In mostra opere del periodo cinetico, altre del successivo geometrico sino alle piu' recenti esplosioni cromatiche e alle ultimissime “macchie di colore" dove l’esperienza dell’astrattismo si fonde interagendo con quella dell’informale.
Sinfonie cromatiche
Ferruccio Gard. Un “astrattista" dal sapore pop
E' una piccola ma esaustiva antologica, una preziosa mostra cammeo, quella che la Galleria De Faveri di Feltre dedica, dal 10 giugno al 02 luglio 2006, a Ferruccio Gard, esponente di spicco del nuovo astrattismo italiano.
L’esposizione di Feltre e' pressoche' concomitante con la grande mostra che la citta' di Padova propone sino al 2 luglio nelle sale di Palazzo del Monte di Pieta', per rendicontare i 35 anni di pittura dell’artista torinese di nascita, ma veneziano d’adozione.
La mostra feltrina tuttavia non e' un “doppione in chiave minore" di quella patavina, un’escamotage per sfruttarne la cassa di risonanza, ma si presenta dotata di autonoma coerenza rispetto alla proposta madre.
La mostra di Ferruccio Gard alla Galleria De Faveri presenta in parete un numero contenuto di opere, ma la scelta oculata consente una panoramica analitica e per molti versi esaustiva: vi sono opere del periodo cinetico, altre del successivo periodo geometrico sino alle piu' recenti esplosioni cromatiche e alle ultimissime “macchie di colore" dove l’esperienza dell’astrattismo si fonde interagendo con quella dell’informale. Ora, proprio la sinteticita' del percorso espositivo feltrino e le caratteristiche dello spazio che favorisce una visione raccolta e per nulla dispersiva, consentono al visitatore, e al critico, di cogliere facilmente l’intima coerenza dell’evoluzione artistica di Ferruccio Gard e forse di azzardare nuove letture.
Osservando il dipanarsi dell’evoluzione creativa gardiana ci troviamo sottoposti ad una costante. Dopo un po’ che le fissiamo, le opere di Gard (siano esse cinetiche o geometriche o informali) sembrano muoversi. O meglio ci fanno pensare di essere pronte a muoversi. Dopo un lungo sguardo attento possiamo (anzi dobbiamo) chiudere gli occhi e la nostra fantasia fara' il resto.
Ci troveremo allora immersi in vortici fluttuanti, in esplosioni stellari, in lenti movimenti caleidoscopici. Potremo immaginare, sulla base della nostre propensioni musicali, di sentire sinfonie o i ritmi liquidi del rock progressivo o quelli ipnotici dell’heavy metal, accompagnarsi ai movimenti delle forme e dei colori. Se riapriamo gli occhi, il quadro di Gard che abbiamo davanti, quale quadro esso sia, ci apparira' ora in una luce diversa, come lo schermo su cui viene proiettato uno affascinante spettacolo son et lumie're. Non per caso i titoli di molte opere gardiane inneggiano alla musica (Pentagramma, Melodia cromatica, Concerto…). Guardare un’opera di Gard e', insomma, un’esperienza ipnotica o forse, per meglio dire, psichedelica.
Ecco allora che mi sorge spontaneo un dubbio: l’origine dell’arte di Ferruccio Gard va davvero cercata nei padri dell’astrattismo, Mondrian, Kandinskij, ecc. che egli ama ed esalta quando parla di se' con quell’estrema proprieta' di linguaggio che gli deriva dall’essere anche qualificato giornalista oltre che valente artista? Non sara' che l’archetipo visivo su cui Gard continuamente agisce moltiplicandolo, metamorfosandolo, vada trovato molto piu' vicino a noi, magari nella multimedialita' degli anni sessanta del ‘900, in quella che fu detta per l’appunto iconografia “psichedelica", che si separo' da una costola della Grande Esperieza Pop * e dove alla fine si ritrovarono a convivere le musiche e le proiezioni degli Iron Butterflay di In-a-gadda-da-vida, dei Pink Floyd di Umma Gumma, le allucinogene sequenze di transfert dimensionali a cui Stanley Kubrick sottopone l’astronauta (e gli spettatori) di 2001 Odissea nello Spazio…
L’ipotesi e' meno peregrina di quanto si possa pensare ad un primo acchito. In fondo Gard e' nato nel 1941 e appartiene alla generazione che ha fatto grandi gli anni sessanta. Che poi il nocciolo dell’espressivita' gardiana abbia subito l’imprinting del favoloso decennio 1960, sembra confermato anche dalla ricorrenza di certi abbinamenti cromatici che inneggiano alla fluorescenza e alla stesura “serigrafia": i flirt e gli sposalizi fra i rosa accesi, gli azzurri pieni e gli arancio che si confondono col beige, ci sono stati insegnati da Andy Warhol e da Tom Wesselmann.
Faccio allora torto a Ferruccio Gard, gli tolgo forse nobilta' artistica, se penso che la sua pittura sia, alla fine, piu' in debito con la Pop Art e con l’Arte psichedelica che non con l’amato Astrattismo? Forse bisognerebbe cominciare ad accettare che per la generazione artistica di Ferruccio Gard e per molte di quelle venute dopo, Andy Warhol o magari Stanley Kubrick hanno, volenti o nolenti, avuto nell’immaginario creativo un peso ben piu' rilevante di Mondrian o di Kandinskij. A dispetto delle apparenze, dei comprensibili innamoramenti intellettuali e senza nulla togliere all’innegabile gigantismo e alla nobile importanza delle Avanguardie.
Roberto Roda
Art director della Galleria d’arte Moderna e Contemporanea della Citta' di Bondeno
*Adopero il termine “Grande Esperienza Pop" in senso lato per designare quel coacervo espressivo che costituisce l’anima degli anni sessanta e a cui, fra mille distinguo, e' possibile ricondurre esperienze diverse eppur complementari e/o contigue come la musica beat e quella pop, la moda ye'-ye', la grafica new-liberty, l’Arte psichedelica, la Pop Art, ecc.
Galleria de faveri a.rte
Via Mezzaterra, 10 - Feltre (BL)