Babele. Esposte opere su carta e tela, caratterizzate da un uso del disegno a grafite prevalentemente in bianco e nero, e lavori pittorici ad olio o acrilico, sempre monocromi, che riproducono su diversa scala e altro registro la matrice originale che e' sempre un disegno o il Disegno. A cura di Sergio Risaliti.
a cura di Sergio Risaliti
Dopo alcuni anni dalla sua ultima apparizione, Luca Matti (Firenze, 1964) espone nuovamente a Firenze le sue opere su carta e tela, ancora caratterizzate da un uso del disegno a grafite prevalentemente in bianco e nero, e lavori pittorici ad olio o acrilico, sempre monocromi, che riproducono su diversa scala e altro registro la matrice originale che è sempre un disegno o il Disegno.
In occasione della mostra saranno presentati, inoltre, un video di recente produzione e alcune sculture inedite: strutture modulari ataviche, o, al contrario, pseudo-rinascimentali, realizzate usando tubi di plastica e camere d'aria, in un' immagine disegnata che è sempre rigorosamente di colore nero. Le opere pittoriche, i disegni, le nuove narrazioni tecnologiche, le installazioni costruttiviste, saranno allestite nei diversi spazi della galleria a costruire un percorso concettuale di estremo rigore e ricercata espressività, in cui teatralità e iconicità collaborano a rinforzare la velocità comunicativa del segno e dei mezzi mediali. Il tutto a palesare fascinazione, emozione, vertigine e critica nei confronti della città diffusa (l'urbanizzazione planetaria) e della fine della storia dell'architettura (l'architetto moderno come deus ex machina). Fascinazione mista a stupore e terrore, qui restituita anche dalla serie di ritratti di celebri architetti che come cammei di un'enciclopedia visiva scorreranno con un tono magniloquente e spettrale lungo le pareti dello spazio espositivo.
Questo gruppo di ritratti selezionato appositamente per il progetto Babele, in realtà fa parte di un lavoro 'in progress' di più ampio respiro. Da tempo, Luca Matti sta ridisegnando a freddo i volti, noti e meno noti, dei maggiori architetti e costruttori di città del Novecento e del Duemila. Luca Matti ritrae a freddo, dicevamo, perché si basa su fotografie tratte da riviste, enciclopedia o dalla rete. Questa freddezza è però perturbata (a caldo) dal suo solito tratto di grafite e dall'uso del monocromo che simulando la fotografia il realtà incide con tratto personale quei volti su carte pregiate. Matti restituisce vitalità all'effige con segni e ombreggiature che dichiarano il suo amore per certa ritrattistica moderna (espressionistica) come per certa fotografia antropologica o per la grande maniera di Ingres e Holbein.
Sono tutte effigi in bianco e nero (un monocromo che tende a tonalità brune, cenere, quasi seppiate) che ricordano busti antichi, medaglioni di uomini illustri come quelli sfoggiati nei palazzi principeschi di un tempo, bassorilievi di volti cinerei, oppure le serie di fotografie pseudo scientifiche scattate nella prima metà del Novecento da August Sander a Berlino. Quelle foto-ritratto apparse in un catalogo intitolato Antlitz der Zeit (Il volto del nostro tempo) e che l'autore definiva "immagini archetipe". Foto-ritratto in cui assieme al distacco traspare quel sentimento nichilista ben definito da Susan Sontag nel suo celebre saggio Sulla Fotografia come proprio della crisi del ritratto classico, in cui al volto corrispondeva un'anima e una storia personale.
Nella parete di fondo campeggia, qual vero e proprio statement e dazebao, una tela monumentale. Si tratta di un monocromo di circa venti metri, che genera anche il titolo della mostra: Babele. Una sorta di BIG BANG urbanistico e architettonico, ad un tempo incubo e riproduzione aerea di quello stato di cose evolute fino al parossismo e all'occlusione del vuoto, manifestazione immanente di quella cultura della congestione che Rem Koolhaas ha potentemente e cinicamente analizzato in Delirious New York. Il cantiere globale re-immaginato da Luca Matti, scaturisce da un punto originale e si estende a carciofo verso ogni periferia dell'universo, né più né meno del processo di creazione divina, di cui ricorda la vittoria della luce sulle tenebre, o di un processo evolutivo fisico-astronomico, il passaggio dal nulla del Caos gassoso al Big Bang dell'energia  fino all'espansione della materia e della luce in ogni dove.
Ecco che poi, in questa delirante urbanizzazione del pianeta, si scopre la Babele di moltitudini, la grande mobilitazione infinita delle nuove società tribali, le tante politiche della soggettività ribelle che nel formicaio si oppongono all'IMPERO e alla fine della STORIA. Qui, deliranti e speranzose, le moltitudini si muovono sempre più fluide e compatte nei vicoli-interstizi di questo COSMO-URBANO dove cresce e si moltiplica all'infinito la BABELE di voci e di lingue, di storie e di narrazioni. È l'individuo allora che cerca di camminare sul mondo omologante dell'urbanizzazione imperialistica: è la sua iniziazione, la sua prova estrema che riconosciamo nel video proposto dall'artista, con una sceneggiatura drammatica che ricorda sia Kafka sia Borges, e con un segno, direbbe Rosalind Krauss, anacronistico, graficamente vicino alla espressività rapida e graffiante dei fumetti. Per salvarsi dal vuoto o dal tutto pieno, e redimersi dall'oblio indifferenziato della città diffusa e dell'universo dei consumi, l'uomo post-moderno deve saper saltare su blocchi di architettura e spazi vuoti, fuggendo la condizione d'angoscia a cui lo condannerebbe il delirio onnipotente dell'architettura nell'epoca dell'IMPERO.
Luca Matti nasce nel 1964 a Firenze, dove vive e lavora. Si occupa per lungo tempo di fumetto, illustrazione e grafica, collaborando con riviste e case editrici. Dal 1988 si dedica alla pittura e alla creazione di opere scultoree in camera d'aria sviluppando un personalissimo stile che lo colloca tra i giovani artisti di spicco della scena italiana. Dal 1994 il suo lavoro si concentra su tematiche legate al rapporto dell'uomo con la città, utilizzando esclusivamente due colori: il bianco e il nero. Con gli anni ha composto un'iconografia di oggetti e interni domestici, di panorami urbani e di figure a metà tra l'uomo e l'insetto. Nel suo lavoro non ci sono confini tra disegno, incisione, pittura, video animazione e scultura in camera d'aria. I vari linguaggi si condizionano e si contaminano tra loro, dando vita a un universo fatto di storie, suggestioni, sogni; una fiction in bianco e nero.
Inaugurazionesabato 17 novembre 2007 ore 18
Frittelli Arte Contemporanea
via Val di Marina, 15 - Firenze
orario: dal martedì al sabato 10:00-13:00 15:30 - 19:30
ingresso libero