Galleria JZ Art Trading
Milano
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WEB
Mimmo Rotella
dal 7/11/2007 al 7/1/2008
lunedi' - sabato 10-13 e 14-19, chiuso lunedi' mattina e festivi

Segnalato da

Galleria JZ Art Trading



approfondimenti

Mimmo Rotella
Luca Beatrice



 
calendario eventi  :: 




7/11/2007

Mimmo Rotella

Galleria JZ Art Trading, Milano

Ieri, oggi, domani. Opere dal 1955 al 2005. Le opere realizzate negli anni 2000, messe a confronto con i primissimi lavori di meta' anni '50, antecedenti ai "decollage" e all'adesione al Nouveau Realisme, appaiono altrettanto sorprendenti e vitali. Una quarantina i lavori esposti, in un itinerario che dura esattamente mezzo secolo.


comunicato stampa

Ieri, oggi, domani
Opere dal 1955 al 2005

La nuova mostra milanese di Mimmo Rotella, a poco meno di due anni dalla scomparsa, rivela la freschezza e la fecondità del grande artista calabrese soprattutto nell’ultimo periodo. Le opere realizzate negli anni 2000, messe a confronto con i primissimi lavori di metà anni ‘50, antecedenti ai “décollage” e all’adesione al Nouveau Réalisme, appaiono altrettanto sorprendenti e vitali. Segno che, talvolta, l’anagrafe mente e che l’arte continua a essere specchio della voglia di vivere.
Mimmo Rotella, nato a Catanzaro nel 1918, è tra gli artisti italiani più originali che hanno rivoluzionato i linguaggi espressivi del dopoguerra. Nel corso della sua carriera ha condotto ricerche e sperimentazioni in vari ambiti, dalla fotografia, alla poesia fonetica, dagli assemblages di oggetti eterogenei alla musica. Nella propria biografia, “Autorotella”, si propone come un moderno dandy, che fa dell’arte uno stile di vita.

L’intuizione che lo ha reso famoso, il décollage, risale agli anni ‘50. Passeggiando per le strade di Roma, Rotella non può fare a meno di notare i numerosi manifesti pubblicitari che rapidamente stavano conquistando gli spazi abitati cambiando radicalmente il paesaggio urbano. Inizia così a strappare dai muri la crosta indurita dei cartelloni sovrapposti e a lacerarli. Successivamente con i doppi décollages Rotella trafuga i manifesti e li strappa in laboratorio dopo averli incollati sulla tela. Nel 1960 scrive: “ Io incollo i manifesti, poi li strappo: nascono forme nuove, imprevedibili. Ho abbandonato la pittura da cavalletto per questa protesta. Se avessi la forza di Sansone incollerei Piazza di Spagna con certe sue tinte autunnali, morbide e tenere, sui piazzali rossi al tramonto del Gianicolo”.

Sempre nel 1960 l’artista calabrese prende parte al Nouveau Réalisme, movimento artistico europeo contemporaneo alla Pop Art americana fondato da Pierre Restany, al quale aderiscono, tra gli altri, anche Arman, Christo, César e Klein.

Nel 1963 elabora le prime opere di Mec Art (arte meccanica) stampando immagini fotografiche su tela emulsionata, mentre tra il 1967 e il 1973 realizza gli Art Typo, stampe riprodotte sulla tela o su rigidi supporti di plastica usando strumenti tipografici. Degli anni ‘80 è la serie “Blank”, dove ricopre i manifesti con fogli bianchi o comunque monocromi, esattamente come avviene per la pubblicità scaduta. Datano invece alla fine degli anni ‘80 le sovrapitture: slogan, brevi frasi e motti anonimi ispirati al graffittismo dipinti direttamente sui cartelloni strappati e applicati alla tela.

Nota la passione di Mimmo Rotella per il cinema, celeberrimi gli omaggi alle icone hollywoodiane e di Cinecittà, da Marylin Monroe a Sofia Loren, da Marlene Dietrich a Moana Pozzi. In particolare, le ultime opere, alcune delle quale inedite, presentate da JZ Art Trading, sono dedicate alle pellicole della stagione cinematografica in corso, segno dell’inesausta curiosità di Rotella per tutto ciò che di nuovo gli appariva sotto gli occhi.

Una quarantina i lavori esposti, in un itinerario che dura esattamente mezzo secolo, dai primi “retro d’affiche” del 1955 agli ultimi grandi manifesti, realizzati poco prima della morte, avvenuta l’8 gennaio 2006 a Milano.

La mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Mimmo Rotella, sarà successivamente allestita al Palazzo della Penna, Perugia, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Perugia, dal 15 marzo al 4 maggio 2008

Il catalogo, in italiano, francese e inglese é pubblicato da Prearo Editore, contiene testi di Piero Mascitti, direttore della Fondazione Mimmo Rotella, di Jonathan Zebina e di Luca Beatrice.

Eterno presente
di Luca Beatrice

Per evidenti ragioni anagrafiche ho conosciuto Mimmo Rotella non più di dieci-dodici anni fa, quando già veniva considerato uno tra i “grandi vecchi dell’arte italiana”. E avendone analizzato criticamente l’opera in tempi quindi piuttosto recenti, mi sono stupito che gli fosse sconosciuto il meccanismo della ripetizione, il ritornare sul già fatto, il ripercorrere strade già battute. Freschezza, vivacità, curiosità intellettuale, ma anche bramosia, voyeurismo, malizia sono caratteri che Rotella si porta dietro fin dai primi anni Cinquanta, li sviluppa nei decenni successivi senza mai “abbassare la guardia”, per una poetica che doveva essere, sempre e a ogni costo, testimone del tempo. Non del “suo” tempo, ma “del tempo” tout court.
A riprova di ciò, prendiamo due opere che stanno esattamente agli antipodi di questa bella mostra (forse la prima a Milano dopo la morte, avvenuta nel gennaio 2006), snodata sull’arco temporale di cinquant’anni esatti. Un piccolo décollage del 1955, antecedente la sua adesione al Nouveau Realisme, anzi per meglio dire un retro d’affiche, e un grande manifesto recente la cui datazione è certificata dal fatto che si tratta di un film uscito proprio in quell’anno. Il primo lavoro esprime l’ansia generazionale (in parte mutuata da Burri e Fontana e condivisa con gli altri artisti della sua generazione -Manzoni, Klein, Castellani ecc…-) che il destino della pittura fosse in gran parte compiuto. E che della superficie bidimensionale, dipinta, non si potesse parlare che in termini di “residuo”. Ora, la questione su cui si interrogava Rotella fin da metà anni Cinquanta è ben lungi dall’essersi risolta. Quel piccolo “quadro” (le virgolette sono d’obbligo) continua a stimolare interrogativi pesanti: che la pittura non deve essere necessariamente bella, che può essere ottenuta riabilitando il ruolo dello scarto o attraverso l’uso di materiali anomali, che il retro ha, spesso, più valore del fronte. Più il rovescio del diritto. Un itinerario, questo, che parte appunto dalla seconda metà del Novecento, sfocia nell’Arte Povera (si vedano in particolare alcune opere di Giulio Paolini) e approdano alle generazioni degli attuali quaranta-cinquantenni (le Muffe di Stefano Arienti dimostrano un’incredibile somiglianza con questo primo Rotella).
Saltiamo avanti di mezzo secolo e scegliamo uno qualsiasi dei grandi Manifesti realizzati da Rotella nel suo ultimo periodo. Come tutti sanno, egli considerava il cinema tra le principali fonti di ispirazione. Il linguaggio più adatto, la forma d’arte ideale a suggerirci il motivo dell’eterno presente. E’ vero, un film uscito di programmazione può diventare oggetto di studio e di culto, ma il culmine dell’appeal lo raggiunge comunque al tempo della sua stagione. E’ uno strumento di indagine sociologica, culturale, estetica. Una sola immagine, scelta per diventare di pubblico dominio, deve essere in grado di dirci tutto, come in un’istantanea, del tempo che stiamo vivendo.
Quando Rotella cominciò a “strappare” manifesti, Hollywood e Cinecittà non erano mai state così vicine. La fotografia non era completamente ritenuta una forma d’arte e, proprio per questa ragione, la pubblicità dei film era affidata a illustratori professionisti, talora anche più bravi dei pittori professionisti. Non fu dunque la rappresentazione realistica ma quella traslata a trasformare personaggi in icone. La star e il divo assursero al mito perché altri linguaggi, meno effimeri, se ne interessarono: Marilyn, Elvis, Marlene, Sophia...
Negli ultimi decenni, invece, il cinema ha cambiato radicalmente la propria influenza sul sociale. Si sono acccorciati i tempi di durata (un film di successo di norma non è programmato oltre i due mesi e poi prosegue nella visione domestica dell’home video). Il protagonista difficilmente mantiene il ruolo d’icona e torna a essere pura immagine, ologramma per certi versi. In questo contesto Rotella osserva il cinema con altro sguardo. Curioso, macina titoli, non disdegna i fenomeni da blockbuster, accetta di consumare la sfida in pochi attimi, sapendo che si tratta il più delle volte di figure e vicende non memorabili. Immerso più che mai nell’eterno presente, Rotella compie il cammino inverso rispetto ai mitici anni Sessanta: a quel tempo il cinema donava all’arte un valore aggiunto, oggi l’arte stessa restituisce alla celluloide la possibilità di non finire nel dimenticatoio. Per cui lavori di genere, finanche di semplice cassetta, attraverso il celeberrimo strappo rotelliano, il décollage, aspirano alla permanenza nel “Museo dell’empireo”. E non è poco. Accettare il rischio di sostituire la Monroe con Angelina Jolie o Scarlett Johansson significa rifuggire la nostalgia. E Rotella nostalgico e conservatore non lo è mai stato.

Altro punto cruciale nella poetica di questo straordinario autore è dato dal ruolo del femminile e della sua rappresentazione. Mimmo Rotella ha amato le donne e la loro immagine. Sempre. In un itinerario che dai primi manifesti attraversa gli Art Typo, la Mec Art, per ritornare in tutte le opere più significative degli anni Ottanta, Novanta e Duemila. Nei suoi scritti, in particolare nell’Autorotella, romanzo biografico pubblicato nel 1972, non nasconde la passione travolgente talora sconfinata in pura ossessione. La donna è l’espressione suprema della bellezza, e se l’arte ha come scopo primario occuparsi di bellezza non potrà che esserne la donna il soggetto privilegiato. Però negli anni sono cambiati i canoni estetici, si è abbassata la soglia del pudore, l’oscenità non riguarda più direttamente la rappresentazione del corpo. Se nei Sessanta le dive del cinema incarnavano il simbolo del desiderio sessuale (nell’immaginazione infantile del giovane protagonista di Malena, il film di Giuseppe Tornatore, la stupenda Monica Bellucci (s)vestiva i panni di una o di un’altra attrice), nella contemporaneità tale ruolo passa alle interpreti dell’hard movie. Celebre il ciclo di décollage del 2002 che Rotella ha dedicato a Moana Pozzi, la Marilyn del presente con cui ha condiviso il tragico destino di una morte giovane, Non di meno, le opere più recenti mescolano cartelloni pubblicitarie, pagine di riviste, vecchie locandine di film porno, dove l’analisi del femminile è come sempre acuta, provocatoria e fuori dal coro. La comunicazione quotidiana messa a impietoso confronto con il fascino del proibito, meccanismi che si compenetrano l’uno nell’altro senza il riparo di troppi falsi pudori. Senza mai dimenticare l’assoluta venerazione di Mimmo Rotella nei confronti della donna. Dove l’età non conta nel modo più assoluto. In fondo la gioventù e la vecchiaia non sono che classificazioni di comodo nel copione tragicomico dell’esistenza.

Ufficio stampa: Cristina Pariset tel 02 4812584 fax 02 4812486 e-mail cristina.pariset@libero.it

Inaugurazione: giovedì 8 novembre 2007 - ore 18 -

Galleria JZ Art Trading
via Fiori Chiari 16 - 20121 Milano
Orari: da lunedì pomeriggio a sabato 10-13 / 14-19

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