Fotografie di edifici apparentemente diversi che hanno pero' una cosa in comune: la presenza di una luce che trasforma tutto quello che illumina, come volesse svelare un'architettura nascosta.
Colte in Flagrante
Dopo più di 10 anni dall'ultima mostra alla Galleria dell'Oca, l'architetto Giancarlo Pediconi espone alcune fotografie di edifici, architetture colte in flagrante, fissate nel loro essere mutevoli.
Da molti anni Giancarlo Pediconi si porta dietro, nella tasca laterale della giacca o dentro una cartella, una piccola macchina fotografica, con la stessa disinvoltura e con la stessa frequenza con cui i medici internisti si portano dietro lo stetoscopio: qualcosa ritenuta non solo utile, ma indispensabile, che oramai fa parte della sua vita. Pediconi è architetto, ma prima di tutto è un occhio dietro il quale lavora una camera oscura, che sceglie e riprende tutto quello che d’interessante la sua curiosità segnala.
E l’interessante per lui, almeno per un lungo periodo, si è identificato con gli edifici di ogni tipo: non solo le strutture, ma anche i vuoti che si aprono all’interno dei palazzi in rifacimento, le colonne verticali e i gradini trasversali, le forme cubiche di certe case in opposizione alle semisfere delle cupole. Le foto sono state scattate in vari momenti della giornata e sembrano molto differenti tra loro, ma una cosa le accomuna: la presenza di una luce che trasforma tutto quello che illumina come volesse creare un’architettura parallela o svelare un’architettura nascosta.
E’ curioso come nella progettazione di un edificio non si dia, normalmente, tutta l’importanza che merita alle metamorfosi che subisce l’edificio nel corso della giornata per effetto del sole o dell’assenza di sole, con le ombre che appaiono e scompaiono, che dilatano i muri o li rimpiccioliscono, che mutano prospettive ed inquadrature. Con le sue fotografie Pediconi ha sempre cercato di ridare agli edifici la loro vera natura di esseri cangianti: non statici, ma in continua perenne mutazione, come se questo fosse il loro destino.
Con il suo fare sornione, facendo finta di giocare con una piccola mania come tante, senza nessuna importanza, Pediconi in realtà stava tentando un’impresa ambiziosissima, sotto le vesti di qualche inquadratura cercata frettolosamente nei ritagli di tempo. Come diceva Cartier Bresson : “ Non esiste che il momento, oppure l’eternità” . Rimandando il problema dell’eternità a data futura, Giancarlo si è concentrato sull’attimo che conta, quello che per una qualche ragione s’imbatte nel reale in conoscibile , che ha come davanti a sé un muro, chiamato in Oriente “velo di Maja”, lo trova “off guard” e come distratto e assonnato e lo coglie “ in Flagrante”, nella speranza che riveli quello che normalmente non vuole rivelare.
Galleria dell'Oca Arte Contemporanea
Via del Vantaggio, 45a Roma
Orari: Martedì – sabato 11 – 13:30, 14:30 – 20
Ingresso libero