di fasti, ma la nudità dei corpi o delle vesti nel suo senso più articolato e profondo, vera protagonista di incondizionata ricchezza, ben al di là degli stereotipi commercial-estetizzanti.
Le undici artiste presenti formano e sformano il nudo cercando corpi assenti o prosperosi, vestiti frantumati o gocciolanti di metallo prezioso, svestiti dal loro abituale sguardo addomesticato, maliziose seduzioni per essere un’attrazione a volte di crudeltà sopraffina. Originalità del nudo, o del corpo che non c’è, placata nel tempo, che accede a via furtive per essere accattivante.
Sapere sintetizzare la fotosintesi del piacere appare vorace sentimento, crudele, di sapori raffinati, compiacenti, svogliati, increduli, incapaci di formulare qualsiasi pensiero che non sia imprigionato in secche stanze di disappunto.
Sono emozioni che sgorgano da tombini distratti, rubinetti d’oro orientali che grondano umidità ma che ripiegano nelle loro curve sinuose docili giochi sciupati. Movimenti lenti, graduati, inverosimilmente sottovoce, silentemente sospesi come dolci vite che attendono il proprio compenso di peccato.
Atroce moda che modifica vite semplici in arricchiti sparvieri, capaci di sottoscrivere contratti miliardari solo per variopinti tessuti, sparati nelle televisioni globali, persino nei telegiornali, incapaci di camminare se non in passerella, svendendo umane bollicine di champagne. E ti lasciano sempre svestita, ti ritrovi in ogni copertina sfilacciata, odorosa di carne sensibile, con la plastica appiccicata al viso, vorresti strapparlo coi denti, ma è poco educato. Corri ragazza corri, è il tuo momento di gloria, sfrutta ogni respiro perché magari è quello buono, senza asfalto nei denti.
Rinnovare continuamente abiti stinti di pioggia e fango, correre chiamando incurantemente ogni lingua con il suo distratto nome.
Ingurgitare cibo di ogni genere sperando in una redenzione divina. Assaporare piccole gocce di pelle stinta dal sole con la speranza che il paese si muova. Migrare in paesi caldi con la certezza illusoria di non pagare affitti scottanti riciclando dollari verdi all’insaputa dei fedeli mussulmani.
Svestiti di ogni cosa, ricchezza, successo, potere, visibilità , falsità incorporea. Scegli di garantirti un respiro vitale con spalti appaltati da bussole spinose sopite. Conficca graffi incapsulati d’argento con ricchi denti zingareschi nel primo corpo contiguo.
Girovagare con assenza di corpi che non porti più appresso ma lasci legati a qualche ciclomotore.
Svestiti del corpo. Forse come le verità di quei pazienti psicotici, o di coloro che sono usciti dal coma, che raccontano di aver visto il proprio corpo allontanarsi, spostarsi, arroventarsi o volare, quel corpo che ognuno di noi vede ogni giorno imprigionato nel cerchio dello specchio.
Spogliarsi di tutto per sentirsi più liberi.
Amaro in bocca. Svestiti.
L’arte porge la guancia per un bacio spogliato.
Quintocortile
Viale Col di Lana 8 - 20136 Milano
Orario: tutti i giorni dalle 17,30 alle 19,30