Reload. Fotografie 1972-2007. Esposte tante piccole cassette di legno quasi a suggerire l'idea di piccole stanze dove, sul fondo, si aprono finestre che lasciano scorgere, aggiornate icone: paesaggi di insolita quotidianita', ritratti inquietanti, nudi femminili imprevedibili, inaspettate forme oggettuali.
Reload
Roberto Roda, ferrarese classe 1953, ha profuso nella fotografia un impegno professionale ampio e articolato. Come etnofotografo ha firmato numerose e importanti ricerche sul campo, come fotografo del territorio ha condotto innovativi censimenti e rilievi di beni paesaggistici, architettonici, urbanistici, come antropologo visuale ha prodotto saggi di metodologia fotografica applicata alle scienze umane, come storico e critico della fotografia ha pubblicato innumerevoli studi e curato importanti eventi espositivi di storia e antropologia dell'arte. Questa intensa attività "scientifica" non ha limitato l'impegno che lo stesso autore ha dedicato alla fotografia creativa e alla ricerca artistica, un impegno che ha preso l'avvio nel lontano 1972 e si è poi intensificato dopo la prima mostra al Centro Attività Visive del Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1975. In seguito l'autore ha progressivamente sviluppato una qualificata attività espositiva incentrata quasi esclusivamente su progetti a tema ospitati da prestigiose gallerie private e musei pubblici in Italia e all'estero.
35 anni di ininterrotta produzione di immagini sono un traguardo ragguardevole che l'Ariete arte contemporanea ha deciso di festeggiare insieme all'autore selezionando una serie di scatti d'affezione, quasi una piccola raccolta privata, ricca di opere inedite.
In realtà Roda sembra assai lontano dal voler tirare somme. Pertanto non si è limitato ad articolare un percorso retrospettivo, ma ha cercato (da cui il titolo "Reload") di riavvolgere i fili della memoria rileggendo le proprie immagini.
Consapevole che l'avvento del digitale ha profondamente modificato l'universo della fotografia, soprattutto affermando una istantaneità dell'immagine prima sconosciuta o comunque assai meno agevole, Roberto Roda ha cominciato a riguardare le immagini scattate a suo tempo osservandole sul piano quieto di una domestica scrivania attraverso gli obbiettivi di apparecchi digitali e fotofonini. Questa nuova istantaneità induce cambi di prospettiva, impreviste distorsioni, accentuazioni di particolari prima in secondo piano: sono andate così configurandosi nuove immagini che mantengono con le foto primigenie un rapporto simile a ciò che in ambito musicale è il nuovo arrangiamento di un brano. Come alcuni cantautori, che hanno saputo con vigore ed efficacia rileggere nel tempo i propri successi, licenziando versioni successive che non fanno rimpiangere le forme musicali iniziali (si pensi a Dylan o in Italia a Dalla), così sembra operare Roda, quasi inseguendo l'idea di una agire artistico che si alimenta col sogno di una continua giovinezza.
Roberto Roda appende alle pareti dell'Ariete tante piccole cassette di legno quasi a suggerire l'idea di piccole stanze dove, sul fondo, si aprono finestre che lasciano scorgere, aggiornate icone: paesaggi di insolita quotidianità, ritratti inquietanti, nudi femminili imprevedibili, inaspettate forme oggettuali. Sono immagini piccole, piccole, quelle che l'autore propone, eleganti minimalismi fotografici, quasi degli haiku visivi in cui il visitatore crederà di scorgere ogni tanto, magari col dubbio di essersi sbagliato, un volto maggiormente noto, magari quello dell'attrice Selen o della musicista "dark" nonché "Suicide Girl" Tying Tiffany. Accanto a loro anche i volti e i corpi di modelle che sono state le protagoniste di alcuni dei molti libri fotografici di Roda (in primis Monica Baraldi e Silvia Gamberini) o di artisti coinvolti in performance e progetti a quattro mani come Distemper, Debora Pelatti, Daniela Taglioni) e persino, qua e là, visioni di oggetti affascinanti e inconsueti che rimandano a sodalizi artistici particolarmente rilevanti come quello che ha visto il fotografo ferrarese collaborare e interagire reiteratamente con lo sloveno Oskar Kogoj, indiscusso maestro dell'industrial design internazionale e caposcuola del Nature Design.
Inaugurazione 15 settembre 2007
Galleria L'Ariete
via Marsili, 7 - Bologna
Orario: feriali 15,30-19.30
Ingresso libero