Galleria dell'Oca Arte Contemporanea
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Mimmo Jodice
dal 16/2/2006 al 29/4/2006

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Mimmo Jodice



 
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16/2/2006

Mimmo Jodice

Galleria dell'Oca Arte Contemporanea, Roma

Anima Urbis. L'artista prosegue l'esplorazione del mondo classico, cominciata nel 1986, con opere nuove accanto ad altre gia' note. In questa mostra le prime immagini di Roma. Una trentina di fotografie, "archeologie" prive di figure umane ed estranee ai segni del presente. La tecnica dell'immagine 'mossa' lascia emergere lo spirito inquieto del luogo.


comunicato stampa

Anima Urbis

E’ dal 2000 che Mimmo Jodice, artista italiano di fama internazionale le cui opere sono presenti nelle collezioni dei maggiori musei del mondo, non espone a Roma.
Anamnesi e' il titolo dell’ultima mostra tenutasi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna in cui presentava una ventina di immagini raffiguranti volti della statuaria classica.
Oggi propone alla galleria dell’Oca una mostra dal titolo Anima Urbis in cui prosegue l’esplorazione del mondo classico. Come tutte le mostre della galleria dell’Oca, anche questa presenta lavori appositamente realizzati per l’occasione accanto ad altri gia' noti. La novita', in questo caso, consiste nel fatto che Jodice ha accettato di fotografare Roma, cosa mai accaduta prima.
Dal 1986 il lavoro di Jodice ha come tema prevalente la classicita'. L’artista ha fotografato tutti quei luoghi che ne contengono le tracce: dalla Magna Grecia al sud della Francia, alla Spagna, dalle coste dell’Africa nord occidentale alla Libia, dalla Turchia al Libano, alla Giordania, alla Siria, ma mai ha voluto affrontare Roma come centro di quel modello di civilta'. In questa mostra saranno quindi presentate le prime immagini di Roma di Mimmo Jodice.

Sono esposte una trentina di fotografie la prima delle quali, posta all’ingresso della galleria, e' ben nota: La tomba del soldato romano, a Petra in Giordania, del 1993. L’immagine, di grande formato, raffigura una porta o meglio un ampio buco nero. E’ all’inizio del percorso perche' ogni inizio d’esperienza costringe al superamento di una soglia, anche se questa in particolare, per il suo aspetto terrorizzante, ci costringe ad assumere un rischio nell’attraversarla: quello di mettere tra parentesi il panorama rassicurante del quotidiano ed avventurarci fra paesaggi distanti, oppure volti ignoti ed inquietanti.

Le immagini delle “archeologie" di Jodice, spopolate da figure umane ed estranee ai segni del presente, sono luoghi della memoria. Sono visioni interiori in cui la tecnica dell’immagine “mossa" lascia emergere lo spirito inquieto del luogo. Non sono fossili acquietati in un tempo sospeso, ma piuttosto manifestazioni dello spirito irrequieto della storia che non trova riposo. Non descrivono calligraficamente un esterno, quello che il turismo culturale riconosce all’istante; sono sintesi interiori dei luoghi. Lo stesso Jodice a questo proposito scrive: “…alla fine tutto cio' che incontriamo e' un paesaggio interiore. E questo fenomeno e' una metafora che descrive il mio rapporto con la fotografia ed il mondo: accade che l’obiettivo della macchina fotografica dovrebbe “guardare fuori", osservare il mondo reale, ed invece finisce con il “guardare dentro" e proiettare nel mondo una dimensione atemporale".

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