Il titolo di questa mostra, non deve trarci in inganno: Vittorio Buratti non intende certo rimpiangere i tempi mitici dell'Eta' dell'Oro. Anzi con spirito realistico egli ci propone paesaggi interpretati secondo un linguaggio aggiornato senza indulgere ad atteggiamenti crepuscolari, e senza ripiegare in un descrittivismo oleografico.
Mostra di Vittorio Buratti.
Il titolo di questa mostra, "Amare la Natura", non deve trarci in inganno: Vittorio Buratti non intende certo rimpiangere i tempi mitici dell'Età dell'Oro né abbandonarsi a languori nostalgici rispolverando una utopica Arcadia popolata di pastori e di ninfe. Anzi con spirito realistico egli, come un figlio dei suoi tempi, ci propone paesaggi interpretati secondo un linguaggio aggiornato, fedele alla tendenza informale-materica, quindi già nella sua scelta stilistica dimostra di non indulgere ad atteggiamenti crepuscolari, né di ripiegare in un descrittivismo oleografico.
Tuttavia l'artista bolognese, ma centese per adozione, mette le innovazioni dell'Avanguardia al servizio di contenuti ecologistici lanciando un messaggio di scottante attualità . Già nella sua opera "Uomini" del 1989, Buratti ci presenta degli atleti in atto di correre che sembrano fuggire da uno spazio claustrofobico inquinato dalle piogge acide e dall'effetto serra per cercare rifugio in una dimensione "altra".
Ecco così che la pittura diviene un percorso, quasi un'iniziazione, che parte da una presa di coscienza drammatica, rappresentata da certi effetti magmatici e cupi, da composizioni di tronchi d'alberi ridotti a sbarre di una prigione, per poi approdare a uno spazio aperto, naturale, luminoso. In "Ritorno alla Natura" del 1993 l'artista si prefigge di recuperare le proprie radici, di affondare la sua ispirazione nel cuore della Madre Terra scoprendo così una bellezza che ancora non è andata perduta e che dobbiamo salvaguardare.
Infatti nei suoi paesaggi informali Buratti ci proietta in una dimensione edenica, in un mondo incontaminato, scaldato da mille colori che germinano in un continuo sviluppo, che si coagulano come in un'operazione alchemica dove prevale il giallo, simbolo della conoscenza, e il rosso del fuoco fecondatore. Gli accordi cromatici sono costruiti strato su strato così che osservando il quadro da vicino cogliamo la ricchezza della sua tavolozza come se ci apparisse velo dietro velo per lasciarci scoprire mille combinazioni sempre mutevoli, sempre indefinite che sembrano travolte da una forza centrifuga, da una passione impetuosa eppure solenne, rasserenante.
L'artista lascia guidare i pennelli e le spatole dalla forza dell'improvvisazione che si rinnova sempre e che gli permette di indagare al di là del semplice aspetto fenomenico riuscendo a catturare l'energia primigenia da cui la stessa mente umana riceve di riflesso la luce di una saggezza solare che è indispensabile per vivere armoniosamente, nel pieno rispetto dell'ambiente. I cromatismi di Vittorio Buratti risultano vigorosi e delicati, aggressivi e dolci ad un tempo proprio perché rendono l'idea non tanto di un paesaggio banalmente figurativo ma della linfa stessa, dell'humus, dei succhi vitali della terra ed è proprio ispirandosi a questa fonte perenne di energia che egli fonde felicemente ragione e fantasia, compostezza e slancio visionario mantenendo questi due elementi in equilibrio come i piatti di una stessa bilancia.
La Natura per Vittorio Buratti non si riduce a una vacanza sentimentale, a una scontata evocazione paesaggistica ma viene intesa come entità metafisica che si colloca oltre i comuni sensi e che coinvolge la sfera non tanto dell'emotività ma della coscienza. L'artista ci insegna che per amare la Natura occorre rispettarla, non profanarla. Si pensi ai suoi tronchi di alberi "Ritmi" del 1987 cosparsi di tagli, di macchie, di screpolature che come corpi portano i segni di ferite profonde.
L'albero, protagonista di molti suoi dipinti, proposto in primo piano e non nello sfondo, viene interpretato come un antico patriarca della Natura, come un saggio gigante che sa vivere in pace e che ha molte cose da insegnarci. L'albero è simbolo della vita sia nella Bibbia che nell'alchimia perché senza di esso scomparirebbe dal nostro pianeta ogni specie animale, la sua presenza è indispensabile al rassodamento del terreno, all'ossigenazione dell'aria, all'alimentazione.
Ecco come si spiega nelle opere di Buratti il ciclo dedicato alle scatole, alle teche del 1991, che racchiudono per l'appunto rami e tronchi come arche di Noè che ci possono guidare verso la salvezza solo se conserviamo questi preziosi esemplari. In tal modo la cornice e la tela vengono abolite per lasciare spazio a un'arte che diventa essa stessa ambiente, icona vivente. La corsa degli uomini con cui abbiamo iniziato questo testo si chiude così come un cerchio: gli atleti hanno raggiunto la meta. Nelle opere precedenti Vittorio Buratti si ricollegava alle combustioni di Burri e alla poesia di Thomas Eliot, soprattutto alla sua celebre "Terra desolata", che evoca un limbo dantesco percorso da visioni brucianti.
Per l'appunto i colori di Buratti simili a magma vulcanica racchiudono lo stesso fuoco della creazione, che secondo il filosofo Eraclito, è principio generatore. Come in un laboratorio le sostanze organiche si mescolano, si dissolvono e si amalgamano formando umori che si sviluppano e che assumono mille forme.
Il seme per dare frutto deve morire. Così nel percorso pittorico intrapreso dall'artista abbiamo assistito alla sua fase in cui egli ha denunciato le forze distruttive dell'uomo. Ora non resta altro che trasformare il caos in armonia. Quello che avviene nei colori, nel microcosmo di un quadro si può ripercuotere nel mondo che ci circonda.
Orario - lunedì e venerdì - dalle 14.00 alle 18.00 - martedì - dalle 9.00 alle 12.00 - mercoledì e giovedì - dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00 - sabato - dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 19.00 - domenica - dalle 15.30 alle 19.00
Ex Scuderie di Villa Rabboni Cassini "Sala Dino Bonzagni" - via Statale 191 - Sant'Agostino (Ferrara)