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Ro Milan
dal 29/6/2007 al 18/8/2007
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Roberto Milan


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Roberto Milan



 
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29/6/2007

Ro Milan

Fondazione Dazio Grande, Rodi-Fiesso

La pittura dell'artista procede per nuclei tematici ben articolati e distinti, anche a livello formale, che non si succedono nel tempo bensi' si mescolano e alternano, liberamente, senza soluzione di continuita'.


comunicato stampa

Personale

Ciò che a prima vista subito emerge mettendo in linea la pittura di Ro Milan lungo gli anni, è la sua scansione per nuclei tematici apparentemente indipendenti, i quali si costituiscono come unità chiuse, potremmo dire a blocchi tra loro separati: il ciclo delle Foglie, quello delle Montagne, quello dei Fiori e delle campagne aperte dei nostri Altopiani. L'uno diverso dall'altro, non solo quanto a soggetto ma anche formalmente, come se ogni ‘motivo' o tema implicasse un suo proprio linguaggio, un suo proprio ‘stile' e quindi anche un suo proprio tempo. Cosa, quest'ultima, che in realtà non corrisponde al vero, perché la verità è che la sua pittura procede sì per nuclei tematici ben articolati e distinti, anche a livello formale, ma che questi non si succedono nel tempo, come stagioni diverse, bensì si mescolano e alternano, liberamente, ancora oggi, senza soluzione di continuità.

Ne potrebbero legittimamente derivare delle perplessità, quasi si trattasse di un procedere a scatole chiuse, non comunicanti; ma potrebbe anche essere esattamente il contrario nell'ottica e nello spirito del pittore. Perché se egli si muove in questo modo, ciò vuol dire che per lui non c'è discontinuità tematica o formale, né distinzione temporale tra un prima e un poi, tra un nucleo e l'altro; vuol dire che, per lui, ma forse anche per chi sa andare oltre le prime apparenze, più di un bandolo o di una ragione c'è ad attraversare – come una nota di fondo e, quindi, anche come elemento di continuità – la sua arte, i suoi soggetti, i suoi motivi lungo il corso degli anni.

La più evidente delle quali mi pare vada ravvisata nella sua congenita propensione a filtrare la molteplice varietà del mondo – si tratti di alberi, campi, paesaggi o singoli elementi di natura – per restituircela in forme che si assestano oltre l'immediatezza del visibile: fissate come sono in un punto intermedio tra referenzialità e astrazione delle forme (si vedano certi alberi o campi ridotti ormai a scansioni geometriche), tra oggettivazione naturalistica (che a volte si spinge fino al dettaglio di un ingrandimento) e sospensioni metafisiche, decantate: dove talvolta ti sembra di sentire la voce del silenzio, di cogliere lo spirito segreto delle cose.

L'apparente discontinuità formale è allora fenomeno più di superficie che di sostanza; di soggetti e temi nelle loro forme, più che atteggiamento intrinseco al pittore: il quale, talora, pare perfino indugiare sulle soglie di un descrittivismo da manuale botanico quando circoscrive e delinea singole foglie o fiori tirati in primo piano. Non fosse poi che, in realtà, l'ingrandimento esorbitante dell'oggetto, il suo forte ravvicinamento e la sua decontestualizzazione spaziale lo isolano e bloccano in una dimensione atemporale e straniata: al di là quindi sia del mero naturalismo che del semplice descrittivismo. Come dire che tutta la pittura di Ro Milan, nel suo corso, vivrebbe allora dentro questa mobilità di fondo, al di là dell'apparente stabilità delle singole immagini; come oscillando tra due opposti esiti che però si implicano e richiamano a vicenda: ed in questa polarizzazione, in questo pendolarismo non mai definitivamente assestato andrebbe quindi colto il primo e fondante punto di identificazione del pittore.

Ma c'è anche dell'altro. Perché se è vero che, grazie proprio a questa connaturata predisposizione filtrante e trasversale, Ro Milan ha potuto innestare, e liberamente alternare, la variabilità delle sue immagini e dei suoi soggetti, non è meno vero che, in definitiva, essi si succedono e generano per gemmazione interna a partire da un'immagine originaria, vale a dire come sviluppo o spostamento di un nucleo iniziale che si dirama poi per trasformazione.

Basti osservare le sue prime opere qui documentate, quelle Foglie bruciate dal sole o dal vento, presentate da Bellinelli già nel '84, per capire come da queste derivino poi, per trasformazione interna, le sue inquiete Montagne, come piegate su se stesse, colte in un silenzio quasi metafisico; e poi come queste, a loro volta, diventino isole o lingue di terre remote, a chiudere uno specchio d'acqua, sotto un cielo sospeso.

Quello stesso cielo, più naturalistico, che torna in certi suoi altopiani, scanditi da porzioni alternate di colore, da linee rette e curve, dove basta però la presenza di un unico albero isolato, dalle forme stranamente rotonde, dentro un paesaggio senz'ombre, senza traccia diretta di vita umana, a dare la dimensione vasta dello spazio e a caricarlo di sottili suggestioni venate da malinconia. Quella stessa che risentiamo nei Fiori di più immediata referenzialità con cui il cerchio chiude: luppolo o cardi tirati in primo piano, dentro uno sfondo ombroso di lumeggiature lombarde, non lontani però dalle sue Foglie iniziali.

Soggetti, temi e forme possono allora anche alternarsi e scambiarsi nel tempo senza soluzione di continuità, in un ciclico ritorno, perché strettamente correlati tra loro e letti dentro uno stesso spirito che altro non è se non la continuità dello sguardo con cui il pittore contempla e interroga la natura. La quale non è solo il mondo che fisicamente lo attornia, ma anche il mondo che lo contiene in quanto persona, e di cui è parte viva, dentro cui egli si specchia e su cui si commisura.

Lo si avverte bene osservando soprattutto i suoi vasti paesaggi rurali, con campagne e colline che si perdono a vista d'occhio: in effetti, l'occhio del pittore funziona come elemento intermedio e variabile di focalizzazione tra due opposti elementi messi in relazione dialettica: da una parte la natura, colta nella sua spontaneità, talvolta anche arruffata e imprevedibile; ma dall'altra la mente raziocinante dell'uomo-artista percepita nella sua esigenza di ordinare il mondo, di mettere in griglia le cose, così da arginare il caos di natura, e regolarlo, scandirlo, per quanto possibile, in porzioni pausate di quiete e compostezza: consonanti con le attese dello spirito, a misura d'uomo.

Vi si avverte, insomma, e torniamo così ai nostri inizi, la tensione di chi vorrebbe stringere e costringere la molteplice varietà della natura entro il rigore formale di uno sguardo, di un pensiero filtrante, di un'impaginazione ordinata e mentale, dai colori delicati ma ad incastro, dai ritmi pausati e larghi che danno respiro, vastità e rispondenza a quella che, solo in superficie, è una pittura di paesaggio. Perché il reale non è solo quel che si vede o tocca; reale è anche quello che si proietta su una tela, quel che si desidera o che batte dentro: facendo sì, per esempio, che paesaggi fisici si trasformino in paesaggi interiori, in paesaggi dell'anima, che una veduta possa anche rivelare una visione, un sentimento del vivere, il senso di un'attesa celato dietro uno sguardo silente e contemplativo.

Info artista:
Tel. 0041 796496135
http://www.romilanart.ch
info@romilanart.ch

Inaugurazione: sabato 30 giugno 2007 dalle 18

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Orari: tutti i giorni 10-20

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