ed esperienza del limite... Ciclo di mostre. Gruppi e collettivi artistici partecipanti: G.P. Mutoid, Ethical Bros, Tessarollo Team, Anonima di-chi-si-lu-son, Stickerman, Cast, Maurizio Bertinetti & Company (A. Wildt,L. Fontana,F. Depero,Farfa, G.Debord, H. Richter, S.Lewitt, M. Ray, P. Gilardi, G. Paolini, D. Oppenheim, V. Agnetti, P. Alechinsky, A. Warhol) Dormice, Hamlet Rice, Cristina Show, Progetto OPU, GAHP, Parrini-Byte/Strano Network, Old Players Society, Prof. Dr. Dr. Zagreus Bowery (editor PIM), Baggi Representative, Quinta Parete, Mario Matto & C. Ideazione e cura di: Gabriele Perretta
ed esperienza del limite...
Ciclo di mostre
Al di là di ciò che io sono, incontro un essere che mi fa ridere perché è senza testa..Non è io ma è più io di quanto io lo sia: il suo ventre è il dedalo nel quale si è smarrito lui stesso, mi smarrisco con lui e in esso mi ritrovo essendo lui..
Ciò che penso e che esprimo, non l'ho pensato né espresso da solo.
Da Acephale di Georges Bataille (1936)
Il tema di questo ciclo di mostre, nonostante i riferimenti presenti qua e là in qualche raccolta e il materiale sviluppato in questi ultimi anni in Italia, può dirsi nuovo e per altro generalmente trascurato nei testi critici e nei dossier sulle tendenze culturali. Anzi, a dir la verità , non si tratta proprio di un tema, ma di una forma di produzione artistica. Inoltre sulla possibilità di fare gruppo nella composizione dei linguaggi contemporanei già le Imprese Mediali (1992) avevano suggerito delle proposte.
Dopo la grande forma di passaggio del Medialismo dallo stato di sistemazione nel sistema artistico a quello della comunicazione più allargata, il discorso delle comunità conquista un territorio ancora più esteso e molteplice, ovvero perpetrare l'ideologia della fuga, della clandestinità ed agevolare una posizione di superamento dello "stadio della genialità soggettiva" che si specchia nell'opera.
L'arte del soggetto ci parla molto dello stato cosciente che affiora nell'individualità e nell'identità dell'opera, ma in un certo qual modo esso cerca sempre di ridurre la medesima costruzione ad una potenza di segni, concepita come una sorta di parassitaggio della coscienza. Dal punto di vista dell'arte comunitaria si può anche dire che ci sono troppi desideri di identità e poche forme di riconoscimento. La concezione della pittura eroica e neo-espressionistica che si affanna a riemergere dappertutto come perversione monomorfa lo testimonia. Le comunità rovesciano questo punto: non ci sono mai troppi desideri, non si tratta con un metodo o con l'altro di ridurre il soggetto, ma di agire al di là di esso e al di là dell'imposizione dell'oggetto che ne vuole diventare feticcio. Partendo dal presupposto che la comunità è un sistema di segni conviviale, tendente a disperdere le tracce di ciò che si offre all'utile ed all'impianto della vendita, la questione che resta è sottolineare l'esistenza di laboratori aperti, in via di elaborazione continua. Microrganismi che, essendo coscienti anche della morte dell'opera, sfidano il sistema della comunicazione integrato e pianificato a non poter e a non dover essere individuati, cellule che offrono una materia magmatica in continua dissipazione e dispersione.
Una politica senza arte o un'arte senza politica è oggi, nei paesi capitalistici "a medialità matura", il rischio stesso dell'autoritarismo. Questa idea si riferisce ad un momento della pratica, che aggiunge alle forme aperte della comunicazione gli strumenti di critica mediale.
Il rapporto tra le comunità dei linguaggi, le agenzie collettive della comunicazione e l'arte non introduce in questo ciclo di mostre le premesse di una doppia competenza, ma tenta la dissoluzione radicale dell'ideologia delle competenze, attraverso un approfondimento critico in cui, più che rincorrere la forme-merce dell'opera, si cerca di incalzare il suo radicale ribaltamento: l'economia dell'inutile. Vi è a più livelli, una messa in questione di quella condizione dell'arte che inneggia alla rinascita ed alla freschezza dell'autore, alla sicurezza che l'autore è un fiume in piena in grado di pontificare e magnificare qualsiasi scontro critico, e che la comunicazione culturale odierna si possa chiamare ancora letteratura, arte, e via di seguito. La minaccia che l'autore agisca dopo una morte, dopo un tonfo realistico nei flutti della società mediale, svela più contraddizioni e malesseri di quanti in maniera rassicurante se ne compiaccia il singolo artista.
L'autore nel '900 - dopo aver a lungo agonizzato e dopo essersi trasformato in segugio della sua sbiadita ombra, stiracchiata su di un pezzo di carta sensibile in stato di putrefazione - ha ceduto al dramma dell'epigonalità , è collassato in una forma frammentaria in continua metamorfosi, che sfida chiunque ad essere presa, riconosciuta. Fatalmente, dopo l'estinzione dell'autore ciò che emerge in maniera rilevante o quasi per controcanto è una storia della lettura. Chi rinasce dalle ceneri del massacro autoriale è un lettore che ha acquistato le possibilità di farsi artista e critico. La metamorfosi dell'artista passa, dunque, attraverso la metamorfosi del lettore. Colui che riceveva l'opera non è più estraneo all'oggetto artistico, egli è invece la parte preponderante dell'oggetto. Chi riceve vede e compie l'azione del fare, sviluppa il senso stesso dell'opera. L'autore si sposta verso una comunità di artigiani in grado di offrire testi e contro-testi, lettere e contro-lettere, modelli e contro-modelli; in queste dialettiche egli svela contraddizioni, dissolve sospetti e fa esplodere confini e delimitazioni, avendo la certezza di trasformare il passaggio lineare dal noi al noi, in un passaggio complesso dall'io al voi.
Questa operazione meramente dissolutiva stacca la spina su di un momento spettacolare di soggettività fasulla, la proposta è quella di beffeggiare la castrazione e la forma repressiva dell'eroe imposto dalle agenzie pubblicitarie. L'arte moderna e contemporanea ha detto che siamo tutti autori, siamo tutti opera e siamo tutti dentro la natura politica dell'altro nel fare linguaggio. Nello spazio del lettore si gioca tutto il futuro della metamorfosi artistica, spetta ai vari agenti azionare in questo spazio nuove forme di moltiplicazione espressiva, per portare a livelli di consapevolezza generalizzata la distinzione tra diversi momenti critici.
Dopo il successo della grande mostra Officine senza nome. Dispositivi sulla metamorfosi dell'autore, presentata nei complessi archeologici del Museo Civico Pio Capponi, nel Foro Emiliano, sulla Via Appia, nel Capitolium, all'Ex Ospedale Civile di San Francesco, alle Favisse Pasquali ed al Portico del Municipio di Terracina, questa esposizione offre, in forma sintetica, l'aspetto più emblematico e radicale che tale progetto prevedeva: esporre le Comunità che hanno agito in maniera estrema su una metamorfosi del nome. La grande esposizione di Terracina, avendo a disposizione una serie collegata di spazi pubblici, aveva presentato videoclip, liveact musicali, performance, installazioni, film, materiali in dvd, cd-rom, pitture, sculture, fotografie, statue greche e romane, reperti archeologici di botteghe tarde ed altri materiali ancora. Nel caso delle Officine, miscelando passato e futuro, di fronte all'incertezza di attribuzione di una scultura, che apparentemente corrispondeva ad una copia di Lisippo, si voleva stimolare la domanda: esiste ancora l'autore? Non è forse la Storia stessa un autore collettivo? Partendo dall'incertezza della statua di Traiano, dalla copia dell'Erma Greca, dalla controfigura scultorea di Prassitele, le Officine si chiedevano: cos'è e quale identità ha l'arte oggi attraverso un gruppo? Stiamo forse ritornando ad una miriade di artigiani di bottega, che tentano di eseguire il mandato di un'artista che è vissuto un secolo fa e svilupparne solo il suo progetto iniziale? Oppure siamo ad una metamorfosi radicale del linguaggio alla luce della società elettronica?
Questo appuntamento di Caserta si concentra, allora, in maniera più monografica solo su alcune "agenzie", evidenziando la dinamica collettiva acefala - ovvero riferita ad un comando cerebrale diffuso all'intero corpo e non unicamente al capo - e la possibilità di presentare i prodotti in una qualsiasi forma tecnica, senza una pregiudiziale "metodologica".
Ideazione e cura di Gabriele Perretta
Gruppi e collettivi artistici partecipanti: G.P. Mutoid, Ethical Bros, Tessarollo Team, Anonima di-chi-si-lu-son, Stickerman, Cast, Maurizio Bertinetti & Company (A. Wildt,L. Fontana,F. Depero,Farfa, G.Debord, H. Richter,S.Lewitt, M. Ray, P. Gilardi, G. Paolini, D. Oppenheim, V. Agnetti, P. Alechinsky, A. Warhol) Dormice, Hamlet Rice, Cristina Show, Progetto OPU, GAHP, Parrini-Byte/Strano Network, Old Players Society, Prof. Dr. Dr. Zagreus Bowery (editor PIM), Baggi Representative, Quinta Parete, Mario Matto & C.
Calendario:
2 - 17/3: Parrini-Byte/Strano Network e Baggi Representative
20 - 31-3: Anonima di-chi-si-lu-son e Stickerman
3 - 18/4: G.P. Mutoid ed Ethical Bros.
Inaugurazioni: 2 - 20 - 3 marzo 2001
Orario espositivo: dalle 10,00 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 20,00
Installart, Caserta