Le case dell'artista sono frammenti di sogno bloccati per sempre sulla tela. In questa atmosfera sospesa, tra surrealismo e metafisica, ha fatto il suo ingresso solo di recente la figura umana.
Personale
A cura di Alessandra Redaelli
Accatastate l’una sull’altra in equilibrio precario o fluttuanti in cieli velati da una foschia appena percettibile, le case di Matthias Brandes sono frammenti di sogno bloccati per sempre sulla tela. Geometrie pure, ridotte all’essenza della propria forma, concedono alla curiosità solo l’illusione di rare finestre cieche – murate su un interno che si potrebbe supporre pieno – o, al massimo, di buie porte ad arco. Dipinte con una pennellata materica, scabra, che dà alle superfici un aspetto pietroso, emergono da lagune tranquille o si rivelano nature morte appoggiate su un tavolo, dove una tovaglia candida, della medesima materia pietrosa, mostra il segno di una stiratura ineccepibile. Accanto a loro: cupole perfettamente semisferiche e cipressi acuminati come pugnali.
Con minime variazioni, su cieli che di volta in volta virano all’azzurro, al rosa di un’alba o all’arancio che precede il tramonto, le case tornano tela dopo tela, al tempo stesso rassicuranti e ossessive come un sogno ricorrente. Mantenendo intatta l’essenzialità di una tavolozza giocata sugli ocra, sui grigi, sui verdi cupi e alzata dal rosso dei tetti. Solo di tanto in tanto le case cedono il posto alle navi, massicce come sculture di cemento e costruite come somme di geometrie: l’ovale della chiglia, lo spigolo vivo della prua, i cilindri dei camini.
In questa atmosfera sospesa, in bilico tra surrealismo e metafisica, ma intrisa di una poesia difficile da definirsi sotto qualsiasi etichetta, ha fatto il suo ingresso solo di recente la figura umana, che l’artista tedesco presenta per la prima volta in questa mostra milanese. Le donne di Matthias Brandes sono archetipi senza tempo. Scolpite dal pennello sulla tela con quell’amore per i volumi che era di Masaccio e di Piero della Francesca, si offrono allo spettatore frontali come madonne, tenendo tra le mani piccole case che ne fanno delle divinità protettrici della famiglia.
Inaugurazione: 19 aprile ore 18.00
Galleria L’Immagine
Via Fiori Chiari, 12 - Milano
Ingresso libero