Gioco Simbolo e Forma. La pittura ermeneutica. Nei tre Saloni del piano superiore sono esposte circa 200 opere, che ripercorrono il cammino artistico-filosofico del pittore dal 1979 ad oggi. Il percorso espositivo comprende, oltre a 155 opere pittoriche di medio e grande formato, anche 40 disegni preparatori per opere maggiori, alcune presenti in mostra, ma per lo piu' ancora da realizzare.
Gioco Simbolo e Forma
a cura dell'artista stesso in collaborazione con Marisa del Re
Nei tre Saloni del piano superiore saranno esposte circa 200 opere, che ripercorrono il cammino artistico-filosofico del pittore Pier Augusto Breccia dal 1979, anno d’inizio del suo lavoro ad oggi. La mostra, promossa dal Ministero per i Beni e le attività Culturali nella persona di Claudio Strinati, Soprintendente Speciale per il Polo Museale Romano, con il patrocinio di Comune di Roma e Regione Lazio, è curata dall’artista stesso in collaborazione con Marisa del Re.
La pittura ermeneutica di Breccia.
Dopo quasi trent’anni di ininterrotta attività creativa ed espositiva – oltre mille opere realizzate e cinquanta mostre personali in Europa e negli Stati Uniti – l’artista ripropone qui (come già presso l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles – 2004 e l’Archivio di Stato di Firenze – 2005) la sua pittura con il nome di “ermeneutica” .
A rinforzo di tale denominazione e coerentemente con le sue tematiche esistenzial-metafisiche, Breccia ha intitolato questa mostra “Gioco Simbolo e Forma”, riferendosi ad una nota pubblicazione di Hans Georg Gadamer (Arte come gioco, simbolo e forma) che è considerato il “padre” della filosofia ermeneutica moderno-contemporanea, inaugurata da Heidegger nella prima metà del Novecento e proseguita fino ai nostri giorni attraverso l’apporto di numerosi altri pensatori. Tema centrale del pensiero ermeneutico, così come della pittura di Breccia, è la rielaborazione del problema dell’essere dopo la “morte della Metafisica” dichiarata da Nietzsche agli albori del secolo scorso. Il termine “ermeneutica”, inoltre, formalizzando concettualmente il linguaggio di Breccia, permette di distinguerlo da quello del Surrealismo e della pittura cosiddetta Metafisica.
In tutti e tre i casi, infatti, si tratta di linguaggi visuali che, al di là della pura e semplice espressività emozionale, si propongono come prodotti di un Io che si interroga sui fondamenti della propria coscienza o sul senso dell’esistenza. E in tutti e tre i casi il linguaggio pittorico si offre ai visitatori come un’occasione di significabilità personale, oltre che come una via di fuga attraverso la porta di una fruizione estetica di tipo onirico o fantastico. Ma ciò che rende la pittura di Breccia innovativa, sta nel fatto che la sua proposta di significabilità non si accontenta di una interpretazione meramente psicologica, come nel caso del Surrealismo, né si risolve nella rassegnata accettazione di un Nulla metafisico privo di riferimenti alle tematiche della vita reale.
Essa si propone, piuttosto, come una pressante sollecitazione al trascendimento continuo del limite psico-fisico individuale ed al superameno dei cedimenti nichilistici, incalzando il visitatore con una straordinaria varietà di invenzioni pittoriche, di situazioni prospettiche paradossali, di bizzarre ed ardite combinazioni cromatiche e di enigmatiche allusioni formali che lo sospingono sempre più oltre nel territorio in cui il Mistero dell’Essere (o di Dio) si rivela attraverso la cifra simbolica dell’esistente: un territorio nel quale l’immaginazione prosegue nella verità e la verità prosegue nell’immaginazione. Tutto ciò si realizza grazie all’incessante gioco interpretativo, per l’appunto ermeneutico, al quale viene sollecitata la coscienza del soggetto nel suo personale rapporto con la “cifra” esistenzial-metafisica dell’opera di Breccia.
La mostra
Il percorso espositivo comprende, oltre a 155 opere pittoriche di medio e grande formato, anche quaranta disegni preparatori per opere maggiori, alcune presenti in mostra, ma per lo più ancora da realizzare. La disposizione tiene conto insieme della loro datazione e delle loro proposte tematiche e mette in evidenza la continuità e la coerenza formale del linguaggio di Breccia nei circa trent’anni della sua attività. Nella prima sala sono raccolte per lo più le opere “storiche”, che segnano la nascita della sua “cifra” caratteristica. Nella seconda vengono esposte opere di periodi successivi, accomunate da un senso cosmico dell’esistenza. Nella terza sono infine alloggiate le opere più recenti, il cui denominatore comune è costituito dal senso ludico delle composizioni. In tutte e tre le sale, al centro o sulle pareti di fondo, sono esposte le opere di maggiori dimensioni (fino a 400x280 cm.) la cui componente architettonica fortemente prospettica richiede un particolare spazio di osservazione.
La mostra è corredata da un catalogo di 168 pagine, curato dall’artista con la supervisione editoriale di New York Master Exhibitions, contenente tutte le opere esposte. Il saggio introduttivo porta la firma di Claudio Strinati. Segue una riflessione dell’artista e il testo critico di Miriam Castelnuovo a precedere una nutrita selezione di estratti critici a partire dal 1981. Oltre al catalogo, sono disponibili in mostra tutti i libri pubblicati precedentemente dall’artista tra cui, in particolare, il recente volumetto “Introduzione alla pittura ermeneutica”, che può intendersi come il suo manifesto pittorico-filosofico.
L’artista
Dopo un’intensa e apprezzata carriera come cardiochirurgo presso il Policlinico A.Gemelli di Roma, nel 1977, senza alcun precedente in proposito, Breccia scopre di possedere un inaspettato talento disegnativo che lo conduce, due anni dopo, all’elaborazione di un linguaggio creativo molto personale. Individuato ed introdotto nel mondo dell’arte da Cesare Vivaldi, Breccia tiene a Roma la sua prima esposizione nel 1981, suscitando immediatamente interesse di pubblico e di critica. Da allora la sua attività artistica prende gradualmente il sopravvento su quella chirurgica fino a che, dopo due anni di aspettativa, egli decide di dimettersi dalla professione di medico (1985). Tra il 1984 e il 1996 risiede e lavora prevalentemente a New York, dove intrattiene rapporti continuativi con importanti gallerie statunitensi tornando occasionalmente in Europa per mostre personali.
Dal l996 è nuovamente in Italia, dove espone in spazi pubblici sia a Roma che altrove. Tra le mostre romane si ricorda, in particolare, quella presso il Complesso del Vittoriano nel 2002. Nel corso della sua attività, oltre 600 opere originali sono state acquisite da collezioni pubbliche e private in varie parti del mondo. Tra quelle in ambienti pubblici romani si segnalano il monumentale “Resurrexit” nell’ingresso del Policlinico Gemelli, l’opera “Pagina bianca” nell’atrio della Biblioteca Nazionale, e tre grandi dipinti nell’Aula Magna dell’Istituto Superiore Antincendi. Un gran numero delle sue immagini è stato inoltre utilizzato per copertine di libri, manifesti di congressi o spettacoli di vario genere, come documentato nelle pagine iniziali del catalogo. Si segnala, infine, l’utilizzo di 24 sue opere per un concerto di musica contemporanea intitolato “Hommage a Breccia”, comprendente 24 pezzi composti da altrettanti musicisti di fama internazionale (tra cui anche Ennio Morricone) e che dal 2003 riscuote un crescente successo in varie parti del mondo (Tokyo, Amsterdam, Berna, Monaco, ecc.) .
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