Notturno. Castagno da anni lavora alla costruzione di una moltitudine di cilindri bucati, dall'aspetto vetroso-lavico o pietroso-poroso, cuocendo l'argilla od altissime temperature in un forno di ghisa. E' un lavoro alchemico, fatto di continui tentativi e fallimenti per trovare la composizione adatta e la curva del colore che serve.
"Notturno"
STABILE INSTABILE
Enzo Castagno, dalle caverne della terra alle grate del cielo
Le immagini del fuoco sono,
per l'uomo che sogna e che pensa,
una scuola di intensità.
Gaston Bachelard
Proprio Bachelard, tracciando una poetica del fuoco, scriveva: "il fuoco non è mai immobile: vive quando dorme ". Sempre in bilico fra scintilla e incendio, fra conforto e rischio, è l'idea stessa del bruciare, del consumarsi per purificarsi e rinascere. Giocare col fuoco vuoi dire giocare con le fonti della vita. Con cinismo di taumaturgo lo scultore plasma, cuoce, cola e incendia i suoi figli minerali, cambiando i connotati alla materia come se fosse la mascello di un avversario. Sport violento e filosofico, quello della scultura.
Enzo Castagno da anni lavora alla costruzione di una moltitudine di cilindri bucati, dall'aspetto a seconda più vetroso-lavico o più pietroso-poroso, cuocendo l'argilla od altissime temperature in un forno di ghisa che campeggia nel suo studio e che incute una certo soggezione (ci sta dentro un uomo rannicchiato). È un lavoro alchemico, fatto di continui tentativi e fallimenti per trovare la composizione adatta e la curva del colore che serve.
Ciò che estrae dal forno è; però solo il moteriale di partenze della suo costruzione di senso. Qui finisce il ceramista e inizio il narratore geometrico: i cilindri sumerici diventano reti bi - o tridimensionali, abachi avvolgenti che portano il vento della matematica e dell'urbanistica. Quasi che senza uno mediazione astrotto non si posso sostenere lo sguardo dello spazio non organizzato. Quasi che senza rete saremmo perduti, naufraghi sugli scogli del caos o negli abissi del vuoto.
Il disegno dello rete è netto, chirurgico, anche quando esce dai cardini. Come in Senza titolo (pag.15), dove l'enigmatico quadrato di sinistra cede e nella porzione di destra cade a novanta gradi dalla parete per tendere un palmo concavo verso chi guarda - una meno che invita a entrare o a donare. Come in Senza titolo (pag.21), dove un altro quadrato si priva di alcuni elementi per colonizzare lo spazio ottiguo con una fondazione rotondo. 0 ancora in Senza titolo [pag.13[, dove il centro ospita una citazione della proprio dissezione - un orto fantasma con lo traccia delle maglie impressa a fuoco. Di questa serie impressiona Bisanzio, che gioca con repentini cambi di assetto del piano, aprendo e chiudendo le porte dello storia. Tutto è decadenzoa e riscossoa, libertà e oppressione - moledettomente e irreversibilmente intrecciate.
Oltre alle griglie a parete, il refrattario viene usato per edificare vere e proprie costruzioni, come in Pira, nelle dimensioni magiche 30x30x30. Perfetto paradosso: Uno piro resistente al fuoco. Oggetto pericoloso e illusorio, sirena di morte in cui cospirano spazio curvo e spazio lineare (un riflesso mnemonico ci riporto in India o nella Roma antico). Reca l'impronta ancora calda di un piccolo corpo appena allontanatosi. Si dice così, peso morto, perchè pesa di più. L'assenza invoca un oblio contogioso. Viene voglia di adagiorsi e lasciar cadere nei dormiveglia un cerino acceso. 0 la cenere di sigaretta, come faceva Solvador Dalì inseguendo i fantasmi della propria ispirazione.
La seconda costruzione che troviamo è un altare domestico, Lari appunto, o meglio un tempio in scala. Contiene una massa nera e lucente di origine ignea anch'essa, una matassa ottica che assorbe i raggi della luce. Potrebbe anche essere una finestra sulle origini del mondo: dove tutto finisce, tutto può avere inizio. Ciò che è rilevante - ma è solo un suggerimento, perchè le letture si aprono a raggiera - è l'archetipo di cosa dello spirito di fronte al quale pregare il dio di una religione individuale.
In termini geometrici, potremmo definirla un'aporia: la quadratura del quadrato. Solo che i bracci esterni slittano in un movimento centrifugo, e il quadrato divento elica, divento anticipazione di quel tema dell'infinito che vedremo essere centrole in un altro lavoro in mostra. Non ho importanza capire se sia più forte la struttura rosso esterna o il cuore nero interno: sono in contatto e formano una stele misteriosa. Ciascuno, privato dell'altro, sarebbe un tempio senza aura.
L'universo è fluido e cangiante,
il linguaggio rigido.
Jorge Luis Borge.
Lo sguardo si piace. Atterra su un suolo soffice. Mente e retina si allineano come i bastoncini di un magnete inducendo uno stoato di sospensione. È in questo cono rallentato della percezione che per incessanti scontri sotterronei, fra cose che si vedono in cielo e cose che si agitano ci microscopio, fra forme nuove e simboli primigenii, nasce la coscienza dell'arte. l'arte ha questa terribile proprietà di generare delle cose sul limitare dell'inconscio, dentro e fuori, dentro e fuori. Per questo forse ci turba come un funerale o ci esalta come un fuoco d'artificio?
Chi frequenta l'arte astratta sa che un occhio rigido e petulonte non porta lontano. Il gioco è più sottile. Occorre fare un atto di fiducia nell' autore e lasciarsi condurre - dove, non si so - bisogno insomma ben essere capaci almeno per pochi attimi di lasciarsi alle spalle lo zaino di informazioni che ci incurva gli occhi se si vuoi vivere il privilegio della partecipazione. Dopo, solo dopo, potremo Ravviare le macchine, riscoprire gli occhi della cultura e collocare il lavoro in un'epoca, una biennale o in ogni altro castello di significati che si desidera. L'educazione a uno sguardo rallentato: è questo il nocciolo del problema, se si assume che l'arte è più che un semplice linguaggio di genere.
In altri spazi la luce
ha piantato le sue tende gioiose.
Novalis
Vale la pena di ritornare sul forno di Castagno, acceleratore di stati latenti della materia: il colore che accompagno fino allo stato del plasma e poi il ritorno allo normalità con sulla pelle il segno della discesa agli inferi. Succedono cose impreviste a quelle profondità, le forme si arrendono alla carezza dell'onda termica e nulla possono contro il destino che si portano dentro. L'artista racconta di come appoggio il vetro macinato sulla terra, di come in forno la posta venga assorbita sottocute e poi restituita di nuovo in superficie, lucida essenza legote o corpo opaco. E di come affiori il colore, un colore catturato e mutevole che origina da gallerie e paure oscure ma che ha conquistato il diritto ad emergere, strenua concrezione sopravvissuto a se stessa e al forno che non conosce la pietà. Alle alle temperature alcuni colori svaniscono, altri invece fioriscono. Si distilla tutto un campionario di spettri fotonici. Secondo Castagno "Dall'oscurit�à nasce la luce".
E anche se gli riuscisse non servirebbe a nulla;
c'è ancore da attraversare tutti i cortili,
e così via per millenni.
Franz Kafka
Probabilmente l'opera risolutiva della mostra, quella che compendia il ciclo in atto e inaugura il ciclo futuro, è Corpo Refrattario, il grande monitor magico composto da 16 pentagoni asimmetrici.
I pentagoni di Castagno potrebbero crescere all'infinito. Il colore cambia leggermente, l'enigmatico organismo manda silenti bagliori. Potrebbe divorore la parete, la gallerio, la città ... senza alcuna possibilità di essere bloccoto. È una vertigine sull'obisso delle proiezioni statistiche. Come in un esperimento di fantascienza che potrebbe fallire da un momento all'altro, dentro quella stalattite logica si intravede un rischio di deviazione. C'è tutto un filone cinematografico sulle epidemie, in cui non manca mai le scena dove l'esperto illustra la catastrofe della progressione geometrica del contagio. Nella sua creatura Castagno opta per una risonanza geometrica del quadrato magico, in cui la somma dei numeci riga per riga risulta invariato (ricorda Castagno il quadrato citato da Albrecht Dürer in Melancolia / del I514). Oui la struttura si innerva di sottofigure simmetriche, generando almeno in alcuni casi uno spazio costante. Nessuno può garantire su quanto a lungo questo alleanza di forze possa reggere: memento di instobilità attraverso un saggio di apparente imbrigliamento dello disgregazione. La geometria delle figure diventa geometria dei frutti. Il punto di rottura potrebbe non essere lontano. Nell'attesa, si formano e si consumano le infinite combinazioni caleidoscopiche dello figura. L'infinito è il dito che fa franare la diga, è l'ipnotizzante variabile dello follia che ha affascinoto gli uomini di fede e di scienza, da Zenone e Aristotele o Leibniz e Bruno.
Vengono in mente i motivi degli azuleios smaltati del medioevo andoluso, dove stelle e motivi geometrici formano una texture regolare ma anche una sequenza di contropiani, come i frattali di Mandelbrof, casì che se li guardi a lungo vengono un pò le vertigini. Non vertigini per d'altezza, quanto vertigini do progressione. A seconda che si guardi il piccolo o il grande, il senso cambia.
L'ente geometrico contiene il virus della moltiplicazione e può divorare la parete in n secondi, ma può anche rimanere immobile per secoli. È in ogni caso una forte metoforo dell'instabilità sociale. Di una rete deforme e facile preda di disequilibri. Di un'instabilità che secondo il pensiero liberista dovrebbe essere portatrice di sviluppo e opportunità, e che noi invece subiamo come agente di erosione della terra sotto i piedi. Corpo Refrattario è il manifesto/confessione di quanto ciascuno stenti a capire e far proprio il mutamento.
Fra i contrari si forma spontaneamente
un simbolo di unità e di totalità
non importa se giungo o meno alla coscienza.
Carl Gustav Jung
La ricerca di connessioni simboliche e il gioco simultaneo su diversi piani di lettura sono il segno di una piena maturità di linguaggio di Castagno, che partendo do una materia liquefatta e instabile per definizione arriva a costruire linee e impianti architettonici quasi morali nel loro nitore classico. Dalla malleabilità dello spazio, oggi nasce il cristallo della forma. (Seppure l'evoluzione in potenza continui a covare sotto le ceneri di un impianto raffreddato.) Dagli antri di una natura oscura e romanticamente solipsistica si è risaliti al consorzio degli uomini, al presente, al sociale verrebbe da dire. D'altronde la rete - questa pervasiva fino ai limiti dell'ossessione metafora prodotta dal Novecento e incarnatasi nell'alveare del web - è una delle chiavi per leggere un mondo globale ovvitato su se stesso. Le reti di Castagno danno voce a un mondo che penso e agisce tutti-insieme-nello-stesso-momento e che ha consacrato l'idea della rete o modello sociale. Ma contemporaneamente si fanno carico di una responsabilità critica, mantenendosi a debita distanza dai clich&aegrave; positivisti: non è ancora dimostrato che la rete governi meglio di altri sistemi l'instabilità. Cioè la sfida di far coesistere l'individuo e il gruppo, di trovare un equilibrio fra pulsioni libertorie del singolo ed esigenze di pianificazione del sistema.
Sono passati 13 anni dallo primo personale di Castagno alla galleria Grossetti, quando in catalogo Andrea Inglese scriveva di "emorragia plastica" e terra intesa come "carne". La ricerca ha spostato il suo fuoco - ieri materia e natura, oggi simboli e vita di relazione - ma resta la coerenza del disporre i fatti sull'asse stabile/instabile. I due poli di ogni possibile evoluzione, nell'arte come nella vita.
Eugenio Alberti Schatz
Testo Eugenio Alberti Schatz, Milano - Traduzione Lisa Hockemeyer, Londra
Fotografie Daniele Casadio, Michele Buda, Ravenna
Progetto grafico catalogo Matteo Curti, Milano
Grossetti Arte Contemporanea
via privata di Porta Tenaglia 1/3 (angolo via Moscova) - 20121 Milano
da martedì a venerdì 10.30 - 19.30 (orario continuato), sabato 14-19,30. Lunedi' su appuntamento