David Smithson: Bach Backwords, in mostra l'ultimo video dell'artista statunitense. Marco Neri: Nero di Marte e Omissis, recenti produzioni pittoriche sul tema delle omissioni. Video di Liliana Moro & Bruce Nauman: (Una tarda sera nel futuro), punti di vista intorno a Samuel Beckett in una riflessione intorno al teatro; installazione site specific di Giancarlo Cauteruccio e Loris Giancola.
Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci inaugura sabato 6 maggio alle ore 18.00 tre nuovi eventi espositivi in simultanea all’interno di differenti spazi della struttura museale.
Nella Sala Teatro, che ha recentemente ospitato la mostra dell’artista senegalese Soly Cisse' e importanti selezioni di opere della Collezione permanente, Marco Neri presenta un originale progetto installativo incentrato sulle sue ultime produzioni pittoriche, Nero di Marte e Omissis, coinvolgendo per l'occasione la compagnia teatrale Motus nella realizzazione di una performance site specific ispirata al tema delle "omissioni".
Gli spazi espositivi al piano terra (Ingresso, Lounge e Project Room), dopo Massimo Bartolini, Letizia Cariello, Fabien Verschaere, Kinkaleri, Flavio Favelli e Luca Vitone, ospitano alcune tra le opere piu' significative di David Smithson, presentate per la prima volta in un museo italiano. La mostra propone in prima assoluta, tra le altre, l'ultimo video dell'artista statunitense, Bach Backwards, presentato in forma di apposita installazione.
Nelle sale espositive della Biblioteca e' allestito il progetto espositivo (Una tarda sera nel futuro). Punti di vista intorno a Samuel Beckett, frutto di una nuova collaborazione fra il Centro Pecci e Scandicci Cultura. L’iniziativa nasce da una riflessione intorno al teatro di Samuel Beckett nel centenario della sua nascita, mettendo a confronto con i testi del grande autore irlandese un video di Bruce Nauman, una videoinstallazione di Liliana Moro e un'installazione site specific di Giancarlo Cauteruccio e Loris Giancola.
Marco Neri
Omissis
Sala Teatro
Marco Neri (Forli', 1968) ha posto al centro del proprio paradigma artistico il paesaggio, divenuto autentico medium personale di ricerca e sperimentazione. Le sue realizzazioni riflettono un repertorio vastissimo che attinge alla tradizione pittorica del Novecento italiano per giungere ad una progressiva mutazione, riducendo gli elementi presenti nelle immagini o isolandoli in apposite serie (ritratti, architetture, bandiere). In un rapporto non mimetico con la realta', attraverso uno stile tecnicamente scarno, l’artista ricodifica il linguaggio formale del paesaggio, ereditato dalla cultura tradizionale, dischiudendo alla pittura figurativa contemporanea infinite nuove possibilita'. Lo spazio vi figura come un “non luogo", dove sembra percepirsi l’eco delle persone e del loro passaggio.
In un’intervista del 2001 egli ha riassunto cosi' le tappe fondamentali del suo percorso: "Ho lavorato per anni sulla deflagrazione dello sguardo attraverso il paesaggio, poi sulla sua implosione nel ritratto. Successivamente ho messo in relazione queste due esperienze attraverso le finestre e nel 2000 ho affrontato il sogno di un’opera "universale", un paesaggio/ritratto totale, con la restituzione simbolica di tutte le identita' e le terre del pianeta." Il suo Quadro mondiale, composto di 192 tele raffiguranti le bandiere di tutte le nazioni, campeggiava sulla facciata del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2001 (Platea dell’Umanita', a cura di Harald Szeeman).
Dopo la visione planetaria delle bandiere di tutto il mondo, Neri ha concepito un'altra "opera universale": Omissis (2005) da cui prende il titolo l'attuale mostra di Prato. Partendo dalla contrapposizione emblematica del bianco e del nero, dei lumi e delle tenebre, egli ha composto un nuovo impressionante Quadro mondiale questa volta dedicato alle identita' personali, meticolosamente schedate secondo una pratica poliziesca, giudiziaria. La scientificita' del metodo utilizzato nella raccolta delle informazioni, con immagini e testi basati su un principio di apparente eguaglianza fra gli individui, contrasta con l'indeterminatezza dei ritratti e l'inintellegibilita' delle corrispondenze ad essi associate. I contenuti sono tenuti nascosti da una volonta' censoria, che omette consapevolmente cio' che ritiene non si possa rivelare pubblicamente. Appare chiaro, in questo caso, il riferimento alle varie pratiche e ai documenti confidenziali, segreti e top secret istituiti dagli odierni servizi e sistemi di sicurezza.
Quest'opera sottolinea la relazione fondamentale tra il linguaggio negato e la conseguente incapacita' di leggere criticamente i fatti che ci riguardano. Evidenzia come l'impoverimento del linguaggio verbale, a vantaggio di un bombardamento visivo, e la conseguente perdita di strumenti logico-deduttivi influenzino la capacita' d'interpretare la realta' e la possibilita' di astrarsi da essa.
In un mondo dove tutto appare reale pur essendo ampiamente virtuale, a cominciare dalla nostra stessa identita' socio-culturale, Neri esalta il ruolo del linguaggio pittorico come strumento assolutamente virtuale, tuttavia in grado di farci osservare, riflettere e forse ancora comprendere la ragione con cui ci dovremmo avvicinare al reale.
All'inaugurazione la compagnia teatrale MOTUS, ispirandosi e collegandosi all'installazione di Neri, realizzera' una performance site specific prodotta appositamente per l'occasione.
Mostra realizzata dal Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci
con la partecipazione di Motus
Courtesy Galleria Fabjbasaglia, Rimini
Catalogo edito da Postmediabooks, Milano
David Smithson
Bach Backwards
Lounge - Project Room
David Smithson (Dumas, Texas, 1956), dopo studi in architettura, si e' formato come scultore divenendo "un maestro della forma contenuta" (L. Fritz Gruber) perfezionata lavorando il marmo di Carrara e il bronzo a Pietrasanta (1984-2002), la ceramica, la terracotta e la porcellana in Olanda (1990-1993). Dal 1994 vive e lavora a Colonia.
Da alcuni anni si dedica alla produzione di fotografie e video d'artista. A differenza delle sculture, forme levigate solcate da fini incisioni astratte, le fotografie e i video di Smithson sono ritagli di realta': immagini sezionate e riassemblate come nel caso del ritratto fotografico Selfportrait (2000), in cui il volto dell'artista si sdoppia assumendo per meta' quello del padre, oppure scene rappresentate e talvolta recitate nel caso dei video.
Nel 2002 l'artista ha tenuto la sua prima mostra personale italiana a Bologna, presentando Burning Boots, un video girato poco prima dell'11 settembre 2001, che ora viene riproposto al pubblico in forma di proiezione all'ingresso del percorso museale al piano terra.
"Arde una coppia di stivali da cowboy sulle rive del fiume Lika (Croazia), territorio di conflitti, distruzione e lotte di potere. Il contrasto tra il fiume e la terra, avvolti in un silenzio tombale, e le fiamme che divampano e' stridente. Cosa raccoglie in se' quel gesto? E' un atto di denuncia, di protesta? Distruzione, sofferenza, lento logorio, guerra? E' l’emblema di un approccio critico alla vita, la manifestazione delle paure dell’uomo, la messa in luce delle proprie lacerazioni interne e superficiali. David Smithson gioca esclusivamente sul piano simbolico, come in preda a una sorta di mimesifobia. Anche nelle opere precedenti, sia scultoree che visive, l’artista ha indagato i fragili equilibri dell’individuo." (Daniele Perra)
Bach Backwards e' l’ultimo video di Smithson e propone l’interpretazione musicale da parte di due musicisti (l'artista stesso accompagnato da Ralph Lennartz) delle parti per la mano destra e la mano sinistra dell’Inventio No. 1 in C maggiore per piano di Johann Sebastian Bach, eseguite in avanti e indietro con due chitarre basso elettriche. L'opera esplora una simmetria-asimmetria visiva, acustica ed etica, come l’oscillazione tra destra e sinistra, avanti e dietro, forme positive e negative, nozioni morali come giusto e sbagliato, significati come realta' e finzione, presentando in definitiva l’interfaccia deliziosamente imprevedibile tra il mondo del sogno e la realta' dei fatti. Solleva inoltre questioni sul modo in cui la realta' fisica e lo scorrere del tempo vengano documentati attraverso i media, su come l’uso di immagini e linguaggi sia utilizzato per registrare una storia.
L’installazione all'interno della Project Room e' composta dalla proiezione a dimensione pressoche' reale su uno schermo e da una scacchiera al pavimento simile a quella che compare in video, cosicche' lo spazio reale dello spettatore e quello virtuale dell'opera si mescolano e confondono.
La mostra include inoltre Technobelisk I (1996), raffinata scultura in bronzo posta al centro della sala circolare in dialogo con il Wall Drawing permanente di Sol LeWitt; l'installazione Eternal Frame, versione originale del classico memoriale di guerra, e una serie di recenti opere fotografiche dell'artista tese a investigare vari riferimenti mitologici presenti nell'odierna societa' americana.
Una tarda sera nel futuro
Punti di vista intorno a Samuel Beckett
Sale Biblioteca
(Una tarda sera nel futuro). Punti di vista intorno a Samuel Beckett e' un progetto espositivo che nasce da una riflessione intorno al teatro di Samuel Beckett e che mette a fuoco l’interazione tra la "parola" e il linguaggio delle arti visive. Il titolo e' tratto da uno dei testi teatrali piu' celebri di Beckett: l’incipit de L’ultimo nastro di Krapp, un dramma in cui il valore della parola, la violenta ambivalenza del linguaggio, vengono messi in primo piano, sia sul piano formale - strettamente funzionale - della redazione del testo drammaturgico, sia nella piu' ampia prospettiva culturale e psicologica che interessa l’uomo contemporaneo.
Il progetto, ideato da Pina Izzi e curato da Pietro Gagliano', e' inserito nel calendario di manifestazioni 1906BECKETTCENTOANNI2006, ideato e curato dalla direzione artistica del Teatro Studio di Scandicci.
“Samuel Beckett attraversa il Novecento investendo tutti i campi del pensiero e delle pratiche artistiche della contemporaneita'. La relazione con le arti visive, in particolare, e' riscontrabile in una pluralita' infinita di ricadute, a tutti i livelli di consapevolezza, in tutti i milieu delle scene occidentali e anche oltre.
In distretti non certo periferici di questa arena di confronto emerge il riferimento (gia' esaustivamente indagato e oggetto di vasta letteratura) con il lavoro di Bruce Nauman (nato in Indiana nel 1941). Nauman interpreta il lessico delle nuove tecnologie (nello specifico il video) con una spregiudicatezza e un’ampiezza della prospettiva critica che si imparenta a quella di Beckett - che pure era nato oltre trent’anni prima. Simile e' anche la consapevolezza, quasi vaticinante, con cui entrambi presentano - ancora in fase sperimentale - la crisi degli strumenti e dei linguaggi sui quali lavorano; simile e' il senso del limite, dell’impedimento, dello sforzo sisifeo di ogni uomo contemporaneo.
In tempi piu' recenti, con il testo di Beckett si e' confrontata Liliana Moro, crossover dei piu' diversi alfabeti formali, nome di punta della recente generazione artistica italiana. Moro, dalla fine degli anni ’90, ha realizzato una serie di lavori in cui assimila dall’universo beckettiano il disagio dei processi creativi, l’astrazione dello spazio scenico, il contrasto tra la ricerca di comunicazione e gli ostacoli legati alla lingua e ai codici. Una sua opera fa parte, tra l'altro, della collezione permanente del Centro Pecci.
Al crocevia di un’indagine piu' che decennale sulla parola, la luce e lo spazio secondo Beckett si situa la sperimentazione di Giancarlo Cauteruccio. Cauteruccio si pone nuovi interrogativi sull’autore che piu' di ogni altro ha distinto la sua carriera come regista teatrale, ma questa volta lo fa mettendo in primo piano la sua sensibilita' di architetto e artista visivo. In quest’occasione propone una installazione multisensoriale dedicata all’oggetto di scena del teatro beckettiano, ineludibile punto di riferimento per il regista, l’attore e l’artista." (Pietro Gagliano')
Il percorso espositivo si dipanera' all'interno delle sale poste accanto alla biblioteca del Centro, presentando in altrettanti ambienti separati ma attigui fra loro l'ambiente installazione Spazio/Parola/Oggetto (1982-2006) di Giancarlo Cauteruccio e Loris Giancola, il video Revolving Upside Down (1968) di Bruce Nauman e la videoinstallazione Un Temps (1997) di Liliana Moro.
Inaugurazione: 6 maggio 2006 ore 18.
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci
viale della Repubblica, 277- Prato
Orario d'apertura: da mercoledi' a domenica 10-19