La mostra 'Deserts' raccoglie 10 tele monumentali dedicate al deserto realizzate da Schifano nel 1984 per il Royal Cultural Center di Amman del Re Hussein di Giordania, si tratta soprattutto di paesaggi ispirati dai ricordi della sua infanzia. Pittore astratto, sedotto dalla pop art e dall'iperrealismo, l'artista dipinge il deserto non come una distesa sconfinata e arida, ma come un giardino che esplode di colori e in perpetua trasformazione. In questi lavori l'artista marca le sue radici africane utilizzando smalti, sabbie e terra.
Mario Schifano e il deserto, un binomio che parta dalle origini: il
nonno era nato a Medina, il padre a Sfax, lui ad Holms. Un amore che
porta Schifano, pittore astratto, sedotto poi dalla pop art e
dall'iperrealismo, a dipingere il deserto non come una distesa
sconfinata, arida, estrema, bensi' come un giardino lussureggiante, che
esplode di colori ed in perpetua trasformazione.
La mostra "Deserts", che raccoglie dieci tele monumentali di Schifano
dedicate al deserto, arriva ora in Italia, a Crotone, dopo aver
viaggiato "nomade" per quasi due anni raggiungendo Tripoli, Tunisi,
Marrakech e dopo la tappa italiana proseguira' a Alessandria d'Egitto,
Doha e Dubai.
Un progetto di mostra itinerante ideata dall'Associazione Culturale Blu
Bramante e dall'Archivio Schifano e organizzata nella tappa italiana
dalla Provincia di Crotone con la collaborazione della Soprintendenza
archeologica di Crotone.
La mostra, in programma al Museo Archeologico di Crotone - Capo Colonna
(aperto per la prima volta con questa mostra), presenta questa selezione
di opere di grandi dimensioni (2.75 per 2.75 metri) realizzate da
Schifano nel 1984 per il Royal Cultural Center di Amman del Re Hussein
di Giordania, soprattutto paesaggi (Leptis Magna 20.9.34 ", "Dune
deserte", "Miraggio", "Sand Sculpture", "Notte e deserto") ispirati dai
ricordi dell'infanzia.
In questi lavori l'artista marca le sue radici africane (Schifano nasce
ad Homs in Libia nel 1934) utilizzando smalti, sabbie e terra,
restituendo un'idea di deserto come mare bagnato dal sole. Sono opere
che testimoniano un momento particolarmente felice del lavoro di
Schifano e attingono al grande deposito immaginifico di questo artista
complesso, tormentato, eccentrico.
La mostra e' corredata da un catalogo illustrato, bilingue
(italiano-inglese-francese) con una presentazione di Monica De Bei
Schifano, moglie dell' artista e curatrice dell'evento, un testo critico
di Achille Bonito Oliva e delle testimonianze di Giuseppe di Branco.
NOTE BIOGRAFICHE
Mario Schifano nasce a Homs in Libia il 20 settembre 1934.
I suoi debutti sono nell'ambito della cultura informale con tele ad alto
spessore materico. Con opere di questo genere inaugura la sua prima
personale nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma. E' comunque in
occasione della mostra del 1960 alla Galleria La Salita in compagnia di
Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini, che la critica comincia a interessarsi
del suo lavoro. Abbandonata l'esperienza informale, ora dipinge quadri
monocromi, grandi carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore,
tattile, superficiale, sgocciolante. Il dipinto diventa "schermo", punto
di partenza, spazio di un evento negato in cui, qualche anno dopo,
affioreranno cifre, lettere, frammenti segnici della civilta'
consumistica, quali il marchio della Esso e della Coca-Cola. Nel 1962
Schifano e' negli Stati Uniti; conosce da vicino la Pop Art, resta
colpito dall'opera di Dine e Kline ed espone alla Sidney Janis Gallery
di New York nella mostra The New Realist. Nel 1964 viene per la prima
volta invitato alla Biennale di Venezia. L'artista opera ora per cicli
tematici: i paesaggi anemici, la rivisitazione della storia dell'arte
con i lavori dedicati al Futurismo. E'attratto dalle immagini
prelevabili dai mezzi di comunicazione di massa e quindi patrimoni della
collettivita'.
Si occupano di questa fase del lavoro di Schifano tanto critici attenti,
come Maurizio Calvesi, Maurizio Fagiolo e Alberto Boatto, quanto
scrittori illustri, quali Alberto Moravia e Goffredo Parise.
Allo Studio Marconi presenta nel 1967 il lungometraggio Anna Carini
vista in agosto dalle farfalle, cui fara' seguito la trilogia di film
composta da Satellite, Umano non umano, Trapianto, consunzione e morte
di Franco Brocani. Le sue prime esperienze cinematografiche, portate
avanti parallelamente a quelle pittoriche, risalgono comunque al 1964 e
da queste subito si evince l'attenzione critica che l'artista presta
all'ininterrotto flusso di immagini prodotto dalla nostra civilta'
tecnologica in cui il reale viene sempre sostituito dal suo "doppio",
sia esso fotografico o televisivo o cinematografico. Agli inizi degli
anni Settanta Schifano comincia a riportare delle isolate immagini
televisive direttamente su tela emulsionata, riproponendole con tocchi
di colore alla nitro in funzione estraniante. Dapprima attinge
moltissimo dal materiale girato per un film mai realizzato Laboratorio
umano, poi dal patrimonio di immagini che quotidianamente trasmettono le
nostre stazioni televisive. Tra gli anni Settanta e Ottanta partecipa a
importanti mostre: "Vitalita' del negativo nell'arte italiana 1960-70" e
"Contemporanea", entrambe a cura di Achille Bonito Oliva;
"Europa/America, l'astrazione determinata 1960-76" alla Galleria
Nazionale d'Arte Moderna di Bologna; "Arte e critica 1980", a cura di
Maurizio Calvesi; "Identite' italienne" a cura di Germano Celant; "Arte
italiana nel XX secolo" organizzata dalla Royal Academy di Londra. E'
presente alle edizioni del 1982 e del 1984 della Biennale di Venezia.
L'attenzione per il naturale caratterizza tutta l'attuale ricerca di
Schifano: paesaggi, gigli d'acqua, campi di grano, movimenti del mare,
distese di sabbia sono ricreati, reinventati, filtrati attraverso
ricordi, pulsioni, sensazioni, affioramenti del profondo, sequenze di
immagini veicolate da apparecchi televisivi, dalla pubblicita', dai
rotocalchi, e si configurano pertanto come geografie della memoria.
Nel 1990 il Palazzo delle Esposizioni di Roma, in occasione della sua
riapertura, gli dedica una rassegna intitolata "Divulgare", con opere di
grande formato realizzate per l'occasione. Nel 1996 Schifano rende un
omaggio alla sua Musa ausiliaria, ovvero alla televisione, intesa quale
flusso continuo di immagini in grado di strutturarsi come vera e unica
realta' totalizzante della nostra epoca. Se alla fine degli anni Sessanta
si limitava a estrapolare dai programmi televisivi dei singoli
fotogrammi e a proiettarli decontestualizzati sulla tela, ora, invece,
interviene sulle immagini pittoricamente, mutandone ulteriormente il
senso. Schifano muore a Roma il 26 gennaio 1998.
(Da: "Mario Schifano per esempio", Ed. Charta 1998)
MUSEO ARCHEOLOGICO DI CAPOCOLONNA
Il parco Archeologico di Capocolonna a Crotone e' attualmente in fase di
realizzazione da parte della sovrintendenza dei beni archeologici della
Calabria, e racchiude tutta l'Area Sacra del promontorio che una volta
si chiamava Lacinio (lakinion akron). Il Parco raccoglie circa 30.000
metri quadri di terreno adibito a scavi, ed altri 20 ettari di bosco a
macchia mediterranea all'interno dei quali e' situato un enorme museo a 3
padiglioni incassato magnificamente nel terreno per ridurne l'impatto
ambientale.
Sul promontorio che si alza mediamente per 15 metri sul livello del mare
era presente il maestoso Tempio Dorico a pianta rettangolare e 48
colonne dedicato alla Dea
<http://www.calabriatours.org/magnagrecia/costumi/culto_di_hera.htm>
Hera Lacinia protettrice delle
<http://www.calabriatours.org/magnagrecia/costumi/le_donne.htm> donne,
dei pascoli e della fertilita'. Il grande Tempio e' databile intorno al
VI sec. a.C. rappresentava il piu' grande luogo di culto eretto fuori le
mura di <http://www.calabriatours.org/magnagrecia/colonie/kroton.htm>
Crotone, ed oggi ne rimane solo una colonna con capitello Dorico alta
8,5 metri con 20 scanalature piatte, ed una parte del grande basamento
(stilobate). Intorno al Tempio, e' stato rinvenuto un grosso edificio a
pianta rettangolare denominato Edificio B (datato VI sec. a.C.) che
doveva essere adibito a luogo di culto e raccoglimento. Certa e' anche
l'esistenza di un grande bosco sulle zone alte del promontorio che
raccoglieva le mandrie ed i pascoli sacri dai quali i Sacerdoti
raccoglievano le fonti di sostentamento.
Nel 1987 e' stata rinvenuta una parte della Via Sacra che conduceva al
Tempio, una parte della cinta muraria risalente al IV sec. a.C,
rinforzata piu' tardi dai romani con l'opus reticolatum che oggi e' ben
visibile, ed altri due grossi edifici: il Katagogion (albergo per i
pellegrini) e l'Estiatorion (edificio per i banchetti) che devono ancora
essere scavati completamente.
Nella zona immediatamente precedente l'Area Sacra vera e propria sono
state rinvenute ville e case d'epoca Greca e Romana, oltre ad un Balneum
termale del III sec d.C. che conferma ancora l'importanza ed il valore
che la zona aveva anche in epoca Romana. I reperti rinvenuti durante gli
scavi (molti di valore inestimabile) vengono conservati presso i Musei
archeologici allestiti a Crotone o sul promontorio stesso, infatti a
nord della colonna dorica, si trova la torre di avvistamento aragonese
(XV sec.) che ospita l'antiquarium detto di
<http://www.calabriatours.org/beni/crotone/torrenao.htm> Torre Nao, nel
quale sono conservati molti oggetti rinvenuti nei fondali antistanti il
promontorio. Sono state rinvenute ceramiche, tegole marmoree, anfore,
vasi, monete d'argento, lastre ornamentali, il famoso
<http://www.calabriatours.org/magnagrecia/beni/diademaaureo.htm> diadema
aureo di Hera Lacinia, e altri oggetti preziosi che i pellegrini
portavano alla Dea venerata. Attualmente quello che e' stato definito "Il
tesoro di Hera", che comprende anche il famoso Diadema, e' ospitato nel
Museo Nazionale di Crotone nel mezzo del centro storico della citta',
nella parte medioevale.
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Crotone, Capo Colonna, Museo Archeologico
Orari: dal martedi' al sabato: 10,00-13,00 / 15.30-18,00; domenica:
9.30-13,00 / 15,00-18.30
COME ARRIVARE: E' possibile raggiungere il Museo Archeologico presso il
promontorio di Capocolonna con mezzi pubblici che effettuano diverse
corse nell'arco della giornata.