L'habiter est ton habit. Colleges e oltre. Dalle labbra, punto di comunicazione privilegiato, l'artista, allarga la composizione all'interezza del corpo. A cura di Angela Serafino.
L'habiter est ton habit
A cura di Angela Serafino
Se ancora vale per l’artista il sottrarsi agli schemi per restituire all’arte vitalità (Riout), ciò comporta nella messe di strumenti e risorse a disposizione, elaborare tecniche e procedure in grado di parlare una lingua che trae nutrimento non da paradigmi congelati, ma dall’essere partecipe (osservatore attivo), traendo senso dai flussi quotidiani. Come già negli anni sessanta sosteneva Rauschenberg «quando una tecnica diventa luogo comune, l’arte è morta». Luogo comune rischierebbe di essere, oggi, il ricorso a materiali “poveri”, se questi fossero soltanto mere opzioni.
A partire da questo, vale la pena soffermarsi su alcuni elementi che contribuiscono a creare il senso e la differenza nella mostra L’habiter est ton habit, di Marzia Quarta. La scelta e la ricerca che la giovane artista (1979) porta avanti si enuclea intorno ad una relazionabilità tra persone e materiali, creando così una rete attraverso la quale una serie di soggetti, tacitamente e implicitamente, sono coinvolti nella creazione, contribuendo con il semplice gesto di sottrarre materiali di scarto (tappi, polistirolo, carta) potenzialmente destinati, nella migliore delle ipotesi, ad una raccolta differenziata, per destinarli ad un’azione creativa.
È già questo un livello (silenzioso) degno di attenzione, in merito al sistema dell’arte. Continuo a pensare che le procedure siano importanti e vale la pena conoscerle, quanto le opere, poiché comunicano non soltanto l’oggetto della creazione, ma il criterio di formazione e di selezione dell’oggetto, entrando, le procedure, costantemente in rapporto col sistema complesso del reale e della sua percezione. Il livello di coinvolgimento dell’altro, la sua partecipazione attiva può essere pensata, come in questo caso, non di fronte a… ma, compresa nella “filiera” creativa, con un concorso di piccoli tempi e gesti, anonimi ma essenziali, i quali fanno sì che l’opera prenda forma.
La modalità di lavoro della Quarta, parte da un materiale già esistente; questo vale sia per i suoi precedenti collages (le rosse bocche) che per l’attuali opere. Dalle labbra, punto di comunicazione privilegiato, l’artista, spostando all’intero corpo la composizione, elabora, in fasi differenti, gli omini, i balloon people. Mutano di conseguenza le dimensioni spaziali, da una dimensione orizzontale, i balloon people si apprestano ad occupare le altre dimensioni. Si animano, si colorano con l’attenzione non distratta a quei pur sempre necessari codici del colore, che oscillano tra intensità e trasparenza. Di che cosa sono fatti?
Di polistirolo, di palloncini, di calze di nylon. Ce ne sono, a seconda dei colori, tipologie differenti, dalle bambine, alle vecchine, ai personaggi dei fumetti. Da dove vengono questi balloon people? Dalla vita di tutti i giorni e seguono un ciclo che, nella seconda rassegna Arti-col-azioni: appunti possibili sul senso dell’abitare, hanno condiviso tutti gli artisti, il rapporto tra interno ed esterno. Gli omini, man mano vengono fuori, esplorano lo spazio; abitare, tra l’altro, vuol dire prendere forma secondo la propria disposizione; le parole abito ed abitare vengono dalla stessa radice latina e rimandano alla continuità tra sé e il mondo. La mostra chiude la rassegna con lo spirito del disincanto della passeggiata tra gli oggetti inconsueti e consumabili, che con la forza della progettazione e del gioco, ci offrono altre visioni, oltre il…fare la spesa.
Angela Serafino
Cantieri Teatrali Koreja
Via Dorso, 70 Lecce
Ingresso libero