Mosaici. Nel suo lavoro recupera anche la tradizione piacentina piu' recente. Le murrine che compongono le sue Cravatte rimandano alle pietre dure di forma tondeggiante che segnano l'esordio di Sichel, mentre motivi come quelli delle pagine o dei libri fanno pensare ad Armodio.
Rivisitazioni
in collaborazione con
Comune di Piacenza Assessorato alla Cultura Piacenza
Spazio Mostre - Palazzo Farnese
24 Marzo - 9 Aprile 2007
Sembra che con i mosaicisti a Piacenza non si possa mai stare tranquilli, e così questa arte
antica che penseremmo strettamente e pianamente legata a un discorso di abbellimento
dell’architettura (un pavimento, una volta, una lunetta) passando dalla Romagna di
millecinquecento anni fa all’Emilia di oggi diventa un’arte che si vuol rendere protagonista a
tutto tondo: facendosi magari tridimensionale, oppure facendosi addirittura flessibile, se il
caso è quello di tessere disposte su un supporto in grado di piegarsi.
Quando Bruno Sichel scopre il mosaico – questo è infatti, tra i recenti, il predecessore più
illustre nella nostra città per Dino Maccini – la scoperta avviene per caso. Un antiquario gli
paga il lavoro di restauro di un dipinto con un cofanetto pieno di pietre dure e Sichel comincia
a giocarci immaginando cosa fare di quelle ametiste, di quei turchesi, dei granati, dei coralli e
dei cammei. Decide di provare a comporci un mosaico, e ne esce un mosaico bizzarro, dove le
pietre sgomitano e quasi non accettano di piegarsi a comporre il gioco delle linee. Sichel è
pressoché un autodidatta nella disciplina, solo in un secondo momento si impadronirà alla
perfezione delle tecniche, ma intanto avrà prodotto opere, anche di tema sacro, davvero
singolari.
Il caso di Dino Maccini invece procede in senso inverso: messa a fuoco la sua passione va a
Ravenna e segue l’insegnamento di Marco Santi, impara perfettamente a padroneggiare ogni
fase del lavoro, da quella del disegno (in cui era già fondato come pittore) a quella della
realizzazione delle tessere (questa fase la impara così bene da provare orrore per le tessere
prefabbricate che si trovano in vendita), da quella della posa a quella finale in cui ci si libera
della calcina e il mosaico riesce finalmente svelato. Solo dopo che la mano è sicura lascia
straripare la sua fantasia. Ecco allora che a fianco delle figurazioni tradizionali, di tema
magari sacro (il S. Antonio Abate di Via Trebbiola, la “Lunetta” di San Pietro sovrastante
l'ingresso della chiesa di Montale, l’altare della chiesa Beato Scalabrini a Fiorenzuola), si
liberano le inserzioni di materiale musivo su pezzi di legno o di metallo, la realizzazione dei
mosaici flessibili di cui si diceva all’inizio che valgono come arazzi, e ancora i giochi fatti con
la luce perché la pasta di vetro la lascia trapelare e allora è bello provare a realizzare anche
una lampada.
In questo suo lavoro Maccini riesce in qualche modo a recuperare anche la tradizione
piacentina più recente. Le murrine che possiamo trovare tra le tessere che compongono le sue
Cravatte ci rimandano con la memoria alle pietre dure tutte di forma tondeggiante che segnano
l’esordio di Sichel, mentre motivi come quelli delle pagine (Strane storie) o dei libri ci fanno
pensare magari ad Armodio, oppure a L’albero dei desideri di Roberto Tonelli, anche se in
Maccini il trattamento è chiaramente diverso. Questo per dire che la fantasia generosa di
questo artista fa parte anche di una tradizione nobile, di assoluta qualità, che caratterizza la
nostra città e più in generale la zona padana. Gli esiti non si negano talvolta un certo tasso di
astrattezza: anche questo a dire che per l’artista il mosaico si smarca dall’essere ancillare
all’architettura e diventa protagonista, opera finita in sé, e continuiamo a crederlo vedendo i
tondi, Tre Q, che sono sculture di mosaico in senso proprio.
In fin dei conti quello che succede è questo: una tecnica antica fatta di pietra acquista tra le
mani di Maccini una grande leggerezza, un movimento inaspettato, lo stesso espresso dalle
Farfalle che qualche fortunato collezionista può vedere ogni giorno nel privato della sua casa.
Gabriele Dadati
Cenni biografici
Dino Maccini nato a Piacenza il 5 luglio 1963 fin dall'infanzia nutre un forte interesse per il disegno
e la pittura, appassionatosi poi all'arte musiva, apprende le antiche tecniche del mosaico a Ravenna
dal maestro Marco Santi, direttore della Cooperativa Mosaicisti di Ravenna nonchè docente della
Scuola Internazionale del Mosaico.
Per informazioni:
Dino Maccini
Tel 347.9542469
info@dinomaccini.it
Ufficio Stampa
Bersani & Morelli
Tel. 0523.314062
bersaniemorelli@fastwebnet.it
Inaugurazione sabato 24 marzo ore 18.00
Conferenza stampa venerdì 16 marzo ore 12.00 c/o Salone Pierluigi a Palazzo Farnese
Piacenza, Palazzo Farnese Spazio Mostre
P.za Cittadella, 2
2 4 marzo – 9 aprile 2007
Orari: da Martedì a Domenica 10 - 13, 15 -19 chiuso Lunedì
ingresso libero