L'artista costruisce minuzionsamante le sue opere fotografiche, di grande rigore formale e composititvo, simili a delle azioni tetrali, all'interno delle quali agisce spesso come protagonista. Immagini presentate in sequenza, ambientate in spazi astratti, scuri, senza riferimenti di luogo.
Personale
a cura di Giacomo Zaza
Dal 1970 ad oggi, Jürgen Klauke costruisce minuziosamente le sue opere fotografiche, di grande rigore formale e compositivo, simili a delle azioni teatrali, all'interno delle quali agisce spesso come protagonista. Sono immagini di grande plasticità, presentate in sequenza, ambientate in spazi astratti, scuri, con fondi monocromi, senza riferimenti di luogo, né di tempo. Pochi accessori sulla scena: tavoli, sedie, bastoni o cappelli. Il mezzo fotografico non fa che documentare “mises en scène” e performances, gesti distinti in momenti separati (Ich + Ich / Io + Io, 1970-1971).
La presenza dell'artista, in queste “performances da camera”, stabilisce un'inconsueta concordanza tra opera e persona, tra arte e vita, tra essere e apparenza. Come un “camaleonte” solitario, sospeso tra divertimento e malinconia, Klauke attraversa le sfere oniriche e inquietanti dell'identità, ribellandosi alla rilassatezza e agli agi della vita attuale. I suoi autoritratti degli anni settanta - da Transformer a Masculin-Féminin, da Umarmung a Philosophie der Sekunde - affrontano la differenza tra i sessi, l'eterosessualità, la molteplicità della persona intesa come maschera/individuo. In Philosophie der Sekunde (Filosofia del secondo), lavoro esposto in questa sua prima mostra personale a Roma, un mosaico di volti in bianco-nero svela il carattere cangiante dell'identità, l'ambivalenza di un essere che nella ripetizione seriale del proprio ritratto trova la fonte del molteplice.
L'artista tedesco si occupa di problemi legati alla sessualità, al desiderio e alla intimità fisica. Teorizza su se stesso il tema dell'androgino, presentando a volte accessori di una società erotomane, i tratti ironici della comunità pervasa dall'immaginario erotico. Qui l'humour, aleggiando in uno spazio-tempo enigmatico, libera lo sguardo da qualsiasi pesantezza speculativa o retorica, dal pathos dell'impegno sociale.
Con il ciclo Formalizzazione della noia, realizzato negli anni ottanta, la sua ricerca sviluppa un linguaggio figurativo di norme comportamentali sempre più severe e impenetrabili, caratterizzate dall'isolamento e dalla volontà di non comunicare, di sfuggire al rischio della citazione postmoderna. Invece, la serie Desastroses Ich (Il disastro dell'Io) cavalca una geometria esistenziale e passionale che si basa su connessioni e disgiunzioni tra corpi, quello dell'artista o di altri “attori”, e oggetti, quali palloni pieni di liquidi, secchi, bacinelle e vasche: relazioni annunciate precedentemente in Beziehungsgeflecht (Intrecci relazionali). La narrazione accennata dalla composizione mescola, in modo imprevisto, l'immobilità al movimento, la tensione ieratica allo slancio, il senso di fissità all'impulso emozionale.
In occasione di questa importante personale, Klauke espone un nucleo di opere recenti intitolate Aesthetische Paranoia e Wackelkontakt (contatto difettoso). All'artista interessa mostrare immagini animate da corpi in attesa o in frenetico movimento, da cavi elettrici e da lunghi capelli neri che coprono i volti o che si sollevano. Il suo proposito è di creare una sorta di spazio “kafkiano” dove poter sviluppare una pantomima inconsueta e irreale. Tuttavia tale scena finisce per condurci ad un senso di profonda inquietudine.
Inaugurazione Giovedì 4 ottobre 2007 ore 18.30
La Nuova Pesa
via del Corso, 530 - Roma
Ingresso libero