Botto&Bruno
Emanuele Becheri
Luca Bertolo
Rossella Biscotti
Alice Cattaneo
Masbedo
Andrea Mastrovito
Domingo Milella
Paolo Piscitelli
Marco Bazzini
Stefano Pezzato
In "Nessuna paura" sono presentati artisti italiani di ultima generazione: Emanuele Becheri, Luca Bertolo, Rossella Biscotti, Alice Cattaneo, Masbedo, Andrea Mastrovito, Domingo Milella, Paolo Piscitelli. Sono stati raccolti per la loro comune volonta' a confrontarsi con i miti e le tragedie del passato e del presente. La mostra Kids' Riot (In The House of Lost Sound) contiene un'installazione e un video di Botto&Bruno: l'opera descrive una battaglia a colpi di scatole di cartone improvvisata da bambini di strada, attori inconsapevoli che si affrontano e si scontrano senza mai infierire l'un l'altro.
Nessuna Paura
Arte dall’Italia dopo il 2000
28 ottobre – 7 gennaio 2008
a cura di Marco Bazzini
“Nessuna Paura” questo il titolo, emblematico, della nuova mostra prodotta dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e curata da Marco Bazzini. Sottotitolo: Arte dall’Italia dopo il 2000.
“Nessuna paura non è una mostra che cerca di dare testimonianza dei drammatici avvenimenti che si svolgono sotto i nostri occhi, anzi è una mostra che può apparire assai lontana, almeno ad un primo sguardo, da un reale pieno di angoscia. Non ha niente di realistico anche se è saldamente radicata al reale, non c’è niente di terrificante, nessuna immagine spaventosa da film horror, nessuna storia di ordinaria follia, alcun riferimento diretto a crudeltà, violenza o morte. Le opere di questi artisti non rispecchiano il presente, ma sono il presente perché si aggiungono a tutti i fatti che succedono oggi”.
Il curatore Marco Bazzini introduce così Nessuna paura la nuova mostra prodotta dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (28 ottobre 2007 – 7 gennaio 2008) che nasce da una scelta chiara e in controtendenza con quanto è stato presentato fino ad oggi in altri musei italiani. Si tratta, infatti, di una mostra di chiara impostazione curatoriale dove viene presentata una ristretta e ben definita scena attuale dell’arte italiana di ultima generazione: Emanuele Becheri, Luca Bertolo, Rossella Biscotti, Alice Cattaneo, Masbedo, Andrea Mastrovito, Domingo Milella, Paolo Piscitelli. Un gruppo di artisti apparsi sulla scena dopo l’inizio del nuovo millennio, non raccolti per una loro comune matrice formale ma per la loro volontà a confrontarsi con i miti e le tragedie del passato e del presente.
“Quello che questa mostra tenta, è di proteggere questi artisti e il loro lavoro, per non farli ‘sparire’ incastrandoli a forza in categorizzazioni troppo strette. Sono convinto che le opere vadano viste nella loro complessità, nelle loro diverse articolazioni e non disperse in censimenti o in banche dati che sanno più di anagrafica che di scelte precise. Mi interessano questi artisti perché credo che il loro lavoro sia necessario in questo presente ed è proprio questo momento storico ad aver condizionato le scelte”.
La mostra
La paura è forse l’emozione che più di tutti caratterizza l’attuale società e forse l’atteggiamento quotidiano del singolo ed è solo osservando le paure della nostra società che ci è possibile meditare sul futuro. “Più si conosce più la paura diminuisce. – aggiunge Bazzini - Maggiore è la conoscenza e minore è la paura. L’aggettivo nessuna, che insieme al sostantivo paura forma il titolo di questa mostra, non indica un atteggiamento di superamento del timore, ma deve essere piuttosto inteso come attenuazione di quel terrore che non ti fa stare ‘in te stesso’. La paura rimane, ma insieme a lei deve rimanere anche la possibilità di armonizzare le sue contrarie e improvvise forze, la capacità di creare un modello che non può essere inteso come semplice e contestuale risposta razionale, ma piuttosto come un comportamento che si rinnova continuamente di situazione in situazione”. Due i binari in cui si sviluppa il percorso espositivo: un momento di riflessione attraverso le opere di questi artisti (esposte in collettiva e in sale monografiche) uniti in questa occasione, non da stili o tendenze comuni ma dall’“aver dimostrato in questi anni che non ci può essere un solo modo di tendere al mondo”. Attraverso diversi supporti i loro lavori propongono “modi per rivedere stereotipi, per sviluppare un potenziale di dissenso, per sottrarsi alle aspettative del sistema”.
L’altra chiave di lettura della mostra è nell’ultima sala, in cui vengono proposti, insieme al progetto grafico del catalogo realizzato dal grafico Matteo Nannucci, una serie di testi di documentazione sulla paura che il visitatore leggere in sala. Si tratta di libri (messi gentilmente a disposizione dalle case editrici) che vanno dalla sociologia alla filosofia e che rappresentano dei riferimenti sul tema della paura e più in generale di strumenti per comprendere la contemporaneità. Tra le opere presentate in mostra da segnalare per la prima volta in Italia Insects to Feed dei Masbedo e l’installazione completa di Il sole splende a Kiev di Rosella Biscotti, i lavori realizzati per l’occasione da Andrea Mastrovito, Luca Bertolo e Emanuele Becheri, oltre ad un video inedito di Alice Cattaneo ed a un lavoro sonoro di Paolo Piscitelli. Ed ancora il debutto in uno spazio museale di Domingo Milella.
Gli artisti di nessuna paura: alcune note critiche
“Emanuele Becheri del buio della cecità accolto con quel proposito che sfiora il desiderio ne ha fatto la radice del suo lavoro. Il segno non lascia ferita sul foglio, e questa mancanza di incisione tipica del tratto del disegnare ci porta a escludere anche ogni dipendenza da risvolti automatici dell’irrazionale, che troppo hanno a che fare con l’eredità surrealista. I lavori di Luca Bertolo nascono dal controverso, dal discutibile della pittura – è ancora possibile oggi tenere un pennello in mano? - dal suo essere nel mondo ma anche dal suo distacco, dal suo poterne farne a meno. Un atteggiamento di presenza e assenza, che segna ancora un luogo interstiziale in cui è possibile operare per arrivare alla possibilità di fruire qualcosa che prima non c’era. Più perentoria, all’interno del farsi dei processi, appare Rossella Biscotti con i suoi progetti di indagine sociale e archivistica. I protagonisti delle sue installazioni, che si presentano in forma sottile e frammentata, sono gli antieroi di questa nostra società, coloro che chiedono soltanto dignità di lavoro, vita, o più semplicemente di una memoria. Sottile e effimera si presenta l’opera di Alice Cattaneo. Più che il reale la Cattaneo sembra interessata a sfidare la gravità, ignorando teorie scientifiche precise proprio come si dice faccia il calabrone. La meraviglia che ci investe dalla visione dei suoi lavori è quella a cui dovremmo attingere dagli imprevisti e da tutto ciò che non è stato programmato.
La potenza delle immagini pittoriche proiettate dai film dei Masbedo, non deriva dall’orrore delle forze primordiali e mitiche che il duo rende protagoniste, ma dalla loro tendenza alla bellezza. Una bellezza che arriva dal conflitto, che è sempre liberazione e che nasce dalla dialettica tra la luce e la tenebra. È in questo continuo svelare corpi e situazioni attraverso lampi di luce, emersioni dal buio, che in negativo prendono forma le anomalie del nostro essere che i loro video raccontano. La volontà di Andrea Mastrovito di diventare parte di uno scenario più ampio lo costringe a impossessarsi di una trama, di una narrazione. La realtà trasposta nei suoi collage di carta o nei suoi video di animazione entra all’interno delle maglie della storia dell’arte, di un bestiario fantastico, di immagini consolidate nelle nostre menti e assume l’aspetto dell’imbroglio, macchinazione e della cospirazione. È il modo di intrecciare le nostre storie in maniera diversa.
La fotografia di paesaggio di Domingo Milella sembra arrendersi alla crepa del reale per assumerla come risorsa, come luogo che facilita l’ingresso dell’altro. La sua capacità di guardare ai confini e ai margini delle città e delle megalopoli del mondo è sopportata dal fascino e dall’amarezza della loro disgregazione.
Il lavoro di Paolo Piscitelli indaga le possibili dimensioni in cui avviene l’esperienza, e lo fa in ricerche che partono dall’ossessione per il controllo degli spazi, una situazione in cui ci siamo adattati proprio per sfuggire il pericolo. Un pericolo che può essere anche minimo, come quello delle ortiche che continuano a sopravvivere in luoghi interstiziali ma verso le quali non abbiamo che una certezza: la loro estirpazione. L’ortica, nella sua silhouette proiettata in uno spazio abitabile, diviene il simbolo del nostro avere paura e del nostro prenderne consapevolezza.
Il catalogo
Accompagna la mostra un catalogo di 164 pagine (formato 21,5x26 cm) edito dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e curato da Marco Bazzini. All’interno oltre al testo del cuatore un saggio sull’attuale generazione artistica di Mauro Panzera e interviste con gli artisti a cura di Marco Bazzini, Mauro Panzera e Stefano Pezzato. Il catalogo contiene inoltre un’autobiografia per immagini curata dagli artisti per un totale di 112 fotografie a colori. La grafica è curata da Matteo Nannucci.
Mostra promossa da:
Regione Toscana
TRA ART rete regionale per l'arte contemporanea
Comune di Prato
Con il sostegno di
Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Banca Toscana
e la partecipazione di
ASM SpA, Gruppo Consiag, CariPrato SpA e Unione Industriale Pratese
La sezione bibliografica in mostra è stata resa possibile grazie alla generosa collaborazione di:
Bollati Boringhieri Editore, Bompiani, Bruno Mondadori, Carocci Editore, Città Aperta, DeriveApprodi, Editori Laterza, Edizioni ETS, Fazi Editore, Franco Angeli Edizioni, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Giulio Einaudi Editore, Il Mulino, Marsilio, Meltemi Editore Mimesis Edizioni, Passigli Editore, Ponte alle Grazie, Raffaello Cortina Editore, Università Bocconi Editore
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Kids’ Riot (In The House of Lost Sound)
Installazione e video di Botto&Bruno
Progetto speciale a cura di Stefano Pezzato
28 ottobre 2007 – 23 marzo 2008
Un’installazione e un video di Botto&Bruno che nella mostra Kids’ Riot (In The House of Lost Sound) ‘ridefiniscono’ l’attualità.
Botto&Bruno hanno incentrato da oltre un decennio la propria ricerca artistica sull’immaginario dello spazio urbano. Le loro opere sono ambienti in scala iperreale che catapultano direttamente lo spettatore sulla scena e stampe (“fotomontaggi”) che risucchiano dentro alla visione d’intere porzioni di città in disfacimento.
Di Botto&Bruno il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta ora la mostra Kids’ Riot (In The House of Lost Sound) – aperta fino al 23 marzo 2008 – in cui, attraverso un video inedito e un’installazione ideata appositamente per la Lounge, i due artisti ‘ridefiniscono’ l’attualità. In occasione della mostra al Centro Pecci, a Officina Giovani – Cantieri Culturali Ex Macelli saranno presenti gli elaborati del workshop che Botto&Bruno hanno tenuto a Prato durante lo scorso mese di settembre.
Kids’ Riot (2006), il video inedito che dà il titolo alla mostra, presenta una battaglia a colpi di scatole di cartone improvvisata da bambini di strada, attori inconsapevoli che si affrontano e si scontrano senza mai infierire l’un l’altro, anzi col più grande che aiuta il più piccolo in caso di bisogno. Il tutto è ripreso da lontano e proposto in bianco e nero con un montaggio rallentato, accompagnato da un crescendo musicale hardcore che si conclude in un urlo liberatorio e un calcio metaforico al mondo dei consumi e dei rifiuti prodotto dagli adulti.
In The house of lost sound (2007), l’installazione site specific prodotta al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, è invece una costruzione paradossale composta da frammenti di edifici preesistenti, fotografati e riprodotti in scala reale sulla superficie di un parallelepipedo (ancora una scatola) che s’inserisce in diagonale occupando parte dello spazio interno e di quello esterno al piano terra del museo.
Dentro e fuori, che in quest’area sono già messi in comunicazione tramite una parete vetrata, si annullano per effetto di questa presenza ingombrante. Quindi si raddoppiano, come in un congegno di scatole cinesi, nel vano praticabile all’interno della costruzione, dove si dischiude un mondo immaginario di disegni e collage attaccati alle pareti. Queste ridefinizioni dell’attualità, lasciate sul terreno o sedimentate sui muri come tracce del loro passaggio, sono naturalmente i due artisti che, allo stesso modo degli attori anonimi all’interno di ambienti e fotografie, interpretano in prima persona l’archetipo di un’umanità silenziosa, vigile e ribelle. Il loro è un atteggiamento da flaneur che vagano nella città senza una destinazione prefissata, scansando i luoghi abituali frequentati dalla massa alla scoperta di tesori sconosciuti e posti nascosti da abitare.
Le immagini ‘de-strutturate’ di Botto&Bruno
Per l’occasione il Centro Pecci pubblica un catalogo bilingue italiano/inglese che contiene oltre cento riproduzioni di opere inedite prodotte da Botto&Bruno dal 2002 ad oggi, oltre a testi del curatore Stefano Pezzato, del sociologo Massimo Ilardi e del giornalista e musicista Silvio Bernelli.
Come ha scritto Stefano Pezzato: “Quella di Botto e Bruno non è un’arte di memoria, che si rivolge a ciò che è stato; è piuttosto un’arte che apre varchi sulle pareti, che squarcia gli spazi chiusi di gallerie e musei per darci la possibilità di guardare fuori ciò che sta accadendo intorno a noi. Essa porta con sé tutta la tensione di un presente instabile, frammentario, di una sospensione temporale che ci preannuncia, beckettianamente, l’avvento di qualcosa che al momento è assente. Botto e Bruno impiegano la fotografia come semplice supporto con cui attuare un’operazione meditata di selezione, ritaglio, collage e ritocco delle immagini, non come processo documentativo ne come strumento linguistico o forma di adesione estetica alla realtà suburbana in cui vivono e operano.
La loro destrutturazione delle fotografie (scattate nel corso di perlustrazioni nelle periferie) in tanti frammenti distinti fa si che ogni ricomposizione successiva assomigli a un puzzle in grado di tenere insieme e far recepire i singoli pezzi di cui si compone, nonostante eventuali errori di prospettiva, sproporzioni fra le parti, incongruità fra gli elementi accostati o fra i piani sovrapposti. Sono proprio queste distorsioni, questi travisamenti resi manifesti dal montaggio manuale delle immagini, a sottolineare la natura frammentaria di un approccio alla realtà che intende ricostruirla a posteriori anziché riprodurla direttamente come fa la fotografia, evitando pure le falsificazioni mascherate e le illusioni della manipolazione digitale.
Gli edifici sono scoperchiati, tranciati, fatti a pezzi prima di venire ricomposti in nuove visioni e una volta montati fanno da quinte opache, impenetrabili, a luoghi fatiscenti, a spianate di fango e cemento ricoperte di erbacce, pozzanghere, scarti e macerie, interstizi dimenticati ai margini della città. Essi finiranno in rovina o saranno demoliti, proprio come avviene agli interventi in situ dei due artisti torinesi che sopravvivono solo attraverso documentazioni fotografiche. Tale processo di distruzione imminente rende tuttavia possibile anche un’esistenza transitoria, l’occupazione momentanea di questi luoghi (l’interazione nel caso delle installazioni temporanee), forse perfino un destino diverso da quello che si potrebbe prevedere. È questo carattere potenziale a generare l’energia che pervade i paesaggi, a trattenere la tensione evocata pure dall’atmosfera livida, carica di pioggia e di presentimenti”.
Botto&Bruno
Gianfranco Botto e Roberta Bruno, in arte Botto&Bruno, sono nati entrambi a Torino rispettivamente nel 1963 e nel 1966; vivono e lavorano in coppia dai primi anni novanta. Hanno tenuto numerose mostre personali in Italia e all’estero, tra l’altro al Palazzo delle Esposizioni di Roma (2000), al Chealsea Kunstraum di Colonia (2002), al Mamco di Ginevra (2003), al Mamac di Nizza e alla Fundacio La Caixa di Barcellona (2004), all’Ecole Nationale des Beaux Arts di Lione (2005). Hanno partecipato a varie rassegne e mostre collettive, fra cui The Memory of a Meeting Place al New Museum di New York (1998), Passaggi Invisibili al Palazzo delle Papesse di Siena (1999), Futurama: arte in Italia al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (2000), Paysages urbains a Le Quartier Centre d'Art Contemporain de Quimper (Francia, 2000), Platea dell'Umanità alla Biennale di Venezia (2001), Busan Biennale (Sud Corea, 2002), Apocalittici e Integrati. Utopia nell'arte italiana di oggi al MAXXI - Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma (2007). Il loro lavoro ha ottenuto diversi riconoscimenti, quali il Premio Torino incontra... l'arte dell’Associazione Arte Giovane di Torino (1998), il Premio artista dell’anno a Cortina d’Ampezzo (2002), la Residenza presso Couvent des Récollets di Parigi (2004).
Immagine: Domingo Milella, Cuautepec,discarica, Città del Messico, 2004
Inaugurazione: 27 ottobre ore 18
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci
viale della Repubblica, 277 - Prato
aperto tutti i giorni 10-19, chiuso martedì
ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro
Ingresso libero