In mostra 59 inediti di medio-grande dimensione, opere su carta realizzate negli ultimissimi anni, frutto di una rilettura spassionata del passato (tecniche, colori, materiali, contenuti), alla ricerca di spazi inesplorati, atmosfere, sensazioni, verita'.
Ritorno al futuro di un realista esistenziale
Alberto Sughi rilancia. Alla soglia degli ottant’anni, quando ancora non si e' spenta l’eco dell’antologica di Parma, il grande vecchio del realismo esistenziale, tra i grandi pittori italiani di questi nostri giorni, spariglia il gioco e si rimette in discussione avventurandosi a sorpresa in una nuova stagione creativa, presentando ad Arezzo 59 inediti di medio-grande dimensione, opere su carta realizzate negli ultimissimi anni, frutto di una rilettura spassionata del passato (tecniche, colori, materiali, contenuti), alla ricerca di spazi inesplorati, atmosfere, sensazioni, verita'.
Promossa dal Comune di Arezzo (Assessorato alla Cultura) con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, la mostra Alberto Sughi. Il segno e l’immagine (Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, 14 aprile - 21 maggio 2006, main sponsor Galleria Spagnoli, catalogo Masso delle Fate, pagine 128, € 28, www.comune.arezzo.it) e' un nuovo e piu' maturo viaggio intorno all’uomo, un nuovo grande romanzo esistenziale, l’ultimo sofferto fuoco fatuo dedicato a un’umanita' smarrita e alla sua quotidiana solitudine, all’incomunicabilita' che attraversa i nostri contesti urbani, all’impossibilita' di afferrare il senso e la misura delle nostre vite precarie.
Cura l’esposizione lo storico dell’arte Giovanni Faccenda, che parla di Ciclo dei Cicli, di summa filosofico-artistica, di ennesimo, inatteso giro di giostra per una vocazione all’affresco narrativo manifestata da Sughi dai primissimi anni ’70 con le Pitture verdi e poi coltivata attraverso i dipinti della Cena, di Immaginazione e memoria della famiglia, di La sera o della riflessione, fino al Notturno esposto nel 2000.
I personaggi anonimi e ordinari di queste nuove opere hanno occhi e gesti privi di espressione, fissano il vuoto del tempo e dello spazio, drammaticamente assorti, negati al dialogo, forse alla ricerca di significati che tuttavia sfuggono. Giovane ragazza, Doppio ritratto, Figure al caffe', Due persone nella stanza, La gente del Bar…Titoli che accompagnano attese silenziose, nervose partite a carte, mozziconi di sigarette che si spengono lenti, fra indice e medio, come le illusioni che hanno alimentato tante labili esistenze. Scene colte nell’attimo fuggente, come singoli fotogrammi di un film bloccati nel fermo immagine e cosi' isolati dal contesto. Non a caso Sughi sostiene da sempre di aver imparato a dipingere dal cinema.
Ma benche' grave, annota Faccenda nel catalogo, il tono della descrizione non implica il senso del travaglio o dell’angoscia: “Affiora semmai", spiega, “un genere di oppressione, di ansia dovuta a fatti rimasti irrisolti, dubbi che continuano a non avere spiegazione, al fondo dei quali la mente torna, talora, con malinconia e rimpianto, quasi fosse richiamata da una lontana eco".
A Ciclo dei Cicli Sughi preferisce in realta' Memorie e immaginazioni di un realista esistenziale, all’idea della sintesi rivolta al passato privilegia quella di una riflessione affacciata sulle verdi praterie del futuro. Ma il senso e' identico. Sughi traduce Faccenda e viceversa.
L’artista parla di rilettura critica, di immersione nelle profondita' della propria identita' personale, di nuovi cocktail costruiti a colpi di immaginario, disegni, colori, materiali, pittura, alla ricerca di nuovi significati. “Nel Naufragio che dipinsi nel ’68", ricorda, “l’acqua che sommergeva il salotto minacciava le comodita' piccolo borghesi. In quello del 2006 e' l’anima che affonda".
Appunto. “Ma i caffe' di Sughi", sostiene Faccenda, “non sono i locali in penombra di Rosai. Sono luoghi dell’immaginazione, ribalte ideali su cui si muovono figure che rappresentano la storia sentimentale e intellettuale dell’autore. Siamo a meta' tra Schopenauer e Kirkegaard, tra Sartre e Camus, tra Antonioni e Fellini. Attraverso queste immagini riviviamo l’incertezza e la provvisorieta' della nostra esistenza, di cui abbiamo preso tutti coscienza dopo l’11 settembre".
In catalogo contributi di Salvatore Italia, capo dipartimento del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, di Luigi Cavallo e una lunga intervista a Sughi di Sergio Zavoli.
La Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea di Arezzo e' in piazza San Francesco, accanto alla Basilica che accoglie il celeberrimo capolavoro di Piero della Francesca, La Leggenda della Vera Croce, e davanti al Caffe' dei Costanti dove Roberto Benigni ha girato alcune scene della Vita e' bella.
Inaugurazione: 14 Aprile 2006
Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea
Piazza S. Francesco - Arezzo
Orari: mart.-ven. 10-13/15-18, sab.-dom. 10-18 (chiuso lunedi')