I dipinti dell'artista, il cui nucleo emotivo e' costituito dal tema del viaggio, si rivelano essi stessi come strumenti di indagine e scoperta, partendo da immagini fotografiche. A cura di Alberto Mugnaini.
Relazione di viaggio
a cura di Alberto Mugnaini
I dipinti di Gianluca Capozzi, il cui nucleo emotivo è costituito dal tema del viaggio, si rivelano essi stessi come strumenti di indagine e scoperta. Come soggetto hanno angoli di mondo che si manifestano in una moltiplicazione di sprazzi e respiri, evidenziati da una luce che sfaccetta la sostanza delle cose e le reimpasta in aureole cromatiche, come se l’artista volesse pigmentarle nel succo fermentato di una re-visione luministica, svelando un tessuto di aure, un arazzo di emanazioni energetiche.
Lo spunto di partenza è fornito da una foto, una delle tante che documentano i momenti dei suoi viaggi e le ansie del suo sguardo: reportage di un frammento temporale e di un atomo geografico, come un appunto mnemonico essa è sottoposta a una rielaborazione analiticamente consapevole ma anche sentimentale, e riletta al ritmo della percussione scompositiva del ricordo.
Attraverso la spedita lentezza dell’esecuzione si attua una consapevolezza dell’altro e dell’altrove che porta a una degustazione della superficie delle cose, a una pittura quasi alimentare, olfattiva, che frammenta la crosta del reale, per macinarla e digerirla con l’appetito dello sguardo. Allo stesso tempo la pittura di Capozzi si pone come prolungamento della dimensione del viaggio in vista di una consonanza fra momento sperduto nel reale e attimo esecutivo. Tende a identificarsi come simpatia che si instaura fra gesto e frammento di cosa, in uno sfiorarsi di molecole, accarezzando il mondo attraverso i terminali nervosi delle sue particole, fino a far vibrare la pelliccia del reale, la sua corteccia fenomenica, di un fremito percettivo e conoscitivo che ne svela la sua orditura nascosta.
Un blocco unico e monoattimale di realtà è così sfrangiato, atomizzato, ripercorso dai brividi di un tempo altro, mentre il viaggio continua all’infinito, come in un’inarrestabile efflorescenza della sensibilità, in una fermentazione in cui si incontrano l’unilateralità e la fuggitiva monadicità del tempo reale e la plurivalenza di un tempo rallentato, proustiano, screziato come la grana di una madeleine.
Dipingere comporta infatti uno sgranarsi e reingranarsi di atomi in una pastosità percettiva che offre ai sensi una reiterazione dell’attimo, una sorta di “dilettazione morosa” in cui vista, ricordo ed emozione si consaldano e si amalgamano in una texture di palpiti e pulsazioni, in una screziatura di tocchi e barbagli, nel raggiungimento di una corporeità croccante di quella stessa luce che la scorpora, la diffrange e la spiritualizza. Si potrebbe parlare di una qualità onomatopeica di questa pittura, che riecheggia contemporaneamente suoni e silenzi, che fa sentire gli intervalli nella continuità e la continuità negli intervalli; una pittura sempre in cammino, sempre in esplorazione, sempre in viaggio lungo gli interstizi dello spazio e del tempo.
Inaugurazione mercoledì 23 maggio 2007 ore 18.30
Galleria Artra - nuova sede
via Burlamacchi, 1 - Milano
Orario: dal martedì al sabato dalle 16.00 alle 19.30
Ingresso libero