L'artista ha realizzato 9 piccole sculture da cui ha tratto un alto quantitativo di copie, poi disseminate sul pavimento della galleria. Nonostante il loro numero, queste bianche sculture che replicano se stesse tendono a disabitare lo spazio piu' che ad occuparlo.
Personale
a cura di Saretto Cincinelli
Dopo la personale di Andrea Nacciarriti (a cura di Marinella Paderni) e
l'ouverture su Petter Johannisson (a cura di Stefania Palumbo), la galleria
Enrico Fornello propone nello Spazio P21 la prima personale italiana di
Isabel Banal (a cura di Saretto Cincinelli)
L'artista, che vive e lavora a Barcellona, ha già proposto nel nostro paese,
alcune opere, nel contesto di mostre collettive come Scenari di transito
alla Fortezza da basso a Firenze e Catastrofi minime al Man di Nuoro: opere impegnative ed esemplari, sicuramente capaci di risvegliare, in chi le ha
viste, la traccia o la memoria di un gesto poetico inconfondibile. Quello di
Isabel Banal, infatti, è un lavoro che pur in continua apertura mantiene un
fertile legame con le proprie radici: la tensione fra mondo naturale e mondo
urbano, tra natura e artificio, la dimensione esplicitamente antimonumentale delle opere, la chiarezza della sintassi, e il ricorso ad oggetti anodini
prelevati dal quotidiano, dal mondo del consumo o dell'infanzia, proposti
nella loro nudità, lontani da qualsiasi enfasi o dominante marcatamente
metaforica, caratterizzano, sin dagli esordi, la sua ricerca.
In questa occasione l'artista non si è limitata a impaginare magistralmente
oggetti o frammenti preesistenti ma ha realizzato anche 9 piccole sculture
da cui ha tratto un alto quantitativo di copie, poi disseminate sul
pavimento della galleria. Nonostante il loro numero, queste bianche sculture
che replicano se stesse tendono a disabitare lo spazio più che ad
occuparlo: alte una decina di centimetri e prive di ogni piedistallo capace
di elevarle, rifiutano ogni vis a vis con lo spettatore, sottraendosi
timidamente ad un incontro annunciato. Come presenze scorte dall'alto di un
edifico, sviano ostinatamente la nostra attenzione; sembrano realizzate per
essere viste dai nostri piedi più che dai nostri occhi: impossibile
percepirle singolarmente a meno di raccoglierle o, avvicinarsi al suolo,
ponendosi, finalmente, in sintonia con la richiesta d'attenzione che
l'opera, nel suo darsi-ritraendosi, discretamente ci rivolge.
Semplicemente e momentaneamente accostati gli uni agli altri ma non saldati
da alcun vincolo plastico, i personaggi di Isabel Banal, persi nella loro
solitudine assiale, vivono per se stessi, tenuti assieme unicamente
dall'invisibile collante di un'opera che fa della nuda ostensione dei propri
materiali costitutivi un tratto stilistico essenziale. Vera e propria
"fabula muta", "salvata nel piccolo" come un presepe profano, l'opera si
offre come "controcanto" di un mondo "irrigidito nel monumentale" (Agamben)
e nello spettacolare.
Inaugurazione sabato 08 settembre 2007 ore 18
Spazio P21/Galleria Enrico Fornello
Via Paolini, 21 - Prato
Orario apertura mar-sab. 11-13 e 15-20
Ingresso libero