Entratalibera
Milano
corso Indipendenza, 16
02 70006147 FAX 02 76115126
WEB
Carla Cerati
dal 14/2/2007 al 30/3/2007
da martedi a sabato dalle 11 alle 19:30; chiuso lunedi e domenica
02 70006147

Segnalato da

Cristina Pariset



approfondimenti

Carla Cerati
Bruno Rainaldi



 
calendario eventi  :: 




14/2/2007

Carla Cerati

Entratalibera, Milano

Mondo Cocktail. "Infinite volte ho stampato, asciugato, selezionato queste fotografie; infinite volte mi sono trovata sola davanti a quei provini, cercando di leggere negli sguardi, ipotizzando legami tra le persone..." (C.Cerati)


comunicato stampa

Mondo Cocktail

L’idea di un’indagine tra i frequentatori di un cocktail-parties mi nacque per caso osservando una foto scattata alla inaugurazione del negozio di arredamento aperto a Milano da Willy Rizzo e Nucci Valsecchi.

Mi aveva mandato “L’Espresso”, alla ricerca di squarci di vita mondana con belle donne. Tra le centinaia di persone che entravano e uscivano, chiedevano o accettavano champagne e noccioline salate, una bella donna c’era: non giovane, ma con uno splendido, provocatorio, divertito sorriso. Vestiva una lunga cappa di lana viola e portava al collo molti giri di perle; i capelli erano raccolti in un turbante stile anni ’40; le spaccature del mantello lasciavano libere le braccia avvolte in larghe maniche a sbuffo; l’abito lungo, anch’esso viola, era quasi interamente ricamato. La signora parlava con al padrona di casa, il loro atteggiamento era confidenziale, malizioso; ad un certo punto sedettero su un letto dalla coperta di renna. Scattai alcune foto. Stampandole mi sorprese la varietà e la qualità degli oggetti che le componevano; tornai ad osservare l’abbigliamento della signora e mi nacque l’idea di continuare ricercando il clima del momento, i tic, le mode, le manie, gli ambienti. Lavorai per tre anni, con sempre più chiara in me l’idea di fissare ciò che è transitorio eppure resta a testimoniare chi eravamo in quegli anni, quali le influenze che ci condizionavano o i miti da cui eravamo attratti.
Non spetta a me dire se ci sono riuscita; la mia intenzione era gettare un’occhiata critica in quella parte della nostra società; ma mi dovetti correggere, poiché questo avrebbe lasciato supporre la presunzione di non farne parte io stessa, e invece ero come il bambino allo zoo davanti alla gabbia delle scimmie: le osserva e si diverte mentre altri lo osservano e si divertono del suo divertimento.

Da bambina mi chiudevo spesso in bagno e ci stavo per ore a raccontarmi storie inventate; so da mia madre che i miei familiari si alternavano dietro la porta ad ascoltare. Non c’è molto di cambiato da allora: da quella prima volta davanti alla foto delle due belle donne che ridono rovesciate sul letto, ho ricominciato a raccontarmi storie inventate, questa volta chiusa in camera oscura. Infinite volte ho stampato, asciugato, selezionato queste fotografie; infinite volte mi sono trovata sola davanti a quei provini con in mano la lente di ingrandimento; cercando di leggere negli sguardi, ipotizzando legami tra le persone, passioni, vizi, rabbie, angosce, solitudine; ogni volta sorpresa, come sfogliando una vecchia collezione di giornali, ritrovando persone che al momento dello scatto non sapevo chi fossero e che i casi della vita mi avevano fatto conoscere più tardi, constatando quale cambiamento in pochi anni, i capelli prima corti ora lunghi, le barbe, i maglioni, le cravatte, i cappelli, tutto ciò con cui cerchiamo di nasconderci. E qui di nuovo il divertimento: vedere come avevo potuto trattare questi sconosciuti, capire quale poteva essere la differenza di trattamento nel momento in cui cessavano di essere tali, cioè nel momento in cui non sarei più stata priva di pregiudizi nei loro confronti; poiché anche la stima e l’affetto possono creare pregiudizi a un fotografo impedendogli di scavare dentro una realtà che non sopporta intrusioni, delicatezze, paure.

Si dice: “Essere obiettivo”. Ma io non credo nell’obiettività dell’obiettivo perché un fotografo può, se vuole, deformare la realtà; e spesso proprio qui sta il divertimento: nel creare una realtà fittizia filtrando la realtà oggettiva attraverso l’idea che ce ne siamo fatta. Carla Cerati

Con Federico Cerati dividevo durante gli anni del liceo gli stessi ideali politici e Silvia, la sua ragazza, mia grande amica. In comune i due avevano l’appartenenza a famiglie che allora venivano identificate come borghesia illuminata. Silvia figlia di un sociologo di fama internazionale, Federico di un intellettuale dell’editoria torinese. Io da una famiglia che Claudio Lolli celebrava uccidendola con una canzone spietata. “Vecchia piccola borghesia non so dire se fai più pena schifo o malinconia” .

Eppure amavo la mia famiglia e vi ritornavo sempre come si torna in un porto. Le tante cene passate a casa di Federico mi vedevano spettatore di gesti borghesi sopravvissuti a pensieri che intendevano fare a pezzi la morale corrente, per ricreare un nuovo mondo di libertà. Parole feroci espresse con garbo e tagliente ironia. E lì conobbi Carla. Bellissima col suo caschetto rosso, occhi piccoli e lucenti, spesso inguainata in jeans neri di pelle che non la facevano sentire fuori luogo neppure quando, con quegli stessi jeans, preparava con scioltezza il cibo per tutti.Singolare era che, intenta nell’atto del cucinare, continuasse a parlare di cariche della polizia, commentasse le cronache di quegli eventi, inveendo con perspicace sagacia contro l’articolista del Corriere considerato di parte.Madre attenta, ma sempre donna, fotografa, scrittrice,
magnifica nella sua completezza. Mai ammisi di essermene innamorato.

Semplicemente la osservavo stregato senza neppure osare fare un confronto con la mia di madre che, forse coetanea, pur essendo bella, sembrava provenire da una civiltà lontana. Quei pochi anni in casa Cerati furono anni pieni di stimoli. Le notti passate a osservare Carla mentre stampava o sceglieva le foto da consegnare ai giornali, le corse di notte in macchina a consegnare i plichi di foto al “fuori sacco”, la posta celere del tempo, o guardarla preparare il set per le foto in studio del giorno dopo. Mi comprai una macchina fotografica, trasformai lo sgabuzzino di casa in camera oscura, osservato con affetto tollerante dai miei genitori che dovettero rinunciare a un comodo spazio per la fuffa di casa. Ma poi finì il liceo e con esso persi di vista Federico, casa Cerati, Carla e la mia macchina fotografica. La incontrai per caso molti anni dopo in un bar in San Marco. Le andai incontro sorridendo salutandola con un ciao Carla che bello rivederti.
Non mi riconobbe dandomi del lei. Passarono altri anni, una conoscente comune mi propose di fare una mostra fotografica nella mia galleria e tra alcuni nomi mi propose la Cerati. Eccola tornata, immutata, magnifica Carla Cerati
Bruno Rainaldi

Inaugurazione: 15 febbraio 2007

Entratalibera
Corso Indipendenza 16 - Milano
orario: da martedi a sabato dalle 11 alle 19:30; chiuso lunedi e domenica
Ingresso libero

IN ARCHIVIO [2]
Carla Cerati
dal 14/2/2007 al 30/3/2007

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede