Mavi Ferrando
Silvia Abbiezzi
Donatella Bianchi
Adalberto Borioli
LeoNilde Carabba
Giuseppe Denti
Silvia Cibaldi
Giovanni Fabris
Fernanda Fedi
Mario Gatto
Gino Gini
Jane Kennedy
Giorgio Longo
Marilde Magni
Esther Martel
Jutta Mahnke
Sandra Mazzon
Hera Mendikian
Daniela Miotto
Agustin Olavarria Valdivia
Roberto Origgi
Gianni Ottaviani
Giuseppe Prenzato
Antonella Prota Giurleo
Luca Rendina
Raffaele Romano
Elisabetta Sperandio
Armando Tinnirello
Shen Togorua
Donatella Airoldi
In mostra una serie di piccole sculture in legno dalla forma ottagonale sulle quali 30 artisti sono stati invitati ad intervenire con un’operazione di interazione e contaminazione linguistica. ''Ex voto per enunciare parole che sono sprofondate nei terreni incolti, maltrattate da lunghe attese senza disponibilita' elettive, dichiarazioni sussurrate mentalmente che non trovano forma perche' ogni elemento si e' disperso nelle claustrofobiche nebbie metropolitane.'' Donatella Airoldi
Installazione di Mavi Ferrando con 60 interventi di 30 artisti
L’installazione “Ex voto" consiste nella realizzazione da parte di Mavi Ferrando di una serie di piccole sculture in legno dalla forma ottagonale di cm 61,5x19x1,6 e sulle quali 30 artisti sono stati invitati ad intervenire con un’operazione di interazione e contaminazione linguistica sul tema degli ex voto. Ogni opera diventera' pertanto un lavoro a ‘due mani’.
Artisti: Silvia Abbiezzi, Donatella Bianchi, Adalberto Borioli, LeoNilde Carabba, Giuseppe Denti, Silvia Cibaldi, Giovanni Fabris, Fernanda Fedi, Mario Gatto, Gino Gini, Jane Kennedy, Giorgio Longo, Marilde Magni, Esther Martel, Jutta Mahnke, Sandra Mazzon, Hera Mendikian, Daniela Miotto, Agustin Olavarria Valdivia, Roberto Origgi, Gianni Ottaviani, Giuseppe Prenzato, Antonella Prota Giurleo, Luca Rendina, Raffaele Romano, Elisabetta Sperandio, Armando Tinnirello, Shen Togorua
Elementi enigmatici nati forse per ricchezza d’animo, o volonta' di impiegare le proprie forze per un raggiungimento di infinita mancanza o di infinita ricchezza, emozioni che storpiando umani pensieri si incrinano in millenarie storie, vere o falsificate, per raggiungere un bene supremo. Gloria infinita agli de'i della terra che riescono a riempire megalitici drugstore di gente assatanata che non si ricorda ne' di se' ne' di altri e che appare imbarazzata al primo alito di vento caldo, arrogante nel dividere le umane gesta, indiscutibili sia nel nord che nel sud del mondo, in ridicoli fraintendimenti polarizzati.
Giacciono i cavalieri serventi nelle battaglie perse per i poteri invasivi di qualche ricco trionfatore che per nobilta' non andava in battaglia ma, brindando in sontuosi calici d’oro sul suo ricco sofa', imbandiva battaglie sfinenti con corpi distrutti gia' dal solo respiro. Quante genti cucinavano i loro desideri di patria furtiva per un insieme inconsapevole di popoli variopinti, inneggianti a fasti registrati per vittorie raggiunte e mai vinte senza spreco di vite umane?
Mavi Ferrando fa partecipi delle proprie installazioni, testardamente ogni dicembre ormai da alcuni anni, una molteplicita' di artisti e artiste incontrati nella vita o per momentanee sintonie. E’ questo un universo che vuole esprimere il proprio pensiero, la propria voglia di spaccare il mondo per poi riunirlo in modo differente, tasselli di un puzzle che non riesce mai a essere concluso perche' qualcuno se ne e' intascato nel frattempo un piccolo pezzo e vuole tenerlo per se'.
L’artista, scultrice fin dagli anni settanta, in questa mostra non costruisce architetture o strutture futuribili, ma da' forma a singolari tavole intagliate, ognuna con una propria unicita', data poi e condivisa ad un solo ed altro artista scelto e chiamato a contaminarsi in un linguaggio comunicante e raro come quello di un’opera a due mani.
L’installazione, nella sua scarna e nitidissima articolazione, nella pacata e uniforme teoria di presenze addossate alle pareti, avvolge e assedia lo spettatore con una moltitudine di archetipi esistenziali. Un tema in genere di ‘fede’ viene qui riletto con una clandestinita' laica, lontano da inopportune traiettorie, segni e colori che inducono un pensiero silenzioso, devozione che sospende il respiro in spigolose alterazioni da alte temperature. Tavolette votive esplicitamente metaforiche, lontane da religiosita' canoniche, incuneate in una contemporaneita' che ha finalmente necessita' e bisogno di lunghi silenzi, di ascolti solitari, di parole che non devono essere pronunciate, di sguardi che infrangono regole dovute, di sensazioni mute.
Ex voto per enunciare parole che sono sprofondate nei terreni incolti, maltrattate da lunghe attese senza disponibilita' elettive, dichiarazioni sussurrate mentalmente che non trovano forma perche' ogni elemento si e' disperso nelle claustrofobiche nebbie metropolitane, ingessato nei tailleur alla moda, nei quadrati di tessuti caldi, con gli infradito ai piedi.
Camminare in spiagge lunghissime con sabbia nera vulcanica per sotterrare, come le tartarughe giganti, i propri desideri facendo circolare il proprio corpo e lasciandolo scorrere sulla sabbia morbida, impalpabile sensazione di una corporeita' leggera che lascia nella pesantezza la profondita' dei pensieri costipati e triturati all’arancia.
Ex voto sono divaricazioni di tempo e di luogo, sono incrostazioni di pulsioni che s’innestano nella carne scura cercando intime contaminazioni, ballano su tavoli e banconi di bar sciupati, con le mani impastate di sapori salati, attendono vicinanze di corpi estranei, aspettano nei loro movimenti compiacenti assaporazioni di profumi divini o nauseabondi, collettori di impastati sapori viscerali.
E i pub londinesi sono oscuri luoghi dove le luci soffuse si addensano negli occhi stipati, bicchieri ripieni di schiuma che vagano indistintamente e a volte sono presi per mano. Le parole sono inutili linguaggi che si compiacciono della loro goffaggine, silentemente la vicinanza contigua di legami compromessi trasmette vibrazioni eteree, siparietti gelidi di film di seconda classe in sale riscaldate da fiati umani invecchiati, lasciando sogni ingombranti appesi ai neon rumorosi e inaccessibili.
E ognuno nega la propria volonta' votiva a dispetto di tensioni borderline incastrate in ristrutturate carceri adibite ad ostelli turistici all’ultimo sussurro di speranza e poi solo grida, mentre dalla piccola finestra incastonata nel cemento sporco, con i ferri rettangolari che impediscono la vista, rivedi mani fragili che si aggrappano al solo spiraglio di luce ed aria, la porta della cella pesante ed angusta non lascia neppure fuoriuscire il respiro, il catenaccio appesantito dai traumi ricevuti si attanaglia indissolubilmente alla chiusura acerba di una vita dissipata ma fortunosamente feroce, e il pavimento non lascia dubbi: le chiazze di viscere colpite non si dissolvono mai.
Mavi Ferrando ci conficca in queste tinteggiature di ombre pesanti, pressanti nel loro desiderio di uscire da amputazioni di sentimenti non accettati, seppur grintosamente imponenti, nel voler accennare a desideri che si stipano in corridoi polverosi illuminati da una luce fioca.
E forse e' per questo che le opere dell’installazione possono essere solo percepite e mai rese chiaramente visibili, perche' ogni desiderio deve essere intimo, oscuro e irraggiungibile. E l’aria e' satura di ciascun artista, col suo mondo, sotterraneo, metropolitano o freudiano, in un campo minato di piccole fiamme e lucignoli. E il raddensamento dei pensieri, la vicinanza di tanti universi affiancati rendono palpabile l’improbabile equazione simile=diverso.
Inevitabile trama ironica reale o irreale, dove i desideri e le richieste sono concesse a un pubblico silenzioso o vociante inspiegabilmente attratto o allontanato da squarci di cieli notturni, da visioni di luci profondamente interne, imprendibili effetti sacri o veicolati su traiettorie enigmatiche, dubitative, inverosimilmente posizionate dall’alto o dal basso di una stanza buia.
Ex voto, reciproco sguardo di artisti provenienti da luoghi lontani ma parallelamente vicini, linguaggi che non hanno bisogno di traduzioni linguistiche ma che riescono ad avere un denominatore comune nel quale interagiscono cultura, storia, individualita', e dove ciascuno ha trasmesso le proprie comete perdute, sogni spiaccicati in terre morbide e rugose.
Mavi Ferrando unisce e divide, costruisce e tratteggia, solca oceani pacifici in cerca di notturne passioni, emozioni perdute, verita' sommerse, raccoglie desideri e a volte riesce magistralmente a realizzare sogni azzardati senza vincoli di dominio.
Inaugurazione: martedi' 13 dicembre alle ore 18
Viale Col di Lana 8 - Milano
Orari: da martedi' a venerdi' dalle ore 17,30 alle 19,30