Le lettere, i numeri, le ruote dentate, le corde e le pulegge di Nuzio Paci. Piero Gilardi partecipa all'elaborazione tecnica delle nuove tendenze artistiche della fine degli anni '60: Arte Povera, Land Art, Antiform Art.
Il coraggio dell’incoscienza
Piero Gilardi nasce a Torino nel 1942. Nel 1963, realizza la sua prima mostra personale “Macchine per il futuro”. Due anni più tardi realizza le prime opere in poliuretano espanso ed espone a Parigi, Bruxelles, Colonia, Amburgo, Amsterdam e New York. A partire dal 1968 partecipa all'elaborazione tecnica delle nuove tendenze artistiche della fine degli anni '60: Arte Povera, Land Art, Antiform Art. Collabora alla realizzazione delle due prime rassegne internazionali delle nuove tendenze allo Stedelijk Museum di Amsterdam e alla Kunsthalle di Berna. Nel 1969, comincia una lunga esperienza transculturale diretta all'analisi teorica e alla pratica della congiunzione “Arte Vita”.
Come militante politico e animatore della cultura giovanile conduce svariate esperienze di creatività collettiva nelle periferie urbane e “mondiali'': Nicaragua, Riserve Indiane negli USA e Africa. Nel 1981 riprende l'attività nel mondo artistico, esponendo installazioni accompagnate da workshops creativi con il pubblico. A partire dal 1985 inizia una ricerca artistica con le nuove tecnologie attraverso l'elaborazione del Progetto “IXIANA” che, presentato al Parc de la Villette di Parigi, prefigura un parco tecnologico nel quale il grande pubblico poteva sperimentare in senso artistico le tecnologie digitali. Nel corso degli ultimi anni ha sviluppato una serie di installazioni interattive multimediali con una intensa attività internazionale. Insieme a Claude Faure e Piotr Kowalski, ha costituito l'associazione internazionale “Ars Technica”.
Nunzio Paci, classe ’77, nato a Bentivoglio (Bo), vive e lavora a Bologna. Inizialmente il progetto, poi il software strutturato su tre componenti principali: uno “Sketcher” per realizzare disegni di base; un “Variazionale” per facilitare modifiche e disegni parametrici; un “Drafting” per completare, nel modo più dettagliato, ogni tipo di progetto. La combinazione di modellazione solida e superficiale, unitamente all’uso di operazioni booleane, consente la creazione di qualsiasi forma concepibile. Il taglio laser per l’elevato livello di flessibilità del processo e l’illimitata gamma di materiali a cui può essere applicato e, ancora, l’infinita varietà delle forme che è possibile ottenere.
Infine la fase della cucitura del fondo, precedentemente progettato, viene realizzata con l’utilizzo di una macchina da cucire professionale unita alle abili mani di una sarta (sua madre), consente a Paci di assemblare materiali eterogenei. La pittura eclettizzata dal laser, dal disegno CAD, dal design progettuale, individua un’estetica dell’astrazione praticata nel camuffamento dell’autobiografia per giocattoli meccanici e gestuali anziché per letterature descrittive. Pur tuttavia Paci lascia in sedimento una dimensione colta e dell’ascolto. Un gioco di parole e baratti. Il contatto con l’ambiente del writing, l’adozione inconscia dei crismi dell’idioletto estetico, il codice comunicativo che viene indicizzato come eloquente in sé e non nel suo portato informativo, determinano dei paradigmi e degli stadi ben precisi.
Le lettere, i numeri, le ruote dentate, le corde e le pulegge. Un’ottica dégagé, che dal secolo scorso procede nella sostituzione della tecnica alla cronaca, esibisce l’ingranaggio come sineddoche dello human interiors. Ma questi macchinari in “ozio” di Nunzio Paci sono paralizzati, inceppati. Non producono ritmici brusii: giacciono elevati a forma senza funzione sulla superficie delle tele, in viaggio per una mistica dell’incontro fra materia e senso. Iperrealismo non formale? Ipermateria, dice il giovane artista, rugginosa, perfettissima. Perché nell’opera il lessico e la nomenclatura, “l’interno della scatola”, contano solo come oltrelettura della realtà.
Il concetto e la struttura esibita si incontrano in un equilibrio classico, nel medium machluhaniamente freddo. Come per l’informazione radiofonica, più una sintesi artistica cripta il messaggio – meno lo visualizza iconicamente – più elementi lascia all’interpretazione, alla ricomposizione, all’intima natura di chi la guarda. High touch a fronte dell’high tech. Ogni merce soggiace al principio della permutabilità e della sostituibilità. Ogni opera d’arte è materialmente merce, la si divulga in digitale travolgendone la percezione sinestetica e la dimensione tattile, ne si acquista il simulacro e la si rende trasportabile su supporti leggeri, ne si irradia la somma significante, la scorza e la parvenza; non l’essenza, il mistero, la vertigine implicatoria. Il vuoto.
Tania Giuga, testo in catalogo
Presentazione critica di Gian Ruggero Manzoni
Catalogo TEN a cura di Tania Giuga
Inaugurazione: domenica 18 marzo, ore 18.00
Galleria Studio2
Via Nuova, 53 Faenza (RA)
Orario: da martedì a venerdì dalle ore 16.oo alle ore 20.00 sabato dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00 lunedì chiuso, domenica su appuntamento
Ingresso libero