Galleria Bianca Maria Rizzi
Milano
via Molino delle Armi, 3
02 58314940
WEB
Mihailo Beli Karanovic
dal 14/11/2007 al 10/12/2007
gio-ven15-19.30, Mer 13-19.30, Sab 11-13,15-19.30

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Galleria Bianca Maria Rizzi



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Mihailo Beli Karanovic



 
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14/11/2007

Mihailo Beli Karanovic

Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano

Gia' noto per le sue vedute di Belgrado, l'artista serbo raffigura nel ciclo pittorico la sua citta' d'adozione: Milano. Ne risultano vedute suggestive e forti, nelle quali i monumenti piu' famosi del capoluogo lombardo sono surrealmente costeggiati dal Danubio.


comunicato stampa

Reflections. Personale di pittura

A cura di Stefano Castelli

L’architettura moderna è in gran parte la risoluzione ovvia di piccoli problemi di adattamento a un gusto corrente di arredo e di sistemazioni commerciali.i Mario Sironi, 1935 circa.

L’architettura vive di un’intrinseca tensione tra la dimensione funzionale e quella estetica. La conformazione delle metropoli odierne sembra orientata esclusivamente verso la prima dimensione, quella di un funzionalismo esasperato fatto di segni e non di simboli del vivere. Ne deriva la necessità per il cittadino di riappropriarsi degli spazi in cui vive, di ristabilire un contatto simbolico con essi e, di conseguenza, con gli altri abitanti. Risulta sorprendente e paradossale che a darci un’immagine vera, rivelata, fedele alla tradizione visiva milanese, sia un Serbo nato nel 1980. Mihailo Beli Karanovic legge e restituisce Milano sotto una luce che non può aver conosciuto né per provenienza né per la sua anagrafe. Eppure sulle sue tele del nuovo ciclo Reflections vive la luce di una Milano che ancora interagiva visivamente con i suoi abitanti, una luce che oggi è sommersa da un’espansione architettonica che procede per accumulo, seppellendo le istanze che innovavano a partire dalla tradizione.

Questa capacità di vedere e restituire ciò che gli è preesistito, una sorta di pre-scienza al contrario, gli deriva dallo studio dell’arte antica, che lo ha portato a voler toccare con mano la storia artistica d’Italia, trasferendosi nel nostro paese e entrando in contatto diretto con i monumenti delle città d’arte italiane. La passione con cui si avvicina al suo soggetto e la tecnica, di per sé ottima, ne trovano grande giovamento. In effetti, una delle modalità che assume il distacco del cittadino dallo spazio urbano è proprio l’oblio dei monumenti storici, nascosti dai nuovi agglomerati architettonici e trascurati da chi vi passa accanto.

Il procedimento con cui Karanovic rimette in luce i monumenti di Milano è quello tipico della Pop Art, il riporto. Riprodurre un pezzo di realtà vuol dire farlo vivere una seconda volta nell’occhio di chi guarda, farlo riconsiderare, creare un dibattito intorno ad esso. Sui dipinti in mostra le Colonne di San Lorenzo, i Caselli di Porta Venezia e Piazza XXIV Maggio sono oggetto di un vero e proprio riporto su tela, per quanto nessuna tecnica di riproduzione seriale intervenga. Tali soggetti sono dipinti secondo gli stilemi Pop, centralità, frontalità, parziale piattezza, in partenza anche oggettività.

Solo dopo l’individuazione di questo nucleo interviene il taglio espressionistico-surreale, nella forza delle luci e dei colori che a tratti sopravanzano il disegno e negli accostamenti incongrui. Milano si trova così affacciata sul Danubio e in esso si riflette, in un approccio decostruttivo che arriva per paradosso a dimostrare l’assunto iniziale.La commistione di riferimenti crea comunque un insieme coerente e stilisticamente autonomo, visto che Karanovic fa decantare le correnti pittoriche del XX secolo e quelle antiche, usandone solo l’essenza non applicata, il sentimento che esse infondono. Egli raccoglie come al setaccio le gemme cui i pittori del passato hanno dato concrezione. L’applicazione è invece del tutto autonoma e, va precisato, contemporanea.

In effetti, non si deve pensare a Karanovic come a un “passatista”, o come a un reazionario. Pittoricamente come a livello di contenuto, la sua pratica è progressista. Elevarsi dall’alienazione urbana significa trovare un modo nuovo di vivere gli spazi metropolitani, così come tener presente i riferimenti artistici del passato significa, almeno per Karanovic, dibatterli e riconsiderarli, dapprima nella sua propria considerazione di essi, e poi confrontandosi col pubblico. In questi paesaggi, segno principe di contemporaneità sono le direttrici spaziali che, oltre a dare movimento all’opera, fanno pensare allo scambio telematico di informazioni che oggi avviluppa la città come un’aerodinamica ragnatela.

Si è parlato della luce di Milano, quel misto di giallo, verde e ocra che rifulge dai palazzi nel tardo pomeriggio, quando la luce naturale cala e i riflettori da palcoscenico dell’illuminazione artificiale ancora non sono accesi. Quell’attimo di luce “sincera”, prima che inizi la recita serale dei locali e dei multisala. Sono esattamente queste le tonalità che l’artista riproduce, riportando contemporaneamente in vita la tessitura Sironiana. Varrebbe la pena osservare i quadri di Karanovic durante le varie fasi della loro realizzazione: è proprio sotto la superficie che cova la terrosità di Sironi, prima che le venga sovrapposta, senza peraltro annullarla, la patina di attualità che vira al giallo proprio della luce artificiale, elettronica. Atto coraggioso, quello di coprire una poetica che sarebbe un risultato in sé. Eppure, sulle tele di Reflections ogni nuovo strato svela quello sottostante, rivalutandolo alla luce dell’interazione di istanze contrastanti. Il color avorio che denota il monumento è segno di distinzione che irradia di sé tutta la tela e raggiunge l’occhio dello spettatore. Pietra preziosa dilapidata in un tourbillon visivo che viene rivalorizzata tramite l’uniformità finale.

Uniformità che deriva dal più evidente progresso di Karanovic in questa nuova serie di lavori: la capacità di sintesi, decisamente accentuatasi rispetto alle precedenti vedute belgradesi. Una sintesi raggiunta paradossalmente proprio quando l’artista smette di dipingere ciò che è suo dalla nascita, e si appropria artisticamente di Milano come già ha fatto da cittadino. Sono i sorprendenti sincretismi dell’arte, e degli individui contemporanei, costretti a confrontarsi con la dittatura della mescolanza di riferimenti, e che sanno far intuire con i loro incongrui riassunti una nuova via, ecumenica ma massimamente determinata.

Inaugurazione giovedì 15 novembre, h.18-22

Galleria Bianca Maria Rizzi
Via Molino delle Armi, 3 Milano
Ingresso libero

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