Un americano in Italia. 11 acqueforti di vedute veneziane esposte insieme a quelle di altri 24 artisti anglosassoni operanti in Italia tra la fine dell'Ottocento e la prima meta' del Novecento.
Quando il 19 settembre 1879 James McNeill Whistler arrivò a Venezia da Londra non pensava certo di rimanerci per più di un anno. La Fine Arts Society gli aveva commissionato dodici acqueforti della città lagunare che sarebbero dovute andare ad abbellire, in concomitanza con le festività natalizie, le dimore di qualche aristocratico inglese nostalgico dei luoghi visitati durante il Grand Tour. Per Whistler non si trattava che di un lavoro di routine, che aveva accettato più che altro per risanare le sue dissestate finanze e che sperava di portare a termine nel giro di un paio di mesi. Il più europeo dei pittori americani del XIX secolo non aveva però fatto i conti con il fascino incantatore di Venezia, di cui si innamorò a prima vista e che lo tenne ««prigioniero» fino al novembre del 1880. Così quel viaggio su commissione si trasformò, per fortuna degli amanti dell’arte, in qualcosa di ben diverso, perché Venezia lo ripagò facendogli da musa ispiratrice per una serie di opere che sono fra le più importanti della sua carriera e regalandogli l’opportunità di scoprire appieno una passione fino ad allora latente per il disegno («Improvvisamente a Venezia, come se fosse una rivelazione, il segreto del disegno si impadronì di lui» scrive il suo amico e discepolo Mortimer Menpes).
La mostra Un americano in Italia: James McNeill Whistler e la sua eredità, allestita alla Syracuse University Art Gallery di Firenze dal 23 novembre 2007 al 12 gennaio 2008, presenta proprio undici acqueforti eseguite dal maestro americano in quel periodo, insieme ad altre ventiquattro di artisti anglosassoni operanti in Italia tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento (alcuni dei quali godono ancora di una certa fama, come il già citato Mortimer Menpes o Joseph Pennell, mentre altri, come Minna Bolingbroke, sono stati quasi del tutto dimenticati, tanto che non è stato possibile neppure ricostruirne le biografie). Il visitatore potrà così rendersi conto delle innovazioni di contenuto e tecnica apportate da Whistler nel settore della stampa d’arte, verificando al contempo la forte influenza che esercitò su molti di coloro che decisero dopo di lui di cimentarsi con l’acquaforte.
Le vedute veneziane di Whistler si distinguono dalle precedenti per il particolare approccio dell’artista alla città e alla sua dimensione. Venezia vi appare sempre straordinariamente bella ma diversa, diversissima sia da quella nitida e composta immortalata dal Canaletto sia da quella evanescente ed irreale di Francesco Guardi. Niente Basilica di San Marco né Palazzo Ducale, niente Ponte di Rialto né Ca’ d’Oro. Whistler rifugge il convenzionale, vuole mostrare la «Venezia dei veneziani», la città segreta degli androni dei palazzi, delle corti private, dei giardini che si affacciano sull’acqua. Quando poi decide di ampliare la visuale ritraendo il Canal Grande, lo fa da una prospettiva insolita, che nega centralità ai monumenti più famosi relegandoli ai margini del disegno. Ma non si accontenta di variare i soggetti, vuole anche rivoluzionare la tecnica dell’acquaforte. Gira infatti per Venezia portandosi sempre dietro alcuni fogli di rame su cui incidere l’immagine direttamente in loco ogni volta che l’ispirazione lo coglie, senza nessun disegno preparatorio (per questo le sue acqueforti risultano stampate alla rovescia).
L’architettura ed i canali di Venezia rappresentarono per Whistler un’importante sfida ai criteri compositivi dell’immagine. La ricerca dei dettagli risulta quasi maniacale nel riprodurre i modelli geometrici e gli elementi decorativi caratteristici dell’architettura veneziana, mentre i canali posti in primo piano creano l’impressione di far galleggiare gli edifici verso la parte superiore del disegno, come nelle stampe giapponesi che aveva studiato a fondo durante gli anni parigini. L’influenza giapponese si ritrova anche nella scelta dei formati delle incisioni di questo periodo, verticalmente o orizzontalmente allungate come se i disegni dovessero per forza essere arrotolati.
E fu proprio durante il soggiorno veneziano che Whistler rivelò a Mortimer Menpes il metodo che seguiva per disegnare («Comincio prima di tutto focalizzando il punto di interesse, proseguendo poi a disegnarlo in maniera dettagliata, e poi da lì mi espando. Se per caso non mi interessa la veduta nel suo insieme non mi ci soffermo più di tanto. In questo modo la pittura risulta perfetta dall’inizio alla fine»).
Appare così un motivo centrale reso con dovizia di particolari, inserito in un contesto riprodotto su lastra in maniera essenziale. Questo lascia larghi spazi aperti di acqua e di cielo che Whistler rende con raffinata tecnica di stampa, sfocando ad arte alcune zone della lastra per ottenere effetti atmosferici sulla superficie inchiostrata. Sperimenta anche i differenti effetti che l’uso di carte antiche e moderne determinano sul risultato finale.
Le innovazioni apportate da Whistler tra il 1879 e il 1880, oltre ad inserirlo con pieno diritto tra i maestri dell’acquaforte, ebbero un’influenza enorme sugli artisti della sua generazione e della successiva. Non a caso Mortimer Menpes scrive: «Noi allievi di Whistler vedevamo le cose dal suo punto di vista. Se incidevamo una lastra la dovevamo incidere quasi esattamente con tratti whistleriani. Se Whistler trattava con segno leggero le sue lastre, le nostre erano così chiare che si potevano vedere a malapena. Se Whistler semplificava al massimo i suoi tratti usando il minor numero possibile di strumenti, noi ci preoccupavamo di toccare appena le lastre per paura di renderle troppo elaborate».
La mostra - curata da Dominic J. Iacono (Direttore della SU Gallery di Syracuse, New York) con la collaborazione di Andrew Saluti, Devorah Block e Daniele Angellotto – gode del patrocinio del Consolato americano a Firenze, della Regione Toscana e del Comune di Firenze.
Surf Art Gallery
via dei Della Robbia, 99 - Firenze
Orario: giovedì, venerdì e sabato dalle 17 alle 20
Ingresso libero