Da tanta parte dell'ultimo orizzonte. "Pochi sono gli artisti capaci, all'interno della loro opera, di mantenere e conciliare i caratteri precipui di istanze di natura opposta quali l'astrazione e la figurazione. Rovella e' uno di questi". Alberto Zanchetta.
Da tanta parte dell'ultimo orizzonte
a cura di Alberto Zanchetta
Pochi sono gli artisti capaci, all'interno della loro opera, di mantenere e
conciliare i caratteri precipui di istanze di natura opposta quali
l'astrazione e la figurazione. Enzo Rovella è uno di questi.
La serie dei "LandScapes "dichiara nel proprio titolo la chiave di lettura
per mezzo della quale si fa strada in noi la possibilità interpretativa
figurativa; è tuttavia nella realizzazione pittorica che tale concetto
diviene stridente e coercitivo. La forma si origina da un gap significante,
abisso ineludibile che si evince nella distinzione concettuale fra il
carattere poetico-evocativo dell'opera e la "mise en œuvre" di questa, ossia
il suo compimento tecnico. Controllo, rigore e metodo la fanno da padroni.
Nulla è lasciato al caso, l'unica sua intromissione viene relegata
nell'ambito di cui è connotato imprescindibile: l'inconoscibilità.
Attraverso essa l'opera diviene arte, ma non come casuale risultato di
malcelate pulsioni inconsce, bensì come razionale produzione di senso.
Enzo Rovella si rivela artista della dicotomia. L'astrazione figurativa, o
la figurazione astratta, non diviene mai fusione schematica, né sintesi
d'intenti, bensì fautrice di microcosmi aniconici e macrocosmi percettivi.
L'esattezza della prassi si prostra di fronte alla volontà della forma, che
a sua volta si flette e si adatta ai voleri della tecnica. Il dialogo
bidimensionale fra superfici cromatiche è schietto e rimane fedele a se
stesso. La profondità dei piani si realizza pienamente contraddicendo la
piattezza della pelle dell'opera. Lo spazio e il tempo non esistono, la tela
li annulla senza annientarli, vengono ricreati tangibilmente e
concettualmente per mezzo del dialogo intertestuale che ricostituisce la
profondità assente. Filtrato, dominato, controllato, il colore non perde la
sua forza; bianco e nero spaccano la visione aprendo lo sguardo verso un
paesaggio "altro", un "oltre" vasto e molteplice.
I "LandScapes" assurgono allo status di paesaggi residuali, chiusi
all'interno di se stessi benché aperti alla comprensione/compressione del
mondo esterno. Distesa, radura, bosco, foresta, lago... paesaggio mentale ed
emozionale che diviene "hortus conclusus," finito e compiuto di per se
stesso. Ma esso racchiude e contiene in sé l'infinitezza
dell'orizzonte: "l'interminato
spazi"o "al di là della siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il
guardo esclude". Poco importa stabilire se ci troviamo di fronte ad una
sorta di Romanticismo analitico o ad una specie di calda Astrazione
figurativa. L'assoluto rigore compositivo di Rovella si scontra con la
potenza evocativa del paesaggio, i suoi "LandScapes "si nutrono di echi
narrativi, scoprendo la possibilità di un universo organico.
L'albero si fa tronco, e il tronco legno. La tela diviene stampa,
xilografia, che proprio nel legno ha la sua matrice. Ma non di xilografia si
tratta, la matrice sussiste come radice, muta da causa in effetto, da
modello a forma. Forma che è testimonianza, anelito, perché la radice è - in
tutto e per tutto - rizoma (Deleuze e Guattari ci informano in merito). Il
modello del rizoma si contrappone a quello dell'albero in quanto comprende
in sé l'idea della molteplicità, sfugge agli schemi precostituiti e
manifesta ramificazioni eterogenee. L'opera di Enzo Rovella si situa
all'interno di tale evoluzione polisemica. La sua tela diviene un campo
tensivo di forze silenziose, in cui contrasti cromatici forti e netti
traggono dalla gradazione, più che dalla sfumatura, la loro potenza
percettiva.
Temperature fredde e venature argentee preservano la vitalità della natura
sopita sotto una spessa coltre di neve, la raffreddano, la bloccano, la
sopiscono senza annichilirla. La malia delle venature, del colore filtrato e
calibrato, sgranato ma definito, è la seduzione della solitudine, l'ansia
della quiete apparente, il conforto della calma; attimi di stasi che fanno
presagire il dipanarsi di un galvanico fremito psicofisico.
La profondità figurativa si diparte dall'astrazione per creare i propri
piani, per inventare la propria esistenza nello spazio e nel tempo. I
"LandScapes
"di Rovella sono dunque superfici inanimate, "inanimali, "capaci di creare
mondi percettivi isolati e isolabili, ma questi - proprio per la loro natura
dialettica - mai si rivelarono più vasti e sterminati.
Inaugurazione: Lunedì, 16 aprile 2007 dalle ore 18 alle 22
Galleria Bianca Maria Rizzi
Via Molino delle Armi, 3 - Milano