Enigmi. Il rigoglioso linguaggio di cui e' composta e narrata, la sua opera pare sia quello della fiaba. "A volte ho amato osare, proponendo prospettive irreali, proporzioni, ombre e luci falsate e irrealizzabili" S. S.
Enigmi
E’ probabile che il rigoglioso idioma di cui è composta, e tramite cui è narrata, l’intera opera di Sandra Statunato, sia quello della fiaba. L’idillio naturalistico, le lievi figure tratteggiate da un semplice, delicato rigore, il ricco, pulsante accostamento di colori, usati generalmente puri, nell’insieme d’una dolcezza di fondo che, lungi dall’essere leziosa, si manifesta invece quale un vapore caldo e mite, o come un celeste, fiducioso librarsi nell’aria vigorosa, ben ci introducono infatti ad una dimensione favolosa e nostalgica, che nelle sue magiche, impenetrabili ingenuità, rimanda alle poetiche suggestioni dell’infanzia.
“Se mi ci sono voluti ottant’anni per imparare a dipingere come Picasso, me ne servirebbero mille per riuscire a farlo come un bambino”, affermò una volta il genio spagnolo, esprimendo mirabilmente, da una parte, l’intrinseca funzione – eversiva e ribelle - della creazione figurativa, atta a svincolare dal peso di quelle sovrastrutture che man mano il tempo, col suo deposito di scatole vuote, depone sull’animo umano, rendendolo sempre più ‘saggio’ e sempre meno libero; e, dall’altra, l’immensa, insuperabile difficoltà di tale tragitto “all’indietro”, volto a far rifiorire l’inaudita capacità onirica ed emotiva dei primi anni di vita.
Da qui l’eterno fascino sempre esercitato dall’arte naif, che nel suo miraggio e nella sua ironia pare offrire all’uomo adulto un’inedita possibilità di ritorno, una rinnovata contemplazione di un candido calore, di una fantasia che è festosità e fresca gioia, ponendo l’artista nella condizione di un fanciullo che sogna, e che è, al tempo stesso, consapevole di sognare.
Così, nel suo lavoro, la Statunato pare slegare e far rivivere ogni nucleo, elemento della sua esperienza, in un collage eclettico e innocente quanto penetrante ed enigmatico, in cui le categorie predominanti di spazio e tempo vengono supplite da quelle di intensità e associazione. Lei stessa racconta: “spesso i miei dipinti mi attraggono a ritornare indietro nel tempo, a rivivere ricordi di viaggi, emozioni, così come a interpretare la realtà attuale miscelandola a ricordi, fantasie, sogni e desideri. A volte ho amato osare, proponendo prospettive irreali, proporzioni, ombre e luci falsate e irrealizzabili, in una visione che, nella sua sconcertante irregolarità, mi permetteva di manifestare l’irruenza d’una ricerca continua, inesauribile, di equilibri, verità e sogni.”
E questa ricerca, questa manifesta e dirompente urgenza di uscire da sé stessa, eludendo ogni inclinazione all’irrigidimento, alla fossilizzazione, e ricercando, invece, nuovi, e sempre aperti, orizzonti di linguaggio, si è dimostrata essere uno dei tratti più caratteristici dell’attività dell’artista, che ha infatti perseguito molti stili e si avvicinata a svariate scuole pittoriche.
La produzione ora contemplata in questa rassegna – ultima tappa d’un ormai ben consolidato tragitto espressivo – è quella in cui compare il motivo puntinato. In essa la scomposizione della luce nei colori dello spettro non è quasi mai totale; il punto viene invece a porsi quale semplice e assoluta immagine di un principio, di un’origine; ognuno connesso al successivo nella composizione di linee, forme, figure, esso sembra tuttavia rivendicare un’identità a sé stante, una propria personale esistenza, quasi incarnando la ribellione d’un unico e irripetibile istante alla tirannica linearità del tempo.
Ed è leggibile come una sollevazione contro il tempo, d’altronde, l’intero percorso fantastico dell’artista, che, se da un lato sembra invitare a un abbozzato, delicatissimo, eppur ribelle, viaggio a ritroso, alla ricerca appassionata di evocazioni e incanti non ancora del tutto sopiti, dall’altro pare essere in grado di cristallizzare quello scorrere inesorabile tramite lo slancio verso un tal ricco universo di favola e poesia, immobile nella sua pur vitale esuberanza.Si offre così, limpida, un’opportunità di sospensione, di respiro; quella condizione di aereo e fantasioso distacco che pare approssimare alla salvezza consentendo ulteriori scoperte, nel segno d’una rinnovata libertà. E, scriveva Schiller, “alla libertà si giunge solo attraverso la bellezza”. (testo critico di Sara Lucrezi)