I Nuba. Le immagini del fotografo si situano in continuita' con quelle di George Rodger, Leni Riefenstahl e Francesco Zizola. Immagini che da un lato esprimono forza, con i volti nobili, le rocce, la lotta, e dall'altro la dolcezza, il canto, la danza, la poesia, il senso artistico di questa popolazione.
I Nuba
I Nuba sono un mito che si rifiuta di morire. I guerrieri e i lottatori nuba non
sono più quelli delle foto di George Rodger e di Leni Riefenstahl. Non si
dipingono più il corpo con le figure geometriche che la Riefenstahl ha reso
famose, non tutti hanno il fisico del vincitore portato sulle spalle del vinto
della foto-simbolo di Rodger. Ma continuano a lottare, impegnati nella difesa
della loro dignità di persone umane contro un regime che vuole annientarli.
Visitare i nuba è importante, non solo perché rappresentano uno degli ultimi miti
dell'Africa, ma perché l'incanto dell'ambiente naturale delle Montagne Nuba,
questi torrioni che si elevano sopra un mare di colline e l'architettura dei
villaggi, con le loro case di pietra in cima a colline terrazzate, aiutano a
capire l'animo di questa gente forte che nei secoli ha tenuto vivo l'orgoglio di
essere africana. Fra i nuba si distinguono oltre cinquanta gruppi etnici, eppure questa gran
varietà culturale all'interno di un gruppo umano che non raggiunge i due milioni
di persone, non ostacola il senso di una comune identità . Alla domanda "A che
popolo appartieni?" la risposta non sarà mai "Sono un tira, o un otoro, o
tullishi, o moro, o miri" ma un orgoglioso "Io sono nuba".
Paradossalmente, l'identità nuba è nata dall'oppressione che costituisce la
fondamentale esperienza storica di questo popolo. Nuba è una parola che non esiste
in nessuna lingua locale, ma è stata usata per secoli in Egitto e nel Nord Sudan
per definire le genti nere, considerate potenziali schiavi. Nonostante
l'isolamento, i nuba hanno subito un processo di islamizzazione, che è avvenuto
spontaneamente, soprattutto all'inizio di questo secolo.
L'amministrazione britannica nel 1922 con la Closed District Ordinance isolò i
nuba, sanzionando un dato di fatto. Ma se nessuno entrava nella zona delle
Montagne Nuba, non era proibito ai nuba di andare a cercare lavoro a El Obeid e
Khartoum. Molti ritornarono islamizzati, e iniziarono un processo che poi fu
continuato dai mercanti arabi, al punto che oggi l'Islam, nella sua forma
"africanizzata" - cioè tollerante e con elementi della tradizione africana - è la
religione di almeno il 40% dei nuba.
Le terre dei nuba sono le più fertili del Nord Sudan, escludendo solo le sponde
del Nilo. E alcuni dei gruppi etnici nuba sono tra i migliori agricoltori
dell'Africa. Sono però le vaste terre ondulate alle base delle montagne che hanno
attirato l'attenzione degli uomini politici e dei ricchi commercianti di Khartoum.
Così negli anni settanta, con grandi prestiti delle banche islamiche, la borghesia
di Khartoum cominciò a spartirsi le terre nuba e ad introdurre l'agricoltura
meccanizzata per la coltivazione di cotone, sorgo, tabacco, arachidi, sesamo. La
presenza di queste vaste fattorie, di migliaia di ettari, inasprì le relazioni fra
gli arabi e i nuba. I tribunali diedero sempre ragione agli arabi immigrati contro
i nuba, che non solo perdevano metodicamente tutti i casi in tribunale, ma
vedevano la polizia e l'esercito mettersi al servizio dei mercanti arabi e
diventare i principali attori dei soprusi contro di loro.
Questo fu probabilmente il fattore più importante che fece crescere il malcontento
dei nuba e li preparò ad accettare lo SPLA/M come una risposta alla prepotenza di
chi voleva impossessarsi delle loro terre. A questa disputa di natura prettamente economica il governo diede una copertura religiosa, culminata nel 1992 con la proclamazione della Jihad, guerra santa, contro i "ribelli infedeli, nemici della religione e della nazione".
Nel caso nuba si parla di un genocidio consumato non necessariamente con
l'eliminazione fisica della gente, ma con l'annientamento della loro identitÃ
culturale e con la trasformazione genetica. Nei "campi della pace" i bambini nuba
venivano separati dalla famiglia e istruiti nel musulmanesimo più fondamentalista
per fare le guerra santa contro i loro connazionali, e le donne venivano
sistematicamente violentate, così che la prossima generazione Nuba fosse anche
geneticamente più araba che nuba.
Ma la lotta dei nuba, la loro voglia di dignità e di indipendenza non appartengono
solo al passato. In questo i nuba sono fedeli al mito.
Le immagini di David Stewart-Smith si situano in continuità con quelle di George
Rodger, Leni Riefenstahl e più tardi Francesco Zizola. Immagini che da un lato
esprimono forza, con i volti nobili, le rocce, la lotta, e dall'altro la dolcezza,
il canto, la danza, la poesia, il senso artistico di questa gente che si rifiuta
di morire. Di Renato Kizito Sesana dall'introduzione del calendario Amani 1998
Dal 19 gennaio 2002 sulle Montagne Nuba è in vigore un cessate il fuoco firmato a
Bürgenstock in Svizzera dal Governo di Khartoum e il movimento ribelle SPLA/M con
la mediazione degli Stati Uniti che ha interrotto il brutale genocidio fino ad
allora in atto. Attualmente ci troviamo nella fase finale di un negoziato di pace
apertosi nel luglio 2002 a Machakos, in Kenya, dove le parti in lotta hanno
trovato accordo su tutti i protocolli previsti ma devono ancora apporre quella
firma che sancirà , almeno sulla carta, la pace in Sudan.
Cos'è Amani?
Amani che in kiswahili vuol dire pace è un'associazione laica ispirata e fondata
tra gli altri dal padre comboniano Renato Kizito Sesana.
Amani è una Organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari
esteri.
Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane seguendo
queste due regole fondamentali:
1 curare lo sviluppo di un numero ristretto di progetti, in modo da poter
mantenere la sua azione su base prevalentemente volontaria per contenere i costi a
carico dei donatori.
2 affidare ogni progetto ed ogni iniziativa sul territorio africano solo ed
esclusivamente a persone del luogo.
A conferma di questo molti degli interventi di Amani sono stati ispirati da un
gruppo di giovani africani riuniti nella comunità di Koinonia.
Le principali attività di Amani sono le due case di accoglienza per i bambini e le
bambine di strada di Nairobi in Kenya, Kivuli e Casa di Anita; Mthunzi Centre, un
progetto per i bambini di strada di Lusaka in Zambia; la difesa del popolo Nuba in
Sudan, vittima di un vero e proprio genocidio.
Inoltre, Amani sostiene News from Africa un'agenzia di stampa redatta interamente
da giovani giornalisti e scrittori africani, una piccola scuola in Kenya nel
poverissimo quartiere di Kibera, e una compagnia di giovani attori che lavorano
per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti: l'Amani People's
Theater.
BIOGRAFIA
David Stewart-Smith iniziò a lavorare come foto-giornalista in Afghanistan. Nel
1987 viaggia insieme alle forze Mujhadeen per fotografare la guerra contro le
milizie sovietiche. Ci vogliono tre mesi per portare a termine il lavoro e le foto
vengono pubblicate da Time Magazine, The Sunday Times e Philadelphia Inquirer. Da
allora è stato in Afghanistan altre cinque volte tra il 1988 e il 1995. I suoi
servizi vengono pubblicati da The New York Times Magazine, The Guardian, The Daily
Telegraph, The Times and Sunday Times, Us News, World Report e The Independent.
Lavora spesso in paesi come Birmania, Cambogia, Vietnam, Somalia, Rwanda, Sudan e
Bosnia. Il suo approccio fotografico privilegia situazioni pressoché ignorate
dalla stampa internazionale. Come scatta fotografie da reportage giornalistico,
così fotografa episodi significativi e ritratti. Uno dei suoi incarichi lo hanno
portato in Sudan, dove ha vissuto e lavorato con le popolazioni dei Monti Nuba,
immortalando la loro straordinaria cultura e la guerra continua contro le forze
governative islamiche. The Sunday Times pubblica un reportage in bianco e nero di
otto pagine nel maggio del 1996.
Un altro aspetto del suo lavoro riguarda il suo legame costante con diverse
organizzazioni umanitarie internazionali. Negli ultimi nove anni ha lavorato con
organizzazioni come Save The Children Fund, il Comitato Internazionale della Croce
Rossa, Amnesty International, Catholic Aid For Overseas Development e Care
International. Questo gli ha agevolato spesso l'ingresso in paesi e regioni
altrimenti irraggiungibili.
Le sue foto vengono utilizzate dalle organizzazioni umanitarie per raccogliere
fondi e per campagne di sensibilizzazione locali.
Oltre a lavorare all'estero, David collabora regolarmente in Gran Bretagna con
quotidiani nazionali e società di design e pubbliche relazioni.
David Stewart-Smith e i Nuba
1995
Vive e lavora insieme al popolo Nuba durante i mesi di ottobre, novembre e
dicembre. Riceve l'incarico da National Geographic Magazine (USA) di fotografare
la loro lotta tradizionale, unica al mondo. Sia Sunday Times che French Geo
Magazine pubblicano servizi in bianco e nero sui Nuba. Inoltre documenta la loro
cultura per un suo progetto a lungo termine.
1999
Cinquant'anni dopo che George Rodger ha scattato la famosa fotografia del
lottatore Nuba sulla spalla di un rivale, David ritorna nello stesso luogo per
fotografare la lotta di oggi. Life Magazine e la rivista Saturday Independent
pubblicano le foto.
2000
Grazie alle fotografie scattate sui Monti Nuba vince il terzo premio del World
Press Photo nella sezione Stories.
Inaugurazione: 20 novembre - ore 11.00 (seguirà rinfresco)
Villa Marazzi
Via Dante, 47 - Cesano Boscone (MI)
Orario: Giovedì e Venerdì: dalle 17.00 alle 19.00. Sabato e Domenica: dalle 10.00 alle 12.00 - dalle 17.00 alle 19.00
Ingresso libero