Corrispondenze e Riflessi. L'artista rivolge la sua attenzione allo spazio. Le opere vengono proiettate verso l'esterno creando un dialogo serrato, fatto di rimbalzi, di corrispondenze, di riflessi. Ogni elemento, sia segno o materiale, tende a uscire invadendo altri spazi; il lavoro e le forze da esso generate continuano nello spazio attorno. Sono esposte opere degli anni '90.
Corrispondenze e Riflessi
Dopo la grande retrospettiva tenutasi alla Promotrice di Torino nel 2001 Marco Gastini (Torino, 1938) presenta per la prima volta a Roma, alla Galleria dell’Oca, una selezione di opere che va dal Senza titolo del 1969 alle opere più recenti del 2005.
Gastini rivolge da sempre la sua attenzione allo spazio, le opere vengono lanciate verso l’esterno creando un dialogo serrato, fatto di rimbalzi, di corrispondenze, di riflessi. E’ un gioco di equilibri e di “coseâ€, in bilico “siano queste pensieri, azioni o segni che stanno per muoversi, come in sospensione, in attesa ...†che sfuggono in continuazione, mai statiche. La pesantezza del ferro e la forte matericità del colore contrasta con il gioco di luci e di piani che si crea tra e nelle opere. Ogni elemento, sia segno o materiale, tende a uscire invadendo altri spazi; il lavoro e le forze da esso generate continuano nello spazio attorno, determinante e vitale.
Il rapporto si crea con lo spettatore, nel momento in cui entra in contatto con l’opera: diventa attore creando quella tensione armonica che solitamente nasce a teatro. E’ un impatto diretto tra due vite: l’opera d’arte perde irrimediabilmente un elemento della sua segretezza, per donarlo.
Questo campo energetico si sviluppa nell’estremo atto creativo dell’artista: “La vitalità si raggruma come per disegnare l’energia, che dipinge in segni che prendono ‘il volo’ e si tendono su tutto il lavoro e fuori da questo.†(M. Gastini)
Marco Gastini ha configurato nuovamente lo spazio di questa galleria, come con l’opera Senza titolo del 1969, composta di piccole fusioni in piombo e antimonio, impresse sul muro. La stessa opera, esposta per la prima volta nel Salone dell’Annunciata di Milano, nel 1970, vive in quel determinato luogo e lo connota ogni volta in maniera differente, lasciando esprimere la natura del luogo.
Come di rimbalzo veniamo condotti in un’altra stanza di fronte ad un’opera, questa volta su plexiglas, Due del 1972: una macchia, una sorta di nuvola graffiata sospesa nell’ambiente. E ancora, un lavoro del 1972 nello spazio di un muro: Disegno, un tracciato con dei punti che seguono griglie ortogonali di differenti dimensioni dove l’instabilità che si attua crea lo spazio di immersione. Queste opere essenziali nella loro natura coniugano il segno e il supporto dialogando contemporaneamente con lo spazio.
Nei decenni successivi l’artista compie più decisive incursioni nella pittura, unendo la classica tela ai materiali più disparati come il tondino di ferro, il vetro, il gesso e pietre naturali. Le opere di questo periodo non hanno perso la loro connotazione scultorea.
Così nascono le opere qui esposte: in Canto nel Blu del 1996, il colore si allarga oltre i suoi confini e richiama come in un susseguirsi di echi i lavori più recenti, concepiti in relazione agli elementi dell’aria, dell’acqua, del fuoco e della terra (Apeiron 2, 2005; Oltre l’eco, 2003-2005). Tutto nasce da una forza centripeta e centrifuga al contempo, il blu oltremare si spande, levita oltre la materia, per concentrarsi poi nel nucleo vivo della creazione.
Galleria dell'Oca
Via della Mercede 12/a - Roma