Fra i protagonisti che animano i dipinti dell'artista figure di uomini dalle forme squadrate ed animali domestici. Alle loro spalle si disegnano paesaggi scarni e illuminati dal sole.
Memorie e realtÃ
Gino Garrone esordisce nel 1974 con una mostra Personale presso la galleria Pleiadi, partecipando
contemporaneamente al concorso Noèl en Vallè d’Aoste che richiama significativamente presenze
da tutto il Piemonte e oltre; è Nera Carando a infaticabilmente tessere le trame di una manifestazione
dalla quale scaturisce la raccolta d’arte del comune di Saint Vincent.
Il Piemonte Artistico e Culturale e i concorsi di Donnaz, Aosta e Santhià ospitano e premiano successivamente
opere di questo artista originario delle Langhe, che soggiorna a lungo in Sicilia; quindi la partecipazione alla
III Biennale mondiale di Arte Sacra a San Giovanni Rotondo (I° premio) e l’invito a esporre, con altri
cinquanta artisti, in occasione del Cinquantenario Avis.
Commenta la produzione di Garrone lo scrittore e poeta piemontese Camillo Brero che - in una
presentazione tradotta anche in italiano scrive:
“E’ la figura dell’uomo nelle sue espressioni impegnate, nel vivere di tutti i giorni: una figura
dal raro sorriso, sovente severa e cruda, che richiama quella del contadino roso dal sole e dalla faticaâ€.
Anche Giò Reverdini è attratto dalle vigorose immagini che Garrone dipinge,
opere dalle quali trapela un “significativo amore per la natura dove l’uomo ed i prodotti della terra
paiono volersi unificare in un eloquente colloquio ... apportatore di intense serenità â€.
Ritorniamo nell’atelier di Gino a distanza di una decina di anni, dopo la mostra organizzata presso
il Circolo Ufficiali di Torino, per ammirare dipinti bilanciati fra la scena espressionista della Mattanza - uomini che lottano con il
mare e con gli eventi della natura, in un susseguirsi di espressioni e gesti ripetuti nell’arco dei secoli -
e i paesaggi invernali della Langa: borghi dimenticati che si adagiano sul pendio di uno di quei colli amati
e sofferti da tanti scrittori che della terra confinante con la Liguria avvertono i sentimenti del lavoro, della quotidiana
fatica e la bellezza infinita del paesaggio.
Derivano di qui opere come La fienagione - un rincorrersi di colli che via, via sfumano verso l’azzurro
del cielo - Le robiole, con la figura di un vecchio contadino che propone i prodotti
della natìa Murazzano.
Per meglio accostarsi al sentimento degli uomini talvolta Gino Garrone guarda al passato;
è così che ritroviamo nel suo studio un’opera d’apres ispirata a una delle più belle Vergini
dipinte da Caravaggio, resa pittoricamente con intensi rapporti fra le ombre crude e
l’evidenziarsi dei sentimenti; sono le medesime ombre che aniamano due figure
femminili ammantate di nero che - in L’incontro - significano il ripetersi di arcane memorie.
Anche l’irrinunciabile esempio dei classici del Ventesimo secolo attrae Garrone
che - in Omaggio a Casorati - dispone su di un foglio di giornale poche mele
che proiettano marcate ombre nello spazio.
Fra i protagonisti che animano i dipinti di Garrone - accanto alla figura di uomini dalle essenziali
forme, squadrati, dallo sguardo che il littore indovina piuttosto che non veder espresso -
ecco gli animali di casa, dalla bella gattina bianca alla cagnetta Minima, a quel Lucky che abbiamo tante volte incontrato
lungo l’antica strada reale per Rivoli.
Alle spalle dei protagonisti si disegnano sempre dei paesaggi scarni, illuminati dal sole,
con colline, specchi d’acqua, alberi che germogliano a primavera, tramonti che consentono al pittore
di registrare una felice gamma di rossi, di terre di Siena che si spengono nei bruni.
Tutti i personaggi amati e dipinti da Garrone fanno parte del bagaglio di ricordi
che sedimenta nella memoria non solo le espressioni dgli uomini ma altresì borghi e le bianchissime
case del Sud; nascono opere quali l’Uomo con ombrello, il Bevitore, uomini che sembrano
vivere su di una spiaggia oppure sul gradino di una via, da sempre e per sempre. Molto belle sono le opere
nelle quali il paesaggio domina incontrastato; strade delimitate da candide e geometriche costruzioni
infra le quali si insinuano metafisiche ombre, grappoli di case profilate contro il cielo azzurro -
una sola finestra rossa parla di possibili esistenze - oppure un arco antico oltre il quale si disegna la luce
proiettata oltre la porta d’ingresso; una luna che ha rubato il colore al sole, il ciuffo di un albero
oltre il muro di cinta, attendono la presenza di un uomo che forse non arriverà mai.
La tecnica usata da Gino Garrone è sapiente e tersa, nella prospettiva come nella esecuzione materiale
del dipinto; sono opere che coinvolgono lo spettatore che ammira ora le grandi figure femminili intente al
lavoro, le adolescenti, i gruppi di famiglia, i bevitori, ora i vecchi che recano impressa sul volto i segni di una
fatica antica.
Chiediamo a Garrone, prima di congedarci, quali siano stati i suoi maestri; ne citiamo uno solo,
Dante Selva, che gli ha insegnato a vedere il vero. (Gian Giorgio Massara)
Galleria Calandra
via F.lli Calandra 8 - Torino