In mostra lavori di assemblaggio definiti dallo stesso autore "Etno-Dadaisti" ed aventi come tema portante una spiritualita' che e' contemporaneamente moderna ed ancestrale.
Mostra personale
Il giorno 23 febbraio alle ore 18.30 si inaugura a Roma presso la galleria delle cose ARCH in V. Giovani Lanza 91/a (L.go Brancaccio) la mostra personale dell’artista Antonio Verdone in cui verranno esposti i suoi lavori di assemblaggio definiti dallo stesso autore “Etno-Dadaisti” ed aventi come tema portante una spiritualità che è contemporaneamente moderna ed ancestrale.
La galleria Arch è una galleria delle cose. Singolare crocevia tra arti visive e artigianato, si trova nel centro di Roma nello storico rione Monti a pochi passi da Largo Brancaccio. Il progetto dello spazio è di Junior Zunica pittore, fumettista e web-designer e con lui la curatrice e restauratrice Raffaella Ciccia e il curatore e art manager Leonardo Tizi. Il nome ARCH rimanda a un vero e proprio arco in mattoni rossi visibile al centro dello spazio ed è l'acronimo di Art Research Creative House, dove ricerca e creatività stanno ad indicare i presupposti alla base delle iniziative che la galleria intende proporre ai suoi visitatori.
In questo spazio Antonio Verdone espone i suoi lavori fatti di assemblaggi di materiali, pittura, collage, scrittura. L’insieme è un ordinato caos, da cui traspare il sommovimento dell’anima dell’artista che si rivela ricettiva e trasmittente al contempo. Verdone riceve dalla realtà che lo circonda input esistenziali, ne avverte i bisogni dell’anima repressi e insoddisfatti da una società colma di consumi e tecnologia. Da questo suo sentire ricava il suo lavoro, raccogliendo e mettendo insieme oggetti e ritrasmettendo una simbologia totemica, ancestrale, religiosa e magica che scopre l’arcaico che si cela dietro l’innalzamento adorante della ragione da parte della nostra ultrascientifica società.
L’antico uomo-bambino che è in noi, colui che ancora teme, senza più confessarlo, il rumore del tuono e la luce del lampo, riemerge in tutta la sua semplicità davanti ai quadri di Verdone. La magia di un assembramento pieno di segni/simboli che si sovrappongono moltiplicandosi ed annullandosi l’un l’altro, impedisce all’occhio dello spettatore di decodificare ogni messaggio presente nell’opera, obbligandolo a fruire del suo insieme. Opere con occhi fissanti il vuoto, o lo spettatore, come fosse la stessa cosa; minuscoli oggetti trovati, capitati nella vita dell’artista; spaghi, sacchi, materiali che coprono e colore intenso, colmo, che riempie lo spazio.
Sovrapposizioni inconsce nate dallo stato di coscienza, in un affollamento metaforico che possiamo definire “sensazionale” nel senso del percepire, del captare. Le opere di Verdone vengono concepite e ancor più lette come rituali magici, rimandano alle sovrapposizioni degli ex voto, ai segni delle arti divinatorie femminili, narrano di epoche remote; nei suoi lavori il sentire meticcio, la mescolanza delle rappresentazioni, creano una narrazione che mette al suo centro il recupero degli scarti di una società opulenta che butta via il bambino con l’acqua sporca, le sue radici espressive con una superflua superstizione.
Così gli oggetti assemblati dall’artista descrivono una varia umanità spesa e consumata, rappresentano la folla, la ressa, l’ammassamento di un villaggio arcaico ma sempre più globale che fonde, ricicla e logora culture, gente, immagini, sacrificando il sentire reale all’illusoria realtà del consumo.
Di tutto questo ci parla Verdone, nelle sue opere sussurri ed urli ci avvertono, danno segnali della nostra deriva decadente. Inascoltati? Forse. Come una moderna Cassandra, Antonio continua a metterci in guardia dal nostro stesso naufragare, con la consapevolezza dell’essere incompreso, ma con l’urgenza, la necessità, il destino di non poter tacere. Marina Zatta
Inaugurazione: 23 febbraio alle ore 18.30
Galleria ARCH
V. Giovanni Lanza 91/a - Roma
Orario: Dal Martedì al sabato 10.30-14 e 16.30-22. Domenica 16.30-22.00