Architettura fisionomica e' l'ultima serie di lavori dell'artista. Nasce come progettazione dello spazio quale identita' che abita se stessa lasciandosi scorgere dall'altro e come corrispondenza fra aspetto umano e comportamento. A cura di Tania Giuga.
Architettura Fisiognomica
A cura di Tania Giuga
L'Architettura e', secondo la definizione classica, la disciplina che ha come
scopo la progettazione dello spazio in cui vive l'essere umano.
Nell'architettura concorrono aspetti tecnici e artistici: l'Architettura e'
il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce - affermava
nel 1923 Le Corbusier. E qualche anno dopo, nel 1925, chiariva il concetto
Mies van der Rohe: Chiarezza costruttiva portata alla sua espressione
esatta. Questo e' cio' che io chiamo architettura.
La Fisiognomica e' una disciplina pseudoscientifica che pretende di dedurre i
caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico,
soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto. Il termine deriva
dalle parole greche physys (natura) e gnosis (conoscenza). Fin dal XVI
secolo questa disciplina godette di una certa considerazione tanto da essere
insegnata nelle universita'. La parola fisionomia e' collegata a questi
concetti ma in seguito venne usata fra gli studiosi la parola fisiognomica
per distinguerla dall'idea di fisionomia.
L’Architettura fisionomica e' l’ultima serie di Emilia Badala' concepita per
gli ambienti dei Mercati Generali. Nasce come progettazione dello spazio
quale identita' che abita se stessa lasciandosi scorgere dall’altro, oltreche'
corrispondenza fra aspetto umano e comportamento. E’, negli esiti, materia
vibrante dei sogni, lo si puo' affermare in funzione di un assemblaggio che,
dalla micronizzazione dei frammenti a collage, arriva alla stampa plotterata
100 x 70 cm. Sei parti divenute insieme coerente, due rettangoli graffiati e
retro illuminati e quattro densissime superfici convergenti su un ovale
antropomorfo che, come nelle fasi lunari, viene decostruito o accresciuto di
una porzione ridondante - a seconda del punto di vista - in tempi congelati
che ricordano quasi gli still da video.
Dal ritorno all’oggetto pellicola, a volte dichiarato altre indirizzato
verso una stratificazione, alle trasparenze polimateriche, dal positivo al
negativo, nella ricerca dell’immagine della “grande madre" archetipica.
Magma e quiete, perturbante e familiare ad un tempo, percezione di
incongruenze suggerite e apparentate con il mistero che il volto, la persona
nell’antica accezione di maschera teatrale, guscio vuoto, reca con se'.
CENNI SULL’ARTISTA
Emilia Badala' lavora sulle diapositive a partire gia' dagli anni ‘80. Il
processo corrisponde ad una cifra stilistica concettuale: dall’immagine
fotografica, come esito indipendente, alla creazione di fotomontaggi su
diapositiva. L’esecuzione pur subordinata al tipo di materia che ne delimita
il campo e gli effetti, si giustappone alla techne', che ne qualifica la
coerenza d’intervento in stretta connessione con l’idea. A partire dalle
esperienze su materiali trasparenti di Aldo Kappadona e Bruno Munari,
risalenti agli anni ‘60, ai filmati dei Beatles con il loro humour
psichedelico, fu questo background culturale, visivo e televisivo, a
individuare l’allure tematica della Badala', inducendola a optare per il tema
della luce, della trasparenza e della riflessione.
Il concepimento del lavoro dei “Volti" si definisce meglio nel 1995, periodo
in cui l’artista era impegnata con l’attivita' pedagogica al Museo d’arte
contemporanea di Amburgo; a stretto contatto con gli artisti appartenenti al
movimento concettuale.
Badala' comincia proprio allora a interessarsi in special modo al lavoro di
Robert Barry, il quale, ricordiamo, assieme a Lawrence Wiener, Joseph
Kosuth, Douglas Huebler e Sol Lewitt partecipo' alle prime mostre e alle
pubblicazioni curate da Seith Siegelaub, tra cui lo "Xerox Book", che rimane
il vero manifesto dell'Arte Concettuale.
L’idea dei volti differenzia la matrice della Badala' dall’opera di Barry -
che non parla di opera, ma di paradigmi artistici e tende cosi' a porre
l’accento sui processi mentali, spesse volte de-estetizzati, che stanno a
monte della formazione dell'oggetto d'arte, riducendone al massimo
l'ingombro fisico - e viene strutturata in serie per l’esposizione “Occhio",
alla galleria Zehn di Hannover.
Tania Giuga
Immagine: Emilia Badala', Passion, 2005, collage su diapositiva plotterato su Pvc, 70x100 cm
REALIZZATA DA Mercati Generali & studio Opera viva
SI RINGRAZIA Studio Opera Viva di Lina Lizzio
INAUGURAZIONE 1 agosto 2006, ore 21.00; ingresso gratuito fino a mezzanotte
Mercati Generali, SS 417 Km 69 Catania