Ian Anull
Giovanni Bai
Gianluigi Colin
Gabriele Di Matteo
Thomas Ruff
Cesare Viel
Barbara Fassler
Aldo Grasso
Arte e fotogiornalismo. Opere di 6 artisti contemporanei: Ian Anull, Giovanni Bai, Gianluigi Colin, Gabriele Di Matteo, Thomas Ruff, Cesare Viel. Gli artisti evidenziano con le loro riproduzioni, installazioni, dipinti e disegni come il flusso quotidiano delle fotografie sui giornali impregni profondamente la memoria soggettiva e collettiva. A cura di Barbara Fassler.
Arte e fotogiornalismo
Ian Anull, Giovanni Bai, Gianluigi Colin, Gabriele Di Matteo, Thomas Ruff, Cesare Viel
A cura di Barbara Fassler
La mostra collettiva sulla “press-art" presenta opere di sei artisti contemporanei che hanno indagato per anni il ruolo, il valore e il modo d’utilizzo della fotografia nella carta stampata. Tramite un’operazione di appropriazione e di conseguente rielaborazione delle immagini giornalistiche, questi lavori riflettono sull’impatto delle fotografie nella nostra memoria visiva, nella nostra realta' e nella nostra coscienza storica.
Gli artisti evidenziano con le loro riproduzioni, installazioni, dipinti e disegni come il flusso quotidiano delle fotografie sui giornali impregni profondamente la nostra memoria sia soggettiva che collettiva. L’informazione si sedimenta con il passare del tempo nella nostra coscienza e forma una sorta di collezione di immagini archetipiche. Il nostro vivere quotidiano privato si intreccia con il nostro immaginario “pubblico" per costituire dei concetti in continuo flusso: strumenti per comprendere il mondo circostante.
Le ricerche esposte rammentano che ogni scatto fotografico e ogni abbinamento giornalistico implicano un punto di vista, una presa di posizione e un’interpretazione. Tramite la citazione, gli artisti ci propongono un passaggio in piu': essi scelgono accuratamente alcuni esempi dalla stampa, per sottolineare la sua peculiarita' di finestra sul mondo con visuale parziale che comprende sempre una scelta precisa di cio' che ci e' dato di vedere e di cio' che e' stato omesso. Le opere ci insegnano una lettura critica della nostra realta' attraverso un’analisi dell’informazione di massa e mostrano che i due terreni rischiano di confondersi. Tra i lavori scelti nascono vari collegamenti sia per i contenuti che per il loro aspetto formale e visivo. Il flusso delle immagini crea in tal modo una rete di mutui rimandi tra le indagini e i linguaggi formali degli autori.
La fotografia utilizzata dalle testate giornalistiche, con una diffusione di massa, diventa, trasposta nel mondo dell’arte, un’originale o una tiratura limitata e acquista valore d’opera d’arte, un “ready-made" che assurge a testimone e icona del nostro tempo.
Scheda sugli artisti
Ian Anull (*1948, Sempach [Svizzera], vive e lavora a Zurigo e Parigi)
L’attivita' artistica di Ian Anull si articola come discorso critico attorno alle strutture e ai giochi del potere, mediante immagini, segni e marchi ((r) Registered Trademark) e i loro mutamenti di senso e di valore. L’artista non intende commentare gli avvenimenti del quotidiano, ma contribuire, attraverso la loro analisi, alla comprensione dei funzionamenti della societa' e al chiarimento della propria esistenza e del proprio ruolo. Ian Anull non cerca risposte, ma pone domande: per lui l’aspetto politico si trova in un “Io" inseparabile dal “mondo", nel senso in cui lo intendeva E'mile Zola quando parlava dell’“Essere del suo tempo".
Nell’opera in mostra, Borsa di Tokyo (2000), alcuni broker giapponesi, disperati dal crollo della borsa, buttano infuriati in aria le azioni ormai prive di valore che hanno perso il loro senso. Lo spiazzamento semantico gioca con il destino delle cose e i fogli finiscono tragicamente in terra. Prive della loro funzione speculativa, le azioni sono diventate semplicemente dei fogli di carta sparsi casualmente per la galleria.
Giovanni Bai (*1952, Milano, dove vive e lavora)
Sociologo e videopittore, si occupa da tanti anni di problemi della comunicazione e del funzionamento dei media. Nel 1990 fonda l’associazione culturale Museo Teo, “museo senza sede e senza opere", che pubblica la rivista Museo Teo Artfanzine con lo scopo di diffondere l’arte contemporanea. Riflessioni critiche sul ruolo delle immagini nella stampa, il loro fluire e fruire veloce e il loro impatto sulla costituzione della realta' stessa, portano l’artista a sperimentare una ricerca sull’immagine televisiva. Bai scruta le possibilita' creative del mezzo televisivo con strumenti minimali, sfruttando le interferenze e le loro amplificazioni per alterare le immagini, oppure manipolando gli effetti di rifrazione per distillare ex novo effimeri fotogrammi in cui rimangono soltanto trame e griglie, e in cui i colori si esaltano come in un quadro espressionista.
La serie Saddam (1991) presentata in mostra e' costituita da venti “videopitture" stampate su tela che sfruttano i disturbi delle trasmissioni e la mancanza di sintonia - qui in corrispondenza con la tragica realta' - per ottenere risultati pittorici inaspettati. La ripetizione del soggetto e l’abbinamento delle tele in una linea retta alludono all’aspetto temporale del medium televisivo.
Gianluigi Colin (*1956, Pordenone, vive e lavora a Milano e Roma)
Come art director del Corriere della Sera, Gianluigi Colin vive la velocita' e la caducita' dell’informazione dall’interno del giornale. Mentre Colin il giornalista e' esposto giorno per giorno al flusso violento delle notizie e delle immagini che si producono senza sosta e senza pieta', Colin l’artista decide di fermare questo flusso. Rallentare per guardare meglio, per comprendere, per penetrare e smontare la realta' che sta dietro a queste immagini scorrevoli, delle quali alcune, malgrado il consumo immediato, si imprimono nella nostra memoria ed entrano nel nostro patrimonio culturale. Mediante le sue analisi, Colin scopre dei parallelismi tra alcune fotografie del quotidiano e delle icone della storia dell’arte, come se si trattasse di archetipi ancorati nella nostra coscienza e nell’inconscio di chi scatta le foto per la cronaca.
La serie di dittici, I disastri della guerra, presentata nell’esposizione, ci dimostra con alcuni esempi molto pregnanti questo meccanismo di apparente riemersione delle immagini dalla storia nella fotocronaca. Colin confronta le incisioni di Goya dal titolo omonimo (1810-1820) con delle fotografie dell’Iraq dei nostri giorni. In questi abbinamenti di soggetti e composizioni incredibilmente simili, il linguaggio delle immagini effimere si trasforma in un linguaggio senza tempo.
Gabriele Di Matteo (*1957, Torre del Greco, vive e lavora a Milano)
L’opera di Gabriele Di Matteo fa pensare al “gioco del nascondino", dove il vero e il falso, l’originale e la copia, l’autore e l’esecutore perdono i contorni netti, e dove lo spettatore rischia di perdere l’orientamento. I suoi dipinti non ci parlano di un contenuto rappresentato, ma della categoria della pittura stessa. Tramite un procedimento mimetico partendo da “rappresentazioni" mediatiche, Di Matteo discute la legittimita' della pittura nell’era dei mass media. I soggetti dipinti e replicati in serie (tra due e cinque cloni) assomigliano a riproduzioni tecniche, con la sola differenza che, essendo manufatti, finiscono per non essere mai completamente identici. Se poi ogni tanto la pittura e' eseguita da un “alter-ego" dell’artista, la mimetizzazione si estende dall’“originale" che e' una riproduzione, al “quadro" che esiste in vari esemplari, per arrivare finalmente all’“autore" che pure si e' moltiplicato.
Nelle opere esposte, gli “originali" sono presi dai giornali: 9/11 (2001) ricorda, piu' che una foto del disastro dell’undici settembre, un quadro del Canaletto. Nel dittico My Permanent Food, Di Matteo compie un ulteriore giro nel gioco mimetico: si e' riappropriato delle due fotografie identiche di Tyson (tratte da un periodico) che aveva dato come contributo alla prima edizione della rivista Permanent Food di Maurizio Cattelan, e le ha dipinte in formato ingigantito.
Thomas Ruff (*1958, Zell a. Hammersbach/Schwarzwald, vive e lavora a Dusseldorf)
L’indagine di Thomas Ruff scruta i 360 gradi del panorama fotografico e delle sue possibilita' come medium. Dopo le prime esperienze di fotografia “dal vivo", l’artista concentra la sua attenzione sugli scatti altrui, accessibili a un vasto pubblico. Per dieci anni (1981-1991) egli colleziona 2500 foto da vari giornali. Queste foto, che seguono criteri redazionali invece che intenti artistici, dimostrano, secondo Ruff, una intrinseca qualita' e una forza attrattiva. Con queste riproduzioni di riproduzioni di riproduzioni, una volta abbandonate le attese convenzionali della fotografia, diventa finalmente possibile concentrarsi sul vero messaggio delle immagini.
La serie Zeitungsfotos (1991) in mostra, e' un’edizione di 400 foto tratte dai giornali, ingrandite in scala 4:1, che mantengono il taglio e il retino originale, ma che sono prive di didascalia esplicativa. Le fotografie derubate dal loro contesto sia contenutistico che mediatico, acquistano un’aura in cui si sente una loro importanza narrativa e storica diffusa, che pero' ha perso qualsiasi collocazione. “Quale valore informativo rimane in una fotografia del giornale" - si chiede l’artista - “se separiamo l’immagine dalla sua funzione?"
Cesare Viel (*1964, Chivasso [TO], vive e lavora a Genova)
Con la serie di disegni Thank you Emily (in mostra), Cesare Viel ha avviato nel 2002 una ricerca progressiva sull’iconografia contemporanea a partire dalla cronaca del presente. Nel suo Diario Contemporaneo, l’artista abbina dei disegni al tratto sottile ricalcati dalle foto del giornale a delle frasi manoscritte citate da scrittori quali Susan Sonntag, Virginia Woolf o Emily Dickinson. Al ridisegno delle foto giornalistiche con la loro presunta oggettivita', la parola aggiunge un impatto emotivo e soggettivo in piu' e indirizza la lettura in profondita'. Nel diario una soggettivita' ripensa il mondo, lo destruttura e lo ristruttura. Nella vicinanza tra rappresentazione visiva e verbale si stabiliscono vari rapporti strutturali: raramente Viel si ferma all’uso consueto della didascalia denotativa, l’artista cerca piuttosto di avvicinare al disegno delle frasi di portata visionaria dal passato e con cio' di elevare l’immagine fuggitiva della stampa a valori e preoccupazioni umane universali.
Catalogo Bel Vedere-Electa con testi di Aldo Grasso e Barbara Fassler in galleria
Bel Vedere onlus - associazione no profit per la promozione della cultura fotografica
Immagine: Ian Anull, Borse Tokio, 2002. Ink-Jet su stoffa 302 x 298 cm e fogli vuoti A4, 302 x 298 x 300 cm. Courtesy Mai 36 Galerie, Zurigo
Inaugurazione giovedi' 11 maggio ore 18,30
Bel Vedere Fotografia
via Santa Maria Valle 5 20123 Milano
Aperta da martedi' a domenica, ore 13-20