Questa sete di luce. "Eppure la pittura di De Maria coinvolge anche il profano: avvolge nella grafia del segno, nelle perentorie volute di colore, nella sensazione di moto che induce ad altre mete". Claudio Rizzi.
Questa sete di luce
Una raccolta poetica di Mariangela De Maria, edita alcuni anni or sono, si
intitola “ Sul crinale".
Crinale indica idea, realta' e passione di esistenza; ritrae tensioni di
equilibrio, anelito di infinito; dichiara una visione prospettica oltre le
parti e sopra le cose. Quasi a raggiungere conoscenza e atarassia ove “ alto
e' il silenzio". Titolo che risuona in una lirica di quella raccolta, tanto
esplicita da riannodarsi in altra pagina a un verso che declina “come tutto
si specchia in te".
E tutto si riflette davvero. Nello sguardo teso alle vette della percezione,
nei segni rarefatti rastremati a riconoscere traccia di antichi percorsi,
nella luce impervia che si innalza a svelare affabulazioni di cielo.
Poesia intima, sedimentata nel silenzio d’attesa, oltre la materia; come
soffice e quasi simbolica, enunciazione ma non strumento, e' la materia nei
suoi dipinti.
Sentimenti palesati, immagini tradotte da visione a suggestione, spogliate
dal contesto dell’apparenza e restituite in emotivita'.
Nulla di visionario, nulla di improvviso e sciolto dai motivi della ragione;
anzi, tutto e sempre strettamente collegato. Interpretazione profonda,
dunque accessibile ai pochi, di rara eleganza o aristocratica cadenza,
impopolare perche' contraddizione del luogo comune.
Eppure la pittura di Mariangela De Maria coinvolge anche il profano: avvolge
nella grafia del segno, nelle perentorie volute di colore, nella sensazione
di moto che induce ad altre mete.
Si intesse il dialogo e il lettore si incammina alla scoperta interiore.
Percepisce una prospettiva diversa e nuova, dell’animo e dell’esistenza. Si
inoltra nelle tensioni di luce scandite a delineare ambiti di spazio intimo,
processi di memoria e accensioni immaginifiche.
L’astrazione dal riferimento di realta' diviene concretezza di evocazione
nella lettura soggettiva. Musica, luce e spirirualita' assumono entita' come
prendessero corpo. Si appalesano tutte pur nell’assenza d’esplicito. Si
affermano, si addensano a invadere la sensazione, occupano spazio e tempo
del lettore.
Nella danza delle immagini di De Maria il ritmo detta percezione di
presenza e dissimulazione di assenza, parvenze animate oppure anime libere
che intonano nella solitudine un coro di umanita'.
Risuona un silenzio diffuso, quasi palcoscenico fervido in attesa di
improvvisa accensione, motivo latente per accogliere le voci dello spirito.
Sono caratteri di lungo corso, fibre della personalita' alimentata e
cresciuta negli anni di tacita entusiasta appartenenza all’arte.
Mariangela De Maria annovera un intenso cammino anche se il suo “ crinale"
ha distinto e ricongiunto assenze e presenze, luci della ribalta e penombre
dell’isolamento. Per lungo tempo ha privilegiato segno, disegno, e
incisione, quasi soggiornando in un territorio riserva, optando con passione
ma consumando intima rinuncia nel mancato approdo alla tela di colore e
pittura.
Lungo il tragitto, le erano compagne musica, danza e poesia. Molecole
intime, congenite, genesi di una maturazione che doveva sfociare nella
completezza del linguaggio artistico e nella piena padronanza delle
tecniche espressive.
Nella riservatezza del suo studio evolvevano bozzetti, appunti,
testimonianze di viaggio a traccia di una sensazione, l’immagine tradotta,
il vero divenuto interiorita', il paesaggio della geografia tramutato in
paesaggio dell’animo.
Sino al giorno nuovo: non del coraggio ma della consapevolezza. Nessun
ardimento, solo maturita'.
A pieno diritto la forza del segno si e' coniugata alle volute di colore,
pronunciate in immediatezza di energia e rigore, decise come fossero
gestuali ma dominate come la compostezza poetica.
La dote innata di capacita' figurativa, ignota a molti eppure percepibile,
visibile solo negli anfratti dello studio e nelle cartelle degli appunti di
viaggio, consente la spontaneita' del fluire immaginifico, la sequenza
suggestiva che volge oltre il bordo della tela e allude all’infinito, oltre
il perimetro della superficie e oltre la convenzione del sociale.
Svetta la liberta' interiore, prerogativa dell’arte e di autentica
interpretazione. L’allusione all’immenso, spazio, aria e luce, diviene
invito a percorrere l’esistenza conoscendo, navigando il proprio destino e
governando la rotta.
Per veleggiare all’orizzonte, per varcarne la soglia, per raggiungere il
mistero.
Ancora ricorrendo a una sua lirica, per saziare “questa sete di luce".
Febbraio 2006 - Claudio Rizzi
Inaugurazione: mercoledi' 15 marzo, dalle ore 18,00
Galleria Scoglio di Quarto
Via Scoglio di Quarto 4 - Milano
Orario: martedi'/venerdi', dalle 17,00 alle
19,30 o per appuntamento