Adrian Tranquilli
Simona Bassano di Tufillo
Daniela Pergreffi
Chiara Coccorese
Antonio De Luca
MaraM,Eliana Nappo
Walter Picardi
Michele Quercia
Eliana Vamvakinos
IABO
Valerio Veneruso
Francesca Romana Morelli
Laboratorio di Adrian Tranquilli, a cura di Francesca Romana Morelli. La mostra nasce dalla collaborazione fra la sezione didattica della galleria, gli allievi piu' promettenti dell'Accademia di Belle Arti di Napoli e lo Studio di Tranquilli. Opere di: Simona Bassano di Tufillo & Daniela Pergreffi, Chiara Coccorese, Antonio De Luca, MaraM,Eliana Nappo, Walter Picardi, Michele Quercia & Eliana Vamvakinos, IABO, Valerio Veneruso.
NOTgallery Sezione Didattica presenta Heroes un laboratorio di Adrian Tranquilli, a cura di Francesca Romana Morelli.
L'evento Heroes nasce dalla collaborazione della sezione didattica di NOTgallery, l'Accademia di Belle Arti di Napoli e lo Studio Adrian Tranquilli; l'intento e' quello di dare agli allievi piu' promettenti l'occasione di confrontarsi con uno spazio e con una realta' lavorativa, quella di Ng che quotidianamente si adopera nel tentativo non di trasformare gli artisti in nuove figure professionali, ma dando coscienza a loro ed al loro pubblico delle forme e dei modi in cui si possa
intervenire e migliorare la realta' visibile.
In mostra i lavori di: Simona Bassano di Tufillo & Daniela Pergreffi , Chiara Coccorese, Antonio De Luca, MaraM,Eliana Nappo, Walter Picardi, Michele Quercia & Eliana Vamvakinos, IABO, Valerio Veneruso.
Heroes
Testo di Francesca R. Morelli
L’idea di organizzare un laboratorio degli allievi con Adrian Tranquilli, che potesse poi confluire in una collettiva ospitata dalla Not Gallery, mi e' venuta l’anno scorso, quando stavo concludendo un corso sulla storia della Performance Art negli anni ’60 e ‘70. E’ ormai da diverso tempo, che sto studiando quel periodo cosi' carico di idee, di valori, di fenomeni artistici e culturali, frutto di scambi tra l’Italia, il resto dell’Europa e l’America. Quello che piu' mi interessa e' il modello di artista che nasce in quel momento, che si preoccupa non soltanto di pensare l’arte come un ‘evento’ proiettato nello spazio reale, ma anche, e soprattutto, di dare un senso “etico" al suo operato, partecipando alle grandi trasformazioni sociali e vivendone sulla propria pelle anche gli aspetti piu' tragici. Grazie alla sua carica utopica e alla densita' concettuale l’opera nata in questo contesto sperimenta uno dei paradossi piu' veritieri dettati da Gino De Dominicis: “E’ il pubblico che si espone alle opere d’arte e non viceversa".
Alla fine del corso in cui i miei allievi avevano potuto conoscere ed appassionarsi alle vicende di John Cage, Yves Klein, Piero Manzoni, Fluxus, Jannis Kounellis, Marina Abramovic, Luigi Ontani, della New Dance americana, a forme di teatro come il Living Theatre e il Teatro povero di Jerzy Grotowski, sentivo il bisogno di concludere con un lavoro che andasse oltre la pura esperienza teorica. Inoltre, dopo due anni di insegnamento all’Accademia di Napoli, desideravo “testare" il lavoro compiuto fino a quel momento. Non c’e' nulla di piu' efficace per riflettere che entrare nel vivo delle cose, esperirle. Mi sentivo poi stimolata dalle potenzialita' che da qualche anno andava manifestando sempre con maggiore intensita' la citta' di Napoli, oggi in pieno rigoglio artistico e aperta agli artisti che si stanno appena affacciando sulla scena, come dimostra il vivo interesse da parte di alcune gallerie verso i nostri studenti.
Decisi cosi' di rivolgermi ad Adrian Tranquilli, un artista del quale stimo innanzitutto la capacita' di relazionarsi con la societa' e con un “pubblico", ogni volta diverso, ma mai visto semplicemente come fruitore o soggetto passivo. Per esempio, in Chi l’ha visto/who has seen it? (1999) chiese agli abitanti di Serre di Rapolano di disegnare un alieno, in modo da spingerli a confrontarsi con il proprio immaginario; in Know yourself, un lavoro realizzato tra l’Armenia, Roma e New York (2002-2004), le persone furono invitate a indossare la maschera di Batman in situazioni di vita ordinaria. Il suo ultimo video, These Imaginary boys, girato a New York nel 2004, e' permeato di un’atmosfera malinconica e satura di oscuri presagi.
Nel 2000, presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, avevamo gia' sperimentato con Adrian la struttura di base di un laboratorio: un primo incontro, la proposta di un tema, una successiva fase in cui gli studenti elaboravano per conto proprio un progetto, una mostra conclusiva della durata di un pomeriggio. In quella occasione ci eravamo dati dei tempi molto stretti: una settimana per l’intero progetto. Questa volta il laboratorio avrebbe avuto delle modalita' ben piu' impegnative: chi avesse aderito avrebbe dovuto mettere in conto una serie di viaggi da Napoli a Roma per incontrare Adrian presso il suo studio e “affinare" il proprio progetto dall’idea iniziale fino alla realizzazione di un’opera, in grado di sostenere il pubblico di una galleria di tendenza, come la Not Gallery, in una delle citta' italiane piu' ricche sotto il profilo dell’arte contemporanea.
Anche i tempi di svolgimento dell’intero progetto sarebbero stati molto piu' lunghi: da sei mesi a un anno, tutto sarebbe dipeso dalle circostanze.
Questo laboratorio e' frutto di un anno di un anno pieno di lavoro: il primo incontro e' avvenuto il 18 maggio 2005 presso il Teatro dell’Accademia, con la partecipazione di circa 400 studenti. Alla proposta iniziale di realizzare un laboratorio hanno aderito una settantina di studenti, che si sono gradatamente ridotti fino a dodici. Per i “superstiti" e' stato un anno di viavai tra Napoli e Roma, di fitte discussioni, di soldi spesi in materiali e benzina, di tempo impiegato per realizzare la “propria" opera. Per tutti noi e' stato un momento di crescita e una sfida, con noi stessi e anche con i luoghi comuni che indicano l’Accademia come una istituzione ormai perdente e fuori dai giochi che contano.
Durante la fase di lavorazione, uno degli scogli piu' insidiosi si e' rivelato quello rappresentato da una certa idea di “napoletanita'". Alcuni dei progetti avevano inizialmente un tono “dialettale" o comunque legato fortemente al clima psicologico e culturale della citta'. Il superamento di questa fase e' avvenuto quasi naturalmente, con un lavoro di sfrondatura condotto dagli stessi studenti, fino a lasciare emergere, semmai, i lati migliori di un rapporto con una citta' forte e coinvolgente come Napoli. Dal canto suo Adrian non ha mai scartato nessuna idea maturata da un allievo. Quello che gli ha offerto e' stata invece un’analisi ravvicinata del suo progetto, discutendo anche le ragioni di certe critiche, il perche' era meglio fare delle scelte di un certo tipo piuttosto che altre. Spesso si e' preoccupato di metterlo davanti a piu' di una soluzione di un problema, in modo che fosse lo studente a trovare la strada giusta per se.
Sono nate cosi' nove opere, che hanno forti connotazioni personali, sia per la poetica che le anima, come per il medium espressivo impiegato. Iabo (alias Rocco Salvatore) ha creato un videocartoon incentrato sulla figura del CreaAttivo, un nuovo supereroe, “poco super e molto eroe", impersonato da lui stesso in una Neapolis irta di grattacieli. Come nella migliore tradizione concettuale il progetto nasce da un gioco di parole “a Napoli- spiega Iabo- Batman diventa Batt’ e’ mann, ovvero Batti le mani" E’ questo un “gesto" che trasforma Batman in un personaggio negativo e obsoleto, alle prese con il nostro eroe che “non agisce fisicamente contro il male ma utilizza la creativita', il linguaggio e la forma per prevenirlo". Si tratta di un “abito mentale" riflesso nel costume costruito da Iabo per indossarlo nel backstage del video: pantaloni a zampa d’elefante, maglietta nera che reca impresso a rilievo un rullo, simbolo del CreAttivo, maschera, mantello giallo e i guanti da chirurgo bianchi. Anche Michele Quercia ed Eleana Vamvakinos si ispirano a Napoli e al suo mondo feroce, dove l’eterna lotta tra bene e male vede in prima linea quei giovani, che vogliono “guardare lontano" con lucidita' e intelligenza, senza per questo rinnegare le proprie radici (non bisogna dimenticare che Napoli fra Sette e Ottocento ha conosciuto una fase illuminista e si e' aperta al progresso scientifico e tecnologico). L’utilizzo del linguaggio fotografico serve a dare maggiore nettezza alla figura dell’adolescente-pulcinella, che cerca di trovare la forza dentro di se' e nel suo corpo acerbo. Pulcinella si ritrova anche nell’installazione a parete di Eliana Nappo, volta a mettere in luce il labile confine tra verita' e menzogna, che continuamente sperimentiamo nel nostro vivere quotidiano. L’autrice si e' servita di tre cassette di salvataggio comprate nell’apposito negozio, che ha poi modificato, collocando al posto dell’estintore una maschera di pulcinella e un bastone. L’opera e' una sorta di readymade aiutato, che volutamente rinuncia al lato sensuale della materia estetica che potrebbe distrarre lo spettatore dalle sue riflessioni o rassicurarlo. Maram (sotto le cui mentite spoglie opera Mara Maglione) ha invece concepito un’installazione multimediale, incentrata sul simbolo della “porta", luogo di arrivi e di partenze, punto di varco da un mondo a un altro, da una condizione a un’altra E ancora, secondo Freud “le porte (entrata o uscita dalle stanze) stanno a significare le aperture del corpo." L’autrice ha utilizzato un passaggio della galleria e lo ha “chiuso" con un tessuto elastico in modo da poter ricavare uno schermo su cui proiettare un video composto di spezzoni cinematografici che riprendono a ritmo accelerato il momento di mutazione dei supereroi. Questa soglia tra mondo fisico e virtuale, lascia aperto un varco per l’osservatore che puo' scegliere di attraversarlo e di sperimentare le possibilita' di apertura e di trasformazione della personalita' umana. Antonio De Luca manifesta invece l’orrore per il corpo soggetto a infinite mutazioni genetiche, dalle quali non si sottrae nemmeno un supereroe come Spider-man. Su di una light-box, dalla luce fredda come quella di un gabinetto di anatomia, ha inciso lo scheletro di Spider-man di profilo: allo stesso modo del protagonista nella Metamorfosi di Kafka, l’eroe sta inesorabilmente regredendo allo stato di insetto. Nasce cosi' un’immagine contraddittoria che esalta e demonizza al tempo stesso il corpo, grazie a una tecnica sottile e raffinata capace di conferire bellezza, di intrappolare la luce dei neon nei solchi sottili tracciati con il bulino elettrico. Un tono piu' leggero e ludico caratterizza invece il lavoro di Simona Bassano di Tufillo e di Daniela Pergreffi. Hanno ideato una lavagna magnetica dove e' possibile combinare i pezzi che compongono le sagome di otto supereroi contemporanei, grazie a una calamita che recano sul verso. “Le caratteristiche fisiche degli eroi sono legate alle loro ‘peculiarita' eroiche’, dalla Sirenetta a Pinocchio, da Batman a Goldrake, da Papa Giovanni Paolo II a Humphrey Bogart, per cui le abbiamo riprodotte in un’immagine sintetica - spiegano le autrici- che abbiamo poi sezionato in tanti parti che il fruitore potra' modificare, smembrare, ri-assemblare a suo piacimento." In questo modo il fruitore, come in un reality show, diventa il burattinaio che muove i fili dei suoi eroi, ne decreta la vita e la morte, senza rendersi conto che in realta' e' lui stesso a essere un burattino mosso a sua volta da qualche mangiafuoco invisibile. Valerio Veneruso trasforma il visitatore nello spettatore di un mondo che vive chiuso in una scatola magica quale e' il televisore, riproponendo cosi' certi meccanismi catartici alla base del teatro antico. Nel suo video i volti di alcuni eroi televisivi, visti in un’accezione negativa, come Maurizio Costanzo e Simona Ventura, si sovrappongono a quelli di sconosciuti alla ricerca spasmodica e volgare di “quindici minuti di celebrita'". A questi si aggiungono i bestiali lottatori di wrestling, i ballerini e quant’altro, che si muovono, come il resto, a un ritmo schizofrenico. Siamo invitati anche noi a partecipare al gioco, guardando senza essere visti: Valerio Veneruso ha preparato per noi un appartato angolo domestico, composto di un televisore, pile di giornali e un paio di pantofole. Il vero supereroe per Walter Picardi e' invece“ il lavoratore fisso, con il suo ‘eroismo, la capacita' di convogliare le energie nello stesso percorso di vita materiale che compie ogni giorno.". Picardi ha scelto di filmarne tre con un videofonino, un oggetto di uso ordinario che annulla ogni “distanza estetica" con i suoi eroi in azione. Fanno parte dell’installazione anche i caricabatterie e le prese di corrente, che, spiega Picardi “rappresentano cio' che alimenta il meccanismo del nasci- produci- consuma- crepa, l’energia da cui si ricava la possibilita' del movimento consuetudinario." Come Pasolini, che rifiutava il mondo borghese, ma nel contempo desiderava n qualche modo appartenervi, quale desiderio latente di una possibile armonia con se' e il resto del mondo, Picardi confessa la sua incapacita' di integrarsi “nell’ordine che ti da' da vivere (e ti ammazza al tempo stesso)". All’opposto Chiara Coccorese reclama quella condizione d’infanzia, tanto idolatrata da certi artisti contemporanei, perche' permette di mantenere una verginita' intuitiva nella percezione del mondo. Ha creato cosi' una scultura che immagina un gruppo di eroi sciolto in una massa informe da una macchina costruita apposta per distruggerli. E’ una metafora struggente del mondo attuale, che per realizzare i propri interessi, non esita a distruggere i valori piu' alti che da sempre hanno animato l’uomo. Infine Cref (alias Vincenzo Chieti), che si e' preso il compito di realizzare il catalogo del laboratorio, con la collaborazione di Iabo. Da un po’ di anni ha scelto la sua strada come grafico, che assume uno stretta relazione con la sua attivita' di writer (Cref e' la sua tag), due “mondi" dove la forma d’arte non puo' prescindere dal contesto in cui va ad inserirsi. Suggestionato dalla conoscenza di Dieter Rams, designer nato da una costola della Bauhaus, Cref ha fatto della chiarezza, della semplicita', della leggerezza i principi ispiratori del suo operato come artista multimediale. La sua forza e' quella di usare uno stile preciso ed essenziale, capace di dotare le cose ordinarie di un potere immenso. Lo stesso concetto che ha animato il nostro Laboratorio.
Immagine: Antonio De Luca
Opening: 15 maggio 2006 ore 18,30
NOTgallery
Piazza Trieste e Trento, 48 80132 Napoli
orari di apertura: dal lunedi' al venerdi' dalle 13,30 alle 19.sabato e domenica su appuntamento.