Cantina Trebotti
Castiglione in Teverina (VT)
(frazione Case Nuove)
0761 948930

Enrico Minato e Franco Ottavianelli
dal 22/4/2006 al 30/4/2006
dalle ore 10 alle ore 20

Segnalato da

Cantina Trebotti




 
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22/4/2006

Enrico Minato e Franco Ottavianelli

Cantina Trebotti, Castiglione in Teverina (VT)

Verita' e Apparenza/ Realta' e Illusione. In mostra due installazioni site specific per il progetto "Arte in Cantina". A cura di Giorgio Bonomi.


comunicato stampa

Verita' e Apparenza/ Realta' e Illusione

Il termine "cantina" deriva da "canto", angolo formato da due muri, cioe' e' un "angolo riposto": ma "canto", dalla sua, significa originariamente "angolo dell'occhio", e noi diciamo "vedere con la coda dell'occhio", quando vediamo e non vediamo, quando di cio' che e' percepito in parte si e' coscienti e, per altra parte, lo si immagazzina senza accorgersene.

Cosi', per una strana fatalita', i due artisti, qui presenti in "cantina", operano entrambi sul concetto di Essere e non-essere, realta' e apparenza, e su quanto fallaci siano le facolta' sia percettive che raziocinanti dell'uomo, cui e' impossibile attingere, con la semplice esperienza o con le complicate operazioni della ragione, la Verita' e la stessa Realta' "reale" e che, in tal modo, deve ogni volta cercare di comprendere, con un discorso almeno intersoggettivo, cio' che lo circonda ma deve altrettanto essere pronto alla modificazione, alla negazione, talvolta anche alla conferma, di quanto "compreso".

Cio' e' ancora un esempio della precarieta' e fragilita' della vita dell'uomo che vorrebbe ma non riesce a collocarsi nelle certezze, nell'Assoluto.

Franco Ottavianelli si e' sempre interessato di tradurre in arte cio' che di piu' complesso appartiene all'uomo e al suo profondo: dai modi operativi della conoscenza, all'intuizione, al misterioso, al controllo di se', e cosi' via. Ora, riprendendo la dimostrazione del noto neuropsicologo Richard Langion Gregory dell'impossibilita' di "vedere", di percepire, un volto concavo - se si da' il calco di un volto, questo e' convesso, se di questo calco si fa, a sua volta, un calco, questo e' concavo ma appare convesso, perche' non appartiene all'esperienza umana la visione di un volto concavo - , esegue tutta una serie di calchi e controcalchi a rafforzare quanto sopra e a stimolare nell'osservatore il dubbio (quel famoso "dubbio" cartesiano da cui derivano (possono derivare) tutte le certezze) su realta' e apparenza, illusione e verita', con tutti i loro "attributi" derivati di luce ed ombra, chiaro e scuro, positivo e negativo, e cosi' via. Insomma all'uomo e' precluso l'accesso, per via razionale, alla verita' se gia' e' fallace il suo primo approccio alla conoscenza, cioe' la percezione. Cosi' l'arte che per Platone era "copia di una copia", essendo la realta' raffigurata una copia dell'Idea, in Ottavianelli assume un'atmosfera alla Gertrude Stein per la quale "una rosa e' una rosa, e' una rosa, e' una rosa", infatti potremmo dire, dato che matrice e calco appaiono identici, che "una copia e' una copia, e' una copia, e' una copia". E in questo turbinio di pensieri, una cosa risulta chiara: l'impossibilita' di cogliere realmente l'alterita', cioe' l'impossibilita' di conoscere la verita' se utilizziamo solo l'occhio e la mente. Questi non possono non portare - come la storia della filosofia e dell'arte dimostrano - che allo scetticismo totale, salvo l'ausilio di altre facolta' dell'uomo, tutte interne e spirituali, quali la fede e l'iniziazione, ma qui siamo in altri territori, propri dell'individuo e non di tutti, mentre l'arte vuole, di solito, parlare ai piu', non solo agli iniziati.

Pur con un taglio un po' diverso, anche Enrico Minato opera con i paradossi e le ambiguita' che sono propri della realta' e delle facolta' dell'uomo. Da un lato e' affascinato dalla "fisicita'" del linguaggio che usa ora ironicamente, ora poeticamente, ora politicamente, ora affettuosamente - a cominciare da tutti gli impasti e giochi linguistici legati al suo nome "minato", da cui "campo minato", "contaminato", ecc. -, cosi', addobbando il luogo espositivo con le sue frasi, costringe il visitatore a pensare, a vedere, a capire tutte le varie possibilita' che la parola ha, non avendo un solo e certo significato. Da un altro lato e', anche lui, preso dal problema della realta' e della apparenza.

Minato ama i libri - oggetti che contengono linguaggi, parole - a tal punto da renderli inaccessibili, infatti sono chiusi, serrati, le loro pagine irraggiungibili. Ma il libro che non si lascia leggere e' un libro? Certo ne ha l'aspetto ma non la funzione: e qui abbiamo enunciato un principio gnoseologico che, come tutti gli altri, poi viene falsificato in un gioco di massacro per il quale - come nella condanna di Sisifo - ogni conquista, o quella che tale appare, viene fatta "rotolare", poi, a valle per ricominciare lo sforzo (di conoscenza e di verita'). I libri di Minato sono muti, o meglio hanno i fogli muti, perche' in realta' il libro di per se' dice e dice molto, infatti sulla copertina appare una o piu' parole (si tratta di qualcosa di piu' che del semplice "titolo") che possiedono una forza evocativa tale da rendere (quasi) superflue le parole "interne". Come l'ungarettiana "mi illumino d'immenso" ci evoca e ci provoca emozioni e parole a non finire cosi' sui libri di Minato, quali per un sospiro, si stacca deciso per l'aria, a ritmo cade, della sola luce, impantanato, ecc., si potrebbero scrivere interi capitoli per ciascun titolo, data l'intensita' di sensazioni e di riflessioni che suscitano.

Cosi' se la realta' si presenta in tutta la sua saldezza, la sua tenace chiusura e impenetrabilita', le facolta' umane denunciano la loro debolezza salvo, con un guizzo d'orgoglio, poter penetrare e, addirittura, andare al di la' dei contenuti celati del/nel libro, proprio con l'intuizione che sola permette il superamento di cio' che e' "reale".

Inaugurazione: domenica 23 aprile, ore 11

Cantina Trebotti
frazione Case Nuove - Castiglione in Teverina
Orari: dalle ore 10 alle ore 20

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